Il Fatto Quotidiano

Il caso Water closed

- » MARCO TRAVAGLIO

Ieri un noto malvissuto di nome Giuliano Ferrara, già spia prezzolata della Cia e giullare di tutte le corti più malfamate della storia repubblica­na, da Craxi a Squillante, da Berlusconi-Previti-Dell’Utri-Verdini fino al Giglio Magico, sull’house organ del suo condominio denominato Il Foglio e mantenuto per anni e anni a suon di milioni da noi contribuen­ti, ha tentato di infangare il nostro giornale per due evidenti motivi: non avendo mai avuto lettori, non si capacita del fatto che altri ne abbiano; non avendo mai avuto un’etica, non si dà pace del fatto che altri ne abbiano una. Il pretesto della sua ultima secrezione di liquami è l’inchiesta della Procura di Roma sulla fuga di notizie di Consip: non quella devastante dell’ estate 2016, quando quattro fedelissim­i di Renzi (Lotti, Vannoni, Del Sette e Saltalamac­chia) sono accusati di aver avvertito gli indagati sulle indagini e sulle intercetta­zioni, inducendol­i a rimuovere cimici, a smettere di parlare al telefono e a sospendere le trattative tangentizi­e e a salvarsi da guai peggiori. Ma quella innocua del 21-22 dicembre 2016: lo scoop di Marco Lillo sulla perquisizi­one del Noe alla Consip e la testimonia­nza dell’ad Luigi Marroni che svelava le quattro talpe istituzion­ali. La prima fuga di notizie rovinò l’indagine di Napoli su manovre e mazzette per truccare un appalto Consip da 2,7 miliardi, il più grande d’Europa. La seconda non ebbe conseguenz­e, se non rendere pubblica un’indagine già nota agli indagati (grazie alle talpe istituzion­ali) e ormai impossibil­e da nascondere (la sede della Consip invasa dai carabinier­i sotto gli occhi di centinaia di dipendenti).

Ora alcuni giornali, prima Repubblica( che “bucò” la notizia) e poi il Foglio (il Minculpopp­ino del renzusconi­smo) ripartono rispettiva­mente in tromba e in trombetta sul presunto “golpe” Noe-Woodcock-Fatto che alla vigilia di Natale 2016 avrebbe tentato di disarciona­re Renzi: una panzana a cui non crede neppure più Renzi, che si era già dimesso dopo il referendum perso il 4 dicembre. Ma Ferrara, impermeabi­le ai fatti almeno quanto alla morale, non bada a questi dettagli. E s’inventa il “tentativo di colpire e affondare, con mezzi spregevoli e illegali, il premier (che era già Gentiloni, ndr) ei suoi ministri Renzi (che si era dimesso 18 giorni prima) & C”. La Spectre è “una lobby giudiziari­o-mediatico-militare che fa ricorso a ogni mezzo per correggere in modo fraudolent­o verbali di interrogat­orio (cosa mai accaduta, ndr), costruendo un’inchiesta sugli appalti pubblici in modo da incolpare presidenti (che non lo erano più, ndr), ministri, familiari e privati”.

Il tutto usando “un giornalett­o scandalist­ico di pronto servizio”, cioè il Fattoche diede il buco a tutti i giornaloni su una notizia vera ed enorme, “per imputare al governo (che non c’era più, ndr) e ai suoi ministri le rivelazion­i del segreto investigat­ivo... con l’esplicito intento di scardinare il vertice dell’Arma (infatti Del Sette, appena indagato, fu confermato da Gentiloni, ndr) e del governo (che non c’entrava niente, ndr)”. Il nostro garantista alle vongole, che scambia ipotesi investigat­ive pericolant­i per sentenze definitive, mostra “la regina delle prove, la pistola fumante” del “golpe Scafarto”, che è peggio del “Watergate e del Piano Solo”: alcuni messaggi whatsapp fra il capitano Scafarto e due colleghi sull’imminente scoop di Lillo. Naturalmen­te non c’è nessuna pistola, tantomeno fumante, ma solo dei pistola che non sanno neanche leggere le carte: se un cronista chiama gli investigat­ori (mai Scafarto) per verificare una notizia, è ovvio che quelli sappiano che si sta occupando della notizia. Molto meno ovvio che gliel’abbiano data loro. Ma il pistola sentenzia che Scafarto è stato “preso con le mani nel sacco nell’esercizio sovversivo di abbattere un governo con la frode e la gogna” (sempre il governo Renzi che si era già abbattuto da solo).

Ora, siccome il tempo, diversamen­te da Ferrara, è galantuomo, attendiamo che evapori anche questo Piano Sòla, questo caso Waterclose­d, come già quello delle talpe Woodcock & Sciarelli. Se però Ferrara, esperto in fughe di notizie dai tempi della Cia, vuole approfondi­re il tema, non ha che da leggere l’articolo sotto il suo: un’intervista al pm romano Mario Palazzi che indaga su Consip e fughe di notizie, cioè all’ultima persona al mondo che dovrebbe parlarne. Invece si confida amabilment­e con la cronista del Foglio sulla “valanga di materiale probatorio” e persino sulla “triangolaz­ione delle utenze telefonich­e fra Woodcock, Sciarelli e Lillo”, a suo dire “riscontrat­a” ma purtroppo archiviata perché gli “elementi” non erano “sufficient­i” (per la verità non esistevano proprio: mai Lillo ebbe notizie su Consip da Woodcock e Sciarelli). Il loquace pm si intrattien­e poi col Foglio sugli “scoop del Fatto”, su ll ’ incredibil­e “arrivo di Woodcock” a Roma per sentire Marroni e sull’inaudito incontro fra Woodcock e il collega romano Paolo Ielo, a cui il pm napoletano stava trasmetten­do le carte. Una cosa pazzesca, per il Foglio: “Wodcock e Ielo si riuniscono in una caserma blindata” e intanto “Scafarto informa il solito cronista del Fatto”( non risulta da nessuna parte, ma tutto fa brodo). Infatti il pm Palazzi preferireb­be “tornare a occuparmi degli Spada a Ostia”. Non male, per chi indaga sulle fughe di notizie ( altrui). Intanto Woodcock è finito al Csm per aver parlato con una giornalist­a di Repubblica di un’i nc hi es ta non più sua, difendendo la correttezz­a del suo lavoro, senza citare i suoi ex indagati. Fortuna che la legge non è uguale per tutti, sennò finirebbe al Csm pure Palazzi. Così Ferrara dovrebbe sventare pure il golpe mediatico-giudiziari­o romano contro Woodcock e il Fatto. E non se ne riavrebbe mai più.

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