ORA INVENTANO UN “PATTO” CONTRO RENZI
IlFoglioieri ha schierato sul fronte Consip Giuliano Ferrara come difensore della democrazia e Annalisa Chirico come cronista giudiziaria. Entrambi fuori ruolo, non hanno dato grande prova. Passiamo sopra il Ferrara che straparla di “giornalino scandalistico” e accusa il Fatto di “imputare al governo e a suoi ministri le rivelazioni del segreto investigativo di cui la lobby (giudiziario-mediatico militare, ndr ) era direttamente r es po ns ab il e”. Come se gli scoop del Fatto del 21-23 dicembre 2016 giustifichino ex post le soffiate istituzionali sull’indagine avvenute ben prima.
Leggere Ferrara che spara contro il “rutto giustizialista” fa sorridere. Non si possono insegnare la buona creanza e il buon giornalismo a un 66enne che a 30 anni accettava le buste gialle piene di soldi della Cia e poi se ne vantava. Non si può aprire un dibattito su giornali e inchieste con uno che non si è degnato di rispondere ai pm su quei 500 milioni di vecchie lire che Tanzi disse di avergli consegnato proprio per Il Foglio.
La performance del Ferrara a difesa della Costituzione fa l’effetto di un nano che si finge acrobata. Sul pezzo della giovane Chirico vale invece la pena di spendere due parole. La tesi esposta tra le righe è che ci sarebbe stato un patto di Natale nella sera del 20 dicembre 2016 nella caserma dei Carabinieri del Noe a Roma, subito dopo l’interrogatorio dell’ad di Consip Luigi Marroni, tra il pm romano Paolo Ielo e i pm napoletani Woodcock e Carrano, par di capire ai danni del povero Renzi. Il pezzo insinua un ruolo “a tinte fosche” dei pm romani e mette in sequenza la presenza di Ielo e Woodccok nella caserma per chiedersi chi fosse il regista della fuga di notizie a beneficio del Fatto.
La cronista del Foglioi nterpella il pm Palazzi e “lo sventurato” rispose: “Sì Ielo li raggiunse”. All’origine del pezzo del Fogliosembra esserci un equivoco: la presenza di Ielo quella sera non è una rivelazione strappata a un pm incauto ma un dato stranoto che Palazzi conferma alla cronista.
La sensazione è che invece Annalisa Chirico lo ritenga uno scoop. Di più: la chiave di volta del suo teorema che a ben vedere coincide con quello del suo estimatore Matteo Renzi.
Il teorema descritto nel libro “Avanti” del leader Pd, accarezzato da Repubblica ma purtroppo farlocco, è quello del collegamento tra il pm Woodcock, i carabinieri del Noe e il Fatto.
Il pm Palazzi ci mette del suo quando risponde con toni poco garantisti su Woodcock. Invece di dire “abbiamo fatto un grande errore e dovremmo chiedere scusa a lui e alla Sciarelli”, Palazzi descrive la pessima figura della Procura di Roma come una sorta di “insufficienza di prove”.
Messa in cascina la mezza conferma alla sua tesi infondata, la cronista veste da scoop un fatto stranoto e ne stravol- ge diametralmente il senso. A detta della Chirico nessuno vuol parlare della presenza di Ielo perché non conviene. Eppure è noto a tutti almeno dal 29 giugno 2017 quando ne scrisse La Verità e lo si può leggere on line su Dagospia.
In quel pezzo c’è scritto anche che Ielo non è intervenuto in danno di Renzi. Anzi. Se si vuole proprio dare una lettura “politica” a scelte “tecniche” dei pm romani, Ielo è intervenuto in favore di Renzi per frenare l’azione dei pm napoletani. Altro che patto. Quella sera ci fu uno scontro tra Ielo e i pm di Napoli che volevano perquisire Tiziano Renzi perché i verbali di Marroni e le intercettazioni di Russo con Romeo lo tiravano in ballo. Per questa ragione i pm erano saliti a Roma. Non per concordare patti di Natale o per passare notizie a chicchessia. Pensavano semplicemente fosse necessario accelerare perché l’inchiesta era stata trafitta da varie fughe di notizie, talvolta a favore proprio di Tiziano.
L’indagine Consip quella sera del 20 dicembre 2016, proprio dopo l’incontro tra Ielo e Woodcock, prese una piega in favore di Matteo e Tiziano. La Procura di Napoli si lasciò influenzare dalla Procura di Roma e Tiziano Renzi non fu mai perquisito. Anche per scelta dei pm di Roma, da allora il suo telefonino non è stato mai preso e analizzato come è stato fatto dai pm di Napoli con quello di chi scrive. Nonostante i pm sapessero bene che Tiziano usava Whatsapp per le comunicazioni più delicate, in primis quelle con il figlio Matteo. O forse proprio per quello.
Leggere l’ex direttore che spara contro il ‘rutto giustizialista’ e conciona su un novello ‘Piano Solo’ fa sorridere