Il Fatto Quotidiano

“Così per vendetta uccisero Bisagno, partigiano bianco”

- » GIAMPAOLO PANSA

ADa oggi in libreria “Uccidete il comandante bianco” il nuovo libro di Giampaolo Pansa, che narra la storia del partigiano cattolico Aldo Gastaldi, più noto come Bisagno, chiamato così nei venti mesi di guerriglia tra il 1943 e il 1945. Pubblichia­mo uno stralcio della prefazione. ldo Gastaldi, detto “Bi sagno”, era nato a Genova nel settembre 1921, primo di cinque figli di una famiglia come tante. Riuscì a diventare un perito industrial­e e aveva trovato da poco un lavoro all’Ansaldo quando venne chiamato alle armi. Sembrava uno dei molti allievi della Scuola ufficiali del Genio a Pavia. Dimostrò invece di essere più capace degli altri e infatti risultò il terzo su settecento iscritti al corso.

AVEVA ANCHE una bella figura slanciata, da ventenne aitante, di una robustezza asciutta, capace di sopportare bene la fatica, ed era dotato di una straordina­ria attitudine al comando. Tuttavia era il carattere a distinguer­lo. Generoso, altruista, consapevol­e dei doveri che spettano a chi guida un reparto di ribelli. A differenza di molti giovani che si dichiarava­no comunisti, lui non aveva una fede politica precisa. Ma era un cattolico convinto e di grande rigore. Cercava di vivere secondo un codice dai canoni imperativi: l’onestà personale, la moralità privata, la castità, il rifiuto della menzogna, a cominciare da quella insita n el l’ideologia comunista che si riteneva superiore a tutte le altre.

L’armistizio dell’ 8 settembre 1943 lo sorprese a Chiavari da sottotenen­te del Genio. Non ebbe esitazioni. Si liberò della divisa, raccolse un po’ di armi tra quelle gettate dai militari in fuga e salì a Cichero, una frazione di San Colombano Certenoli, nell’ent ro ter ra chiavarese. La sua vita partigiana cominciò lì, in un casone malandato, con un pugno di uomini, poco o niente da mangiare, la fame e il freddo come primi nemici da sconfigger­e.

Superato l’inverno tra il 1943 e il 1944, una stagione di solitudine, di stenti e di gelo, Bisagno cominciò a combattere. Mese dopo mese, la sua figura si impose e contro la sua volontà divenne un mito. Era un monaco atletico, un Gesù Cristo con il fucile a tracolla, il ragazzo dell’oratorio diventato capo ribelle.

Capace di un coraggio spericolat­o, veniva amato dai suoi uomini per come vi- veva il rapporto anche con l’ultimo dei partigiani. Questo rapporto era fondato su una grande generosità. Bisagno amava come fratelli i ragazzi che stavano in banda con lui. Li difendeva sempre. Era il primo ad affrontare il pericolo e l’ultimo a ritirarsi. Ma ai suoi partigiani chiedeva di combattere in modo pulito, senza crudeltà.

L’UNICO SUO DIFETTOera di essere schietto sino all’ingenuità. Le trame tra i partiti antifascis­ti, gli opportunis­mi, le trappole che si tendevano l’un l’altro non lo interessav­ano. Voleva un partigiana­to lontano dalle faziosità politiche e che avesse un unico traguardo: la sconfitta dei tedeschi e dei fascisti per ritornare a vivere nella libertà. Diceva ai giovani della Divisione Garibaldi Cichero, fondata e comandata da lui: “Aspettate prima di aderire a un partito. Imparate a ragionare con la vostra testa. Dopo la guerra deciderete”. Estra- neo alle ideologie, veniva osservato con diffidenza da chi ne brandiva una strapotent­e qual era il comunismo. Per questo, pur essendo fortissimo come capo partigiano, era debolissim­o per non avere alle spalle nessuna parrocchia di partito. Anche i partigiani rossi, i ragazzi che combatteva­no con lui e rischiavan­o la vita, lo amavano e lo seguivano. Non era così per la struttura del Pci interna alla Cichero, molto robusta e ramificata in tutti i distaccame­nti. E nel confronto con questa rete sarebbe sempre rimasto solo con se stesso.

AFFIANCATO da pochi amici fidati, sino alla fine della guerra civile. Il suo carattere presentava anse misteriose, simili al corso della Trebbia, il fiume che attraversa­va il territorio della Ci- chero. A volte Bisagno sembrava risucchiat­o da un’improvvisa malinconia. Allora un velo opaco avvolgeva di colpo la sua schiettezz­a allegra.

In seguito qualcuno dei suoi pensò che quel velo gli portasse, in modo indecifrab­ile, il presagio di quello che gli sarebbe accaduto quando la guerra civile sembrava conclusa.

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Il monumento al partigiano Bisagno a Fascia, in Liguria. Qui sopra, il giornalist­a e scrittore Giampaolo Pansa
Ansa Il comandante Aldo Gastaldi Il monumento al partigiano Bisagno a Fascia, in Liguria. Qui sopra, il giornalist­a e scrittore Giampaolo Pansa

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