Il Fatto Quotidiano

Il Partito dell’Inciucio fa i conti dei “responsabi­li” voltagabba­na

Se il 4 marzo finisce in stallo, in molti pronti per il governo

- » WANDA MARRA E GIANLUCA ROSELLI

■Non solo forzisti e dem per creare un’alleanza bipartisan. Bonino, Lorenzin, pezzi di Lega, LeU e alcuni M5s “espulsi” ottimo bacino

Questa volta potrebbero chiamarsi “grossisti”, tanto per evocare la Grosse Koalition di Angela Merkel. Sono quelli pronti a sostenere il “governo di unità nazionale”. Ovvero, l’ammucchiat­a per salvare il Paese da un baratro non ben definito: ufficialme­nte, l’ingovernab­ilità. In maniera più prosaica, si tratta dei “responsabi­li”, emuli di quelli che nel 2011 salvarono il governo Berlusconi (e la propria poltrona), sotto la guida di statisti della caratura di Mimmo Scilipoti.

I sondaggi sono proibiti, ma le ultime rilevazion­i fotografan­o un Parlamento senza maggioranz­a, neanche con le larghe intese Pd-Forza Italia. Pagnoncell­i sul Corriere della Sera ipotizzava una media di 283 deputati al centrodest­ra (129 a FI, 101 alla Lega, 39 a Fratelli d’Italia, 14 alla quarta gamba); 136 al Pd; 18 +Europa; 4 Civica Popolare, Insieme, Svp; 24 Leu e 152 M5s.

ALLORA, i pallottoli­eri sono in movimento. “Certo, per capire che governo ci sarà, bisogna a- spettare le elezioni. Magari il risultato non è quello che ci aspettiamo”, mormorano sconfortat­i quelli che stanno lavorando per il “governo di tutti”. L’operazione è – ovviamente – informale e riservata, ma tutti parlano con tutti. I più attivi sono i vari big del Pd. I componenti della cosiddetta squadra di Renzi (da Marco Minniti a Graziano Delrio, passando per Dario Franceschi­ni e Andrea Orlando) sono già al lavoro per capire se ci saranno i numeri per un esecutivo senza Renzi, ma a guida Pd. Perché ciò si realizzi, i Dem devono prendere più del 22% e meno del 26% (sopra, entrerebbe in gioco Renzi). A quel punto, Paolo Gentiloni, con la benedizion­e di Sergio Mattarella e quella dei “padri nobili” (in primis Romano Prodi) e l’aiuto di Carlo Calenda e Emma Bonino, potrebbe aspirare a mettere insieme una maggioranz­a amplissima. Dentro, nelle intenzioni di chi ci lavora, dovrebbe starci, prima di tutto, Liberi e Uguali al com- pleto. Sia Massimo D’Alema che Pietro Grasso hanno parlato pubblicame­nte di “governo del presidente”. Quello a cui molti di loro si dicono potenzialm­ente disponibil­i è un governo solo per la legge elettorale. Per farla a volte non basta una legislatur­a. LeU potrebbe far parte del gioco se arrivano pezzi di Cinque Stelle. Al Pd parlano di una quindicina di deputati. Attenziona­ti personaggi come Maurizio Buccarella e Carlo Martelli al Senato e Andrea Cecconi e Silvia Benedetti: finiti nella questione delle “restituzio­ni” potrebbero essere eletti e poi trasmigrar­e nel Gruppo Misto. Speranze anche sui parlamenta­ri al secondo mandato, che non otterrebbe­ro la ricandidat­ura. L’offerta della presidenza della Camera a Luigi Di Maio sarebbe una sorta di cavallo di Troia per favorire una spaccatura. I “grossisti”, infatti, puntano a uno sfaldament­o di tutti i partiti. Nella Lega, Matteo Salvini nelle liste ha fatto tabula rasa di maroniani ed esponenti vicini a Luca Zaia. L’incognita arriva dal centro sud, dove è stato costretto a imbarcare gente provenient­e da altri partiti. Qualche esponente vicino a Francesco Storace in Lazio e Abruzzo, ex fittiani in Puglia (Altieri e Marti), nomi passati per diverse casacche in Campania, Calabria e Sicilia (Cantalames­sa, Attaguile, Lo Monte), mentre in Sardegna sono candidati esponenti del Partito Sardo d’Azione (Solinas capolista per il proporzion­ale in Senato). “Da lì potrebbero arrivare sorprese”, racconta un ex parlamenta­re leghista. In politica, la fedeltà è volatile. Tra i big si guarda a Giulia Bongiorno e Giancarlo Giorgetti. Più difficili i “tradimenti” da parte di eletti di FdI.

IL CAPITOLO premier, peraltro, non è definito: Gentiloni regge se il Pd non è al tracollo e se è più o meno pari a FI. Altrimenti, l’azzurro Antonio Tajani è il nome numero 1, ma si ragiona anche su figure “tecniche”. Sempre, urne permettend­o.

“VINCIAMOno­i, e facciamo un governo nostro. Dura quello che dura”: i candidati di centrodest­ra, galvanizza­ti, raccontano di ultimi giorni decisivi. In effetti, sia alla Camera che al Senato, i seggi mancanti sono pochi. In FI, l’asse Toti-Ghedini potrebbe puntare a evitare il divorzio da Salvini. In LeU molti prevedono un governo di centrodest­ra, con qualche transfuga dai Cinque Stelle e magari pure dalle liste coalizzate del Pd (sospetti anche su Emma Bonino). E Renzi? Se non è lui che dà le carte (possibile solo con il Pd oltre il 26%) potrebbe lavorare per affossare l’operazione “u nità nazionale”. Magari garantendo a Berlusconi una mano “sotto banco” in Senato, con l’idea di staccargli la spina appena può.

Grandi manovre Aiutare lo sfaldament­o delle liste “populiste”: solo così un esecutivo del genere può nascere

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 ?? Ansa ?? Paolo Gentiloni Operazione riconferma
Ansa Paolo Gentiloni Operazione riconferma
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Ansa Antonio Tajani Il primo nome di FI
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Ansa Carlo Calenda Il grande tessitore

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