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La sparata Il presidente della Commission­e Ue: “Sono preoccupat­o perché a marzo il governo potrebbe non essere operativo e allora...”

- » MARCO PALOMBI

Jean Claude Juncker è un caso curioso del racconto politico. Nonostante gli sforzi di presentarl­o come Mister Unione Europea, la sua figura pubblica continua a mantenere certe venature da commedia plautina (più l’osteria che il lupanare, se è lecito metterla così). Eppure Juncker - democristi­ano a lungo premier del Lussemburg­o, da dove amministrò un allegro d u mp i ng fiscale ai danni dei partner europei - non è un uomo che parli a caso, anche quando, come spesso gli capita, poi si rimangia quel che ha detto.

IERI, DUNQUE, il presidente della Commission­e Ue ha voluto lanciare una pubblica minaccia all’Italia sulla punizione che i famigerati mercati le infliggera­nno nel caso voti in modo sbagliato: “C’è un inizio di marzo molto importante per l’Ue. C’è il referendum della Spd in Germania (sulla Grosse Koalition, ndr) e le elezioni italiane e sono più preoccupat­o per l’esito delle elezioni italiane che per il risultato del referendum dei socialdemo­cratici. Dobbiamo prepararci allo scenario peggiore, cioè un governo non operativo in Italia”. Assieme all’incertezza in Spagna, col governo di minoranza di Mariano Rajoy sempre più debole, é possibile “una forte reazione dei mercati nella seconda metà di marzo, ci prepariamo a questo scenario”.

Ora, a parte il fatto che non esistono governi “non operativi” nella nostra prassi costituzio­nale, l’accenno all’ira dei mercati è un classico della co- municazion­e “brusselles­e” e rinvia, come per l’ira di ogni dio che si rispetti, all’obbedienza. Nella comunicazi­one politica si traduce nell’acronimo preferito da Margaret Thatcher (che almeno, a differenza di Juncker, vinceva le elezioni): “Tina”, cioè there is no alternativ­e, non c’è alternativ­a. Juncker spiega agli italia- ni che non c’è alternativ­a a lui e ai suoi amici a meno che non vogliano “una forte reazione dei mercati”.

IL PREMIER Paolo Gentiloni non è parso irritato dalle parole del capo della Commission­e: “I governi sono tutti operativi, i governi governano. Stasera (ieri, ndr) a Bruxelles tranquilli­zzerò Juncker. Non sono d’accordo nel vedere queste elezioni come un salto nel buio: il ruolo del centrosini­stra di governo è fondamenta­le, ma non ho paura del baratro”. La “gentilonia­na” di complement­o, ed europeista a diversi carati, Emma Bonino s’è spinta un passo più in là: “Credo che Juncker guardi la nostra legge elettorale che è proporzion­ale, fatta apposta perché nessuno ottenga una maggioranz­a. Noi italiani ci dobbiamo rendere conto che non tutto avviene all’interno del Raccordo Anulare o a sud delle Alpi: gli ambasciato­ri che stanno a Roma compilano delle note che poi trasmetton­o ai rispettivi governi. Non è che stiamo facendo una gran figura di serietà”.

DIVERSE gradazioni di critiche, invece, sono arrivate dal resto del mondo politico: da Forza Italia alla Lega, da LeU (ma non da Pietro Grasso) a pezzi del Pd. A quel punto Juncker ha fatto una mezza marcia indietro con un comunicato: “Le elezioni sono un’occasione di democrazia. E questo si applica anche all’Italia, un Paese a cui mi sento molto vicino. Il 4 marzo gli italiani si recheranno alle urne ed esprimeran­no il loro voto. Qualunque sarà l’esito elettorale, sono fiducioso che avremo un governo che assicurerà che l’Italia rimanga un attore centrale in Europa e nella definizion­e del suo futuro”.

Per capire che le parole che contano sono quelle “dal sen fuggite”, basti ricordare che Juncker ha teorizzato questo modello comunicati­vo in una lontana intervista allo Spiegel su come funziona il Consiglio europeo: “Noi decidiamo qualcosa, la facciamo circolare e vediamo che succede. Se nessuno fa casino, perché la gente non capisce cosa è stato deciso, allora andiamo avanti passo passo finché non si può più tornare indietro”. E se le cose vanno male? Niente paura: come il nostro spiegò per la crisi greca nel 2011,“quando la situazione si fa seria, bisogna mentire”.

Gentiloni è calmo ”I governi sono sempre operativi, le elezioni non sono un salto nel buio”

La mezza smentita Qualche ora dopo: “Qualunque sia l’esito del voto, Roma resterà centrale per l’Europa”

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Ansa Euroburocr­ate Jean Claude Juncker, presidente della Commission­e europea

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