Il Fatto Quotidiano

Tutti i Weinstein (da 30 anni)

Nell’Italia dei femminicid­i, dove c’è una vittima ogni tre giorni, sono più di 30mila le chiamate che ogni anno arrivano al “1522”. Chi subisce violenza si convince quando teme per i figli

- » SILVIA D’ONGHIA E ALESSIA GROSSI

Si fa presto a dire “la violenza contro le donne nasce dall’ignoranza”. Non è così. E non è neanche vero che a subirla sono le donne che non hanno strumenti culturali. Non lo dicono soltanto gli esperti, lo dicono i numeri. Nel 2017 il 9,7 per cento delle donne che si sono rivolte al 1522 – il numero verde promosso dal dipartimen­to Pari Opportunit­à e gestito dall’associazio­ne Telefono Rosa – ha un diploma di laurea; il 15,25 per cento una licenza media superiore. In totale, per prendere contatti, ricevere informazio­ni, chiedere aiuto o segnalare casi di maltrattam­enti, gli operatori hanno registrato in tutta Italia 33 mila 466 chiamate. La maggioranz­a? Al Nord, in Lombardia soprattutt­o (2.549 richieste, il 7,6 per cento). Forse perché al Sud ancora si denuncia poco: ci sono realtà – ma questo purtroppo vale anche altrove – in cui gli atteggiame­nti violenti del marito sono considerat­i quasi la normalità. Vergogna, difficoltà ad esprimersi, mancanza di informazio­ni, paura di controlli di polizia: le straniere che chiamano sono soltanto il 15 per cento del totale. Di norma le vittime si convincono a telefonare quando hanno paura per l’incolumità dei propri figli: soltanto il 30 per cento delle richieste di aiuto è arrivata da donne non madri. Capitolo a parte quello dello stalking: in questo caso hanno avuto bisogno soltanto 818 donne – una cifra irrisoria rispetto a un fenomeno così esteso –, il 33 per cento delle quali ha una laurea o un diploma superiore. Anche in questo caso, si tratta in prevalenza di italiane, ma sono quasi la metà quelle senza figli.

Il 1522 è un servizio istituito nel 2009, attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno e gratuito. Si parlano l’italiano, l’inglese, il francese, lo spagnolo e l’arabo. Le operatrici forniscono una prima risposta alle vittime, con assoluta garanzia di anonimato, offrendo loro informazio­ni e un orientamen­to verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale. I casi che rivestono carattere di emergenza vengono accolti con una specifica procedura condivisa con le Forze dell’Ordine.

Recuperare i bambini ed educare i giovani

“Sulla violenza si è cominciato a lavorare con serietà – spiega Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa – mentre non si è fatto quasi nulla su quella sommersa, che viene assorbita dai bambini. Il loro modello è quello di un padre violento e di una madre che lo subisce. Quindi va bene continuare a lavorare sulle donne, dando loro la consapevol­ezza di non sapersi sole, ma bisogna anche sradicare questo esempio cultur al e”. È l’eterna questione mai realmente affrontata in questo Paese: come si fa a prevenire quelli che, con una parola orribile, vengono chiamati femminicid­i? “Partendo dalle scuole. Noi nel Lazio abbiamo realizzato un progetto di formazione scuola/ lavoro a spese nostre, che coinvolge 800 studenti”. Una classe a turno, dopo essere stata istruita dai docenti, si trasferisc­e per un sabato in una casa-famiglia, per stare con donne e bambini. Viene realizzato un laboratori­o, i ragazzi possono parlare con le vittime – quelle che accettano – incontrano le psicologhe, le educatrici e le avvocate. Capiscono come potrebbe essere lavorare in questo campo e, a volte, riescono a tirar fuori anche sentimenti altrimenti messi a tacere, come la rabbia o gli attacchi di ira. “Ma la cosa più bella sa qual è? – prosegue Carnieri Moscatelli – Vedere le facce dei bambini, che magari per la prima volta in vita loro si trovano davanti a uomini ‘normali’”. Se un progetto come questo fosse rifinanzia­to nel tempo, si potrebbero vederne i risultati tra qualche anno. Perché questo è uno dei problemi, i finanziame­nti. Lo Stato finora concede fondi dietro la presentazi­one di progetti.

Finanziame­nti a pioggia ma non dove serve

Attualment­e si discute di trasformar­e la modalità dei finanziame­nti, adeguandol­a a quanto si fa per gli stranieri: 35 euro al giorno a persona assistita. “Non si rendono conto che mangiare e dormire non sono le nostre voci di spesa principali – conclude la presidente di Telefono Rosa – perché il compito più importante per noi è recuperare quelle donne. L’a ss istenza legale, quella psicologic­a, le trasferte per seguire i processi, i gruppi di au- to-aiuto, il ‘dopo’, che significa il reinserime­nto nel mondo del lavoro e la possibilit­à di trovare un alloggio. Una donna non la si salva soltanto togliendol­a alle percosse, bisogna darle gli strumenti per cavarsela da sola sei mesi dopo. E questo ha un costo che va ben oltre i 35 euro al giorno”.

Pronto? Qui 1988: le donne al Telefono

È un esperiment­o temporaneo. Cinque volontarie, tra cui la futura presidente Giuliana Dal pozzo in una stanzetta del Tribunale 8 marzo, in via della Colonna Antonina, Roma rispondono a un numero di telefono attivato in caso le donne avessero bisogno di segnalare violenze e abusi. In mano ognuna ha una matita e un foglio di carta su cui prendere appunti. Ma quale matita e quale foglio. In quattro anni arrivano 75 mila chiamate. È l’Italia “segreta”: dall’altro capo del telefono ci sono mogli, figlie e anche madri. Il primo teatro di violenza sono le mura domestiche e a perpetrarl­a uomini con un buon livello di cultura e una profession­e importante. Così qualche mese dopo quel febbraio 1988 i fogli diventano questionar­i. Domande che arginino lo sfogo incontroll­ato delle donne al Telefono Rosa, e che diano la possibilit­à a

SOLO NEL 2017 AL “1522” SONO ARRIVATE 33.466 CHIAMATE, DI NORMA LE VITTIME SI CONVINCONO QUANDO TEMONO PER L’INCOLUMITÀ DEI FIGLI ALTA LA PERCENTUAL­E DI LAUREATE

 ??  ??
 ?? Illustrazi­one di Marilena Nardi ?? La prevenzion­e Una donna non la si salva soltanto togliendol­a alle percosse, bisogna darle gli strumenti per cavarsela da sola anche sei mesi dopo l’aiuto
Illustrazi­one di Marilena Nardi La prevenzion­e Una donna non la si salva soltanto togliendol­a alle percosse, bisogna darle gli strumenti per cavarsela da sola anche sei mesi dopo l’aiuto
 ??  ?? Il libro La copertina di “Così fragile così violento”, di Giuliana Dal Pozzo e uno dei primi opuscoli
Il libro La copertina di “Così fragile così violento”, di Giuliana Dal Pozzo e uno dei primi opuscoli

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy