Renzi in fuga nella sua Toscana
Statali, conguaglio di febbraio: il governo chiede indietro gli 80 euro
■ Il segretario dem preferisce evitare la città di Mps e sceglie per motivi di sicurezza un luogo chiuso per la visita nell’altro capoluogo. “Sorpresa” per i dipendenti pubblici, con il nuovo contratto sparisce il bonus “bandiera” di Matteo
Prima Siena poi Arezzo. Prima Monte dei Paschi poi popolare di Etruria. Ieri Matteo Renzi è tornato sui luoghi dei delitti. Ovviamente quello che è accaduto “è toccato risolverlo a noi” e il responsabile principe è stata “la mancata vigilanza” degli enti preposti. Allontanare dalla campagna elettorale gli spettri delle crisi degli istituti di credito è compito arduo. Soprattutto per il rischio contestazioni. Così il segretario evita Siena, scegliendo un circolo fuori dalla città, e il centro di Arezzo, preferendo per motivi di sicurezza la periferica fiera dove l’incontro viene spostato all'ultimo minuto. Visto mai che qualche risparmiatore di Etruria che lamenta di essere stato truffato dopo aver perso i risparmi a seguito del decreto salva banche, abbia l’idea di contestarlo. All’Arci di Sant’Andrea di Montecchio, dieci chilometri da Siena, il segretario è atteso per le 15.30. La sala è pienissima. Circa 150 persone. Moltissimi pensionati. Non solo.
AL BARc’è Francesco Bonifazi che ancora si lamenta dei mancati versamenti di Piero Grasso al Pd. In prima fila il sindaco uscente Bruno Valentini, nonostante il partito abbia deciso di non sostenenerlo alle prossime amministrative e lui minacci di drenare voti correndo con una lista civica. Al suo fianco il ministro Pier Carlo Padoan aspetta paziente, sperando che il tutto finisca presto. Lui sta battendo la provincia per la campagna elettorale che lo ha costretto in questo collegio uninominale, facile per il Pd – è una delle pochissime province italiane nelle quali ha vinto il Sì al referendum con oltre il 55% - ma ad alto rischio contestazioni per il bubbone Mps: a ogni incontro pubblico – e Padoan ne sta macinando con diligenza da vecchio Pci almeno venti alla settimana – c'è sempre il timore che si presenti qualche azionista o ex dipendente licenziato o correntista della banca un tempo fiore all'occhiello dell'Italia e oggi diventata carrozzone statale proprio grazie a Padoan. Lui racconta ogni volta “l’abbiamo salvata” ma il disastro ai senesi è entrato in casa, sanno cosa è accaduto. Poi quadri, sottoquadri, portaborse: lo stuolo partitico delle grandi occasioni attende l’arrivo del segretario che dal lontano 23 maggio 2013 non mette piede in zona. È un evento. O meglio: lo sarebbe se fosse in città. Vicino alla sede di Mps. Dove ieri nel frattempo si svolgeva un cda straordinario della banca convocato per tentare di limitare i danni dell’imminente semestrale: il bilancio del primo anno da banca pubblica ha segnato una perdita di altri 3,5 miliardi peggiore dell'anno precedente (3,24 miliardi) e il rischio è ora non rientrare nei parametri imposti e accordati proprio da e con Padoan. Sarebbero guai seri. Ma si saprà solamente dopo le elezioni. Nel frattempo il refrain è sulla “nostra responsabilità nel risolvere una vicenda che abbiamo ereditato”, dice Renzi. “C’è stato un momento in cui ho temuto che non avesse più un futuro”, prosegue il segretario, lo stesso che da premier nel luglio 2016 disse “Mps è risanata, investire è un affare” e dopo un anno lo Stato è stato costretto a intervenire diventando socio di maggioranza. Padoan ascolta in silenzio, gli lascia il palco. “C'è stata gente, Padoan in testa, che anziché stare a strillare ha pensato a risolvere il problema”. Il ministro annuisce appena con un impercettibile accenno del capo. Non trapela né soddisfazione né fastidio. E quando Renzi fa per correre ad Arezzo lui lo saluta tirando un sospiro di sollievo, restando a Siena, dove prosegue la sua campagna elettorale battendo realmente il territorio. Il segretario invece va dove un tempo c’era la popolare di Etruria. La patria della sua ministra e ora sottosegretaria Maria Elena Boschi – candidata ben lontano da qui, Bolzano - il cui padre Pier Luigi da vicepresidente della banca è ancora oggi indagato per reati vari: bancarotta semplice, bancarotta fraudolenta, falso in prospetto e accesso abusivo al credito.
ARRIVA anche qui in ritardo e lo sparuto gruppo di risparmiatori che lo aspettava se ne va, arginato dalle forze dell'ordine e fiaccato da pioggia e freddo. Dentro candidati e simpatizzanti. Anche ad Arezzo la parola d'ordine è “salvare”. In questo caso correntisti e azionisti. Dice. “Non ho fatto sconti a nessuno. La vera responsabilità ce l’ha chi non ha avuto la capacità di intervenire per anni. Noi abbiamo salvato risparmiatori e correntisti. Chi ha sbagliato deve pagare. La responsabilità degli scandali è di una mancata capacità di intervenire in tempo”. La procura di Arezzo, secondo Renzi, ha sbagliato tutto. A suo avviso la colpa è della vigilanza, cioè Banca d'Italia. Quella guidata da Ignazio Visco che lo scorso dicembre in commissione parlamentare raccontò che Renzi gli chiese di parlare di alcune banche ma “gli risposi che di vigilanza parlo solo con il ministero del Tesoro”. Deve proprio averla presa male.
Con Padoan Un comizio a 10 km dalla sede Mps, l’altro in fiera: in centro c’è la protesta per Etruria
Non ho fatto sconti a nessuno Abbiamo salvato i correntisti La vera responsabi– lità è di chi non ha avuto la capacità di inter venire MATTEO RENZI