Il Fatto Quotidiano

CARPE DIEM Fresu e Devil Quartet colgono l’Italian style

Un album acustico con al centro il gusto nostrano per la melodia senza le parole

- » PAOLO ODELLO

Paolo Fresu, Bebo Ferra, Paolino Dalla Porta e Stefano Bagnoli – il “Devil Quartet” – sorprendon­o ancora proponendo il gruppo sostanzial­mente più “elettrico” del jazz italiano in versione completame­nte acustica.

RIBALTANDO CANONI e punto di vista con Carpe Diem, la “buona invenzione dell’Italian Style”– come li definì Vittorio Franchini anni fa – trova nelle composizio­ni dell’universo sonoro popolare nuovi spazi da esplorare. Al centro del nuovo album c’è, infatti, il gusto tutto italiano per la melodia, per sonorità capaci di trasformar­si velocement­e in canzone senza doversi per questo affidare alle parole. Del vivere e fare jazz resta la li- bertà di guardarsi attorno con mente aperta. E, soprattutt­o, di attingere senza limitazion­i alle esperienze individual­i per riscoprire, insieme, il piacere di fare musica. “Abbiamo voluto lasciare quale aiuto alla comprensio­ne – scrivono i “Devil” presentand­osi – una parte dell’azzeccato titolo di Franchini ma sappiamo che non è bene “dormire sugli allori”, quindi dopo un’alba “elettrica” e aver attraversa­to i territori della musica del nostro tempo, eccoci pronti a dare un nuovo senso alla musica melangè, per dirla con Fresu”. Nasce così Carpe Diem, frammenti di un racconto (14 composizio­ni) che spaziando a tutto campo nell’immaginari­o musicale collettivo regala nuovi colori a emozioni senza tempo. In apertura Medley ( Home, Carpe Diem), poi In Minore, Enero, Dum Loquimur Fugerit Invida Aetas e Lines che aprono la strada a “canzoni” capaci raccontars­i senza bisogno di parole: Secret Love, Ballata per Rimbaud, Ottobre, Un Tema per RomaeHuman Requiem. Con Quam Minimum Credula Postero l’incontro diventa festa.

GIOCOSITÀ in vista dell’omaggio a chi è ha creato capolavori della musica leggera italiana, da Mina a Celentano, senza negarsi l’incontro con Chet Baker, Giulio Libano. A chiudere un’ironica rilettura di Un posto al sole, sigla dell’omonima soap, e le radici jazz trionfano fedeli alle parole di Orazio, “Chi passa i mari muta il cielo, non l’anima”. E già si guarda al futuro.

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