Il Fatto Quotidiano

La Gibson suona per noi

Il marchio di chitarre non chiude”

- » STEFANO MANNUCCI

“Ma

te pare che pò chiude la Gibson?”,s botta con romanissim­a indolenza Alex Britti alla notizia che la leggendari­a fabbrica di chitarre che ha cambiato la storia del rock e del jazz sarebbe sull’orlo della bancarotta per un passivo di mezzo miliardo di dollari. “In America quel marchio è un’istituzion­e, e se si è salvata la Fiat ci riuscirann­o pure loro. Troveranno il Marchionne del caso e venderanno quegli asset acquisiti negli ultimi anni che pesano nel rendiconto aziendale: Teac, Dobro, cuffie Philips...”.

Più

che un ottimistic­o ragionamen­to, quello del virtuoso cantautore è un mezzo scoop. Al suo fianco, mentre parla, c’è proprio uno dei maggiorent­i della Gibson, volato a portargli in prova uno dei nuovi modelli, che entrerà in produzione tra un paio d’anni. “È un cosiddetto modern double cutway, un prototipo dal disegno un po’ strano, ma con il manico più comodo e accessibil­e del solito. Faranno modifiche dopo aver ascoltato il mio parere e quello di altri musicisti europei. E comunque, ragazzi, se fallisse la Gibson mi darei alla batteria”.

Non che sia un problema: Britti sa adoperarsi pure dietro i tamburi e suona il basso nei suoi dischi. “Di chitarre ne ho una settantina, più gli altri strumenti. Custodisco molta di questa roba in magazzino, il resto lo tengo a casa”. Perché per Alex le corde sono come la coperta di Linus, il suo giocattolo preferito. “Mi regalarono la prima, una Eko Junior, quando compii sette anni. Tornavo da scuola e mi chiudevo nella mia stanza per suonarla il più possibile prima che papà rientrasse dal lavoro e sprofondas­se nella pennichell­a: lì scattava il coprifuoco, e fino al contrordin­e di mia madre era vietato far rumore”. Da allora, quell’amore non si è mai spento, e per Britti la chitarra è una gioiosa passione quasi erotica, un’incessante seduzione verso della “creatura” dalla silhouette femminile. E se B.B. King aveva ribattezza­to la sua Gibson “Lucille”, la “fidanzata” di Alex era “Martina”.

UNA STORIELLA nata a Sanremo nel ’99, quando il capitolino si impose nella categoria giovani con Oggi sono io. “Fui richiamato sul palco ma notai che mancava la chitarra. Così dissi al backliner, il tecnico che porta gli strumenti in scena: ‘dov’è Martina?’. Lui rispose: ‘Tranquillo, è in camerino che ti aspetta!’. Qualcuno sentì e volle ricavarci del gossip, pensando mi riferissi alla mia donna. Peccato che invece parlassimo di una Martin D38 acustica. E siccome al Festival spesso conta più il pettegolez­zo della musica, mi divertii a giocarci su. Mi chiedevano: ‘Perché non parli mai di Martina? Vuoi proteggerl­a?’. Io replicavo: ‘Oh sì, non era il caso di farvela vedere. In camerino era pure senza vestiti!’. E in effetti la chitarra era fuori dalla custodia... E loro lo scrissero, montando lo scan-

La prima arrivò per i miei 7 anni: tornavo da scuola e la suonavo prima che papà sprofondas­se nella pennichell­a

daletto. Anche l’ultima volta a Sanremo inventai di essermi sposato in gran segreto in Francia, e un settimanal­e importante pubblicò la fake news”. Insomma, Britti va tradotto, con buona pace dei ro- tocalchi.

Perché le sue chitarre hanno dei soprannomi eloquenti, ma depistanti. “La mia Les Paul R7 Gold è la ‘ bi onda’, quello è il suo colore. Mentre la Es 355 è la ‘roscia’, così ver- miglia e fiammante”. Non le maltratter­ebbe mai, come invece facevano, più spesso con le Fender, Pete Townshend o Jimi Hendrix. “Le spaccavano o le bruciavano a fine concerto, e lo facevano per davvero. Come si dice: una deve morire per salvarne mille. E quei gesti sono rimasti nella mitologia del rock, anche se c’era un mezzo trucco. Hendrix a Monterey cambia strumento prima del bis, e prende quello predestina­to, un esemplare più usurato. Una scena ampiamente studiata: nella tasca si era portato una fiaschetta di benzina per incendiare la chitarra. Io al massimo sul palco mi sono nascosto nei jeans una boccetta di vodka. E gli Who? Il manico di quella da sacrificar­e era stato segato in prece- denza. Certo, sono immagini dirompenti, incancella­bili, molto tempo prima dell’avvento del punk iconoclast­a. A me è capitato di fare il distruttor­e in tv in una gag con Mammucari: stacco dell’inquadratu­ra, cambio di chitarra al volo, quella buona è salva, va in pezzi una da 30 euro”.

MA NEL DUELLO tra Fender e Gibson che da sempre divide il mondo, alla fine chi prevale? “La prima ha un suono più secco e nasale, perfetto per il rock aggressivo, la seconda è più pastosa, adatta anche per blues e jazz. Però non ci si schiera mai del tutto. Io sono amico della Gibson, ma suonando la Fender mi sono pagato il mutuo per vent’anni”.

 ??  ??
 ?? Ansa ?? Alex Britti e la Gibson che sta testando per la casa madre
Ansa Alex Britti e la Gibson che sta testando per la casa madre

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy