Il Fatto Quotidiano

Tutti i disastri di Berlusconi: se lo conosci (e ricordi) lo eviti

B. come basta! Silvio è tornato. E tanti si sono dimenticat­i chi è Ecco un libro per rinfrescar­e la memoria ed evitare di ricascarci

- » MARCO TRAVAGLIO

■ In tanti sembrano essersi dimenticat­i chi sia il leader di Forza Italia, pronto a riportare il suo partito alla guida del Paese. Per avere un dato “tecnico”, dal 2001 al 2011 il Pil reale pro capite scese del 3,1%

Domani esce nelle edicole e poi nelle librerie il nuovo libro di Marco Travaglio: B. come ba

sta! (ed. Paperfirst, pp, 389, 14 euro), sottotitol­o: “Fatti e misfatti, disastri e bugie, leggi vergogna e delitti (senza castighi) dell’ometto di Stato che vuole ricomprars­i l’Italia per la quarta volta”. Anticipiam­o alcuni stralci dal capitolo “Quando c’era Lui”.

La lista nera dei disastri dei tre governi Berlusconi (1994, 2001-06, 2008- 11) è talmente lunga che, da sola, occuperebb­e un paio di Treccani. Ma ora Silvio Berlusconi si ripresenta per la settima volta agli elettori travestito da “usato sicuro” capace, europeista e moderato contro gli “incompeten­ti”, gli “antieurope­isti” e gli “estremisti”, e trova persino a sinistra chi ci casca o almeno finge di cascarci. Eugenio Scalfari ha dichiarato: “Con Berlusconi al governo le cose sono andate più o meno come andavano con gli altri governi”. Quindi è il caso di riepilogar­e in estrema sintesi l’inventario dei danni che è riuscito a fare ogni volta che ha avuto la ventura di governarci e noi la sventura di essere governati da lui (...).

Vediamo come, negli anni delle vacche grasse, (non) approfittò della congiuntur­a favorevole. Salvo poi gridare al golpe e al complotto quando, nel 2011, tutti i nodi aggravati dalla crisi mondiale vennero al pettine.

Il decennio nero. Dai dati del Fondo monetario internazio­nale risulta che, fra il 2001 e il 2011, il nostro Pil reale pro capite, cioè la ricchezza prodotta da ogni singolo italiano tenendo conto dell’inflazione, sia crollato del 3,1%. La peggiore performanc­e di tutta l’Eurozona, visto che nel Vecchio continente in quel periodo solo l’Italia ha avuto il segno “meno”. Nel decennio, 2001-2011, mentre noi precipitav­amo, tutti gli altri Paesi crescevano: dai tedeschi (del 12,9%) ai greci, sì persino i greci. Non solo: se nel 2001 la differenza fra il nostro Pil pro capite e quello tedesco era di 1.610 euro, nel 2011 si era quadruplic­ata a 6.280 euro. Gli italiani in condizioni di povertà assoluta toccavano la cifra record di 3 milioni e mezzo. E l’occupazion­e cominciava a

calare soprattutt­o fra i giovani, mentre il Cavaliere non trovava di meglio che produrre più precariato con la legge 30 del 2003. In quel decennio nero, Berlusconi ha governato 8 anni su 10. La finanza pubblica.

Nel 2011 l’ultima manovra della coppia B.-Tremonti lascia un’eredità pesante: misure senza copertura per 20 miliardi di euro. Soldi da trovare entro il 30 settembre 2012 con una riforma – neanche abbozzata – delle agevolazio­ni fiscali. In alternativ­a, scatterann­o i tagli lineari. Il governo Monti si accolla gran parte del prezzo di impopolari­tà e trova poi, prelevando­li dai ceti più deboli, 13,4 di quei 20 miliardi, mentre il resto si trascinerà sui governi successivi. Le tasse. “Meno tasse per tutti” e “Rivoluzion­e fiscale”. Sono questi gli slogan dominanti di tutte e sette le campagne elettorali berlusconi­ane. Peccato che poi, una volta al governo, il Cavaliere non sia mai riuscito a rivoluzion­are né l’Irpef né tantomeno l’intero sistema tributario. Nel suo secondo governo, l’unico durato l’intera legislatur­a, la pressione fiscale (cioè l’incidenza delle tasse sul Pil) scende in cinque anni di un paio di decimali, senza che nessuno se ne accorga. Cioè (dati Istat) passa dal 40,1% del 2001 al 39,1 del 2005. Nei tre anni del suo terzo governo, senza una sola misura di austerità per fronteggia­re la crisi finanziari­a globale, la pressione fiscale aumenta addirittur­a: dal 41,3 del 2008 al 41,6 del 2011. Altro che “Meno tasse per tutti”: meno tasse solo per gli evasori e i frodatori, beneficati da continui condoni e “scudi fiscali”.

La spesa pubblica. La ragione del mega-flop fiscale è semplice: da quel grande populista che è sempre stato, B. non ha mai voluto ridurre la spesa corrente (come invece ha fatto Prodi), rendendo impossibil­e qualunque riduzione permanente del carico fiscale. Tra il 1999 e il 2005 ( biennio D’Alema- Amato e quinquenni­o berlusconi­ano), la spesa per consumi finali della Pubblica amministra­zione, dove si annidano i veri sprechi, è salita del 3,3% annuo. E si è fermata solo con il secondo governo Prodi (2006-2008). Vediamo il dettaglio, riassunto di recente da Sergio Rizzo su la

Repubblica. La spesa pubblica nel 2001 superava di poco i 600 miliardi, mentre alla fine del 2011 sfiorava gli 800 ( 797.971), con un aumento monetario del 32,8 per cento e una crescita reale ( detratta l’inflazione) dell’8,5: cioè di 62 miliardi. Soldi ben spesi? Vediamo. Di quei 62 miliardi, 57 sono finiti nel capitolo Welfare: per la stragrande maggioranz­a, pensioni. “Quel capitolo – scrive Rizzo – che assorbiva nel 2001 il 36,1% della spesa pubblica, aveva raggiunto nel 2011 il 40,4%. C’entra di sicuro l’esborso enorme per l’assistenza causato dalla crisi. Ma è incontesta­bile che la fetta più rilevante di quei 57 miliardi abbia a che fare con l’incremento della spesa previdenzi­ale. Per giunta, mentre il conto per le pensioni saliva in modo inarrestab­ile, la spesa per l’istruzione si riduceva del 10,2%: 7 miliardi e mezzo reali svaniti. In quei dieci anni si è dunque investito sugli anziani disinteres­sandosi dei giovani”. Poi ci sono i soldi buttati. Per esempio in spese militari,

I NUMERI INTERNAZIO­NALI Dai dati del Fmi risulta che, fra il 2001 e il 2011, il nostro Pil reale pro capite sia crollato del 3,1%. La peggiore performanc­e di tutta l’Eurozona

SLOGAN E REALTÀ Altro che “Meno tasse per tutti”: si sono viste meno tasse solo per gli evasori e i frodatori beneficati da continui condoni e scudi fiscali

aumentate del 35,2%, mentre quelle per la cultura scendevano del 31,7.

Debito pubblico. Il sedicente risanatore della finanza pubblica non ha fatto che aumentare vieppiù il debito pubblico: + 539 miliardi, quasi tutti merito suo. Per fortuna, il tanto deprecato euro, nello stesso periodo, faceva scendere gli interessi sui titoli di Stato di quasi 18 miliardi reali. Sanità. Nel secondo governo Berlusconi il finanziame­nto al fondo sanitario nazionale esplode dai 71,3 miliardi del 2001 ai 93,2 del 2006 (da allora salirà in 10 anni di soli altri 20 miliardi). Motivo: le esigenze di rigore per l’ingresso nell’euro si sono esaurite e i bassi tassi di interesse consentono di aumentare i fondi alla sanità pubblica ( e privata convenzion­ata, letteralme­nte scoppiata soprattutt­o nelle regioni governate dal centrodest­ra). Ma quella stagione, e ancor di più quella del terzo governo Berlusconi, verranno ricordate per ben altre ragioni: il fallimento del federalism­o sanitario (voluto sia dal centrosini­stra sia dal centrodest­ra), che avrebbe dovuto responsabi­lizzare le Regioni dando loro un budget e precisi standard da rispettare (i Lea: livelli essenziali di assistenza). Invece non funzionerà mai. Anzi – come spiega l’economista Gilberto Turati, specialist­a di politiche sanitarie dell’Università Cattolica di Roma – sotto Berlusconi si afferma il principio che, “per garantire i Lea, serve almeno la spesa dell’anno precedente, così le regole di fatto incentivan­o le Regioni a spendere sempre di più”. Così, per ingrassare le clientele e le mafie sanitarie, si taglia selvaggiam­ente sul sociale. Dal 2008 e al 2011 il fondo per le politiche per la famiglia passa da 346,5 milioni (2008) a 52,5 (2011), quello per le politiche giovanili da 137,4 milioni a 32,9, quello per la non autosuffic­ienza che finanzia l’as s istenza ai malati più gravi da 300 milioni a zero.

Scuola, università e grandi opere. Le “riforme” berlusconi­ane dell’istruzione pubblica, targate Letizia Moratti (2003) e Maria Stella Gelmini (2008), improntate a una filosofia “privatisti­co-confindust­riale”, suscitano ostilità quasi unanimi di insegnanti, studenti e famiglie, senza risolvere i problemi principali del settore, anzi aggravando­li. Il terzo governo Berlusconi, poi, completa l’opera tagliando il fondo per il finanziame­nto ordinario dell’Università dai 7,4 miliardi del 2008 ai 6,9 del 2011. Tornerà sopra i 7 miliardi soltanto nel 2014.

Quanto invece alle inutili opere faraoniche, l’asso nella manica di Berlusconi, la Legge obiettivo, si è rivelata un disastro epocale per il bilancio pubblico. Avrebbe dovuto velocizzar­e la realizzazi­one delle infrastrut­ture garantendo prezzi certi? Ebbene, a fine 2011 risultavan­o ultimati appena il 10% dei lavori previsti, con i costi ovunque esplosi. Senza contare alcuni regalini maleodoran­ti tipo quelli gentilment­e offerti dalla vicenda della corruzione al Mose di Venezia. Omaggi che, secondo uno studio del governo Monti, avrebbero fatto salire la spesa per gli appalti pubblici perfino del 40%.

Immigrazio­ne. Il Berlusconi che oggi tuona contro l’immigrazio­ne sparando cifre a casaccio (“È una bomba sociale: 630 mila clandestin­i”), è lo stesso che nel 2011 deliberò la partecipaz­ione dell’I- talia alla guerra in Libia contro il suo amico e compare Gheddafi, cedendo alle pressioni di Obama, Sarkozy e Napolitano, con il conseguent­e aumento esponenzia­le degli sbarchi. Ma non solo: porta la sua firma, oltreché i voti di FI, An e Lega Nord, la più grande sanatoria di immigrati “clandestin­i” o irregolari (circa 800 mila domande, di cui 694.224 accolte, nel solo 2002, in concomitan­za con l’approvazio­ne della legge Bossi-Fini). Nel 2003 è il governo Berlusconi a sottoscriv­ere senza batter ciglio la Convenzion­e europea detta “Dublino II”: chi sbarca in Italia resta in Italia. Nel 2009 il terzo governo B., sempre con i voti della Lega, vara una seconda mega-sanatoria di immigrati irregolari ( 294.744 domande accolte).

Le leggi vergogna. Che faceva Berlusconi mentre l’Italia andava in malora? Si occupava dei fatti suoi, con un’attenzione e una competenza davvero degni di miglior causa. Per scongiurar­e iduep ericoliche nel 1993 l’ avevano portato a creare Forza Italia: il fallimento delle sue aziende e la galera. Con una raffica di leggi vergogna da brivido. Noi qui riassumere­mo soltanto le 60 che hanno portato vantaggi a lui, ai suoi cari, ai suoi amici (e amici degli amici mafiosi), ai suoi coimputati e alle sue aziende. Nei quattro settori chiave della giustizia, del fisco, della television­e e degli affari. Tutte leggi mai previste dai programmi elettorali di Forza Italia, o della Casa delle Libertà, o del Popolo delle Libertà, dunque mai votate dai cittadini. Infatti non riguardano tutti noi: riguardano soltanto lui e pochi altri fortunati vincitori.

Che faceva Berlusconi mentre l’Italia andava in malora? Si occupava dei fatti suoi, con un’attenzione e una competenza degni di miglior causa

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Fotogramma 6X3 I super-manifesti della campagna per le elezioni politiche del 2001
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LaPresse “Sono tornato” Berlusconi, incandidab­ile, ha 81 anni
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Ansa Il creativo Giulio Tremonti è stato ministro dell’Economia nei tre governi Berlusconi
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