Il Fatto Quotidiano

Il candidato (estero) che fa arrabbiare Beppe Severgnini

- » GIANNI BARBACETTO

Torna la lotteria del voto all’estero. I quasi 5 mila italiani iscritti all’Aire, l’anagrafe dei concittadi­ni residenti fuori dall’Italia, stanno già votando – su schede mandate in giro per il mondo per posta – i dodici deputati e i sei senatori eletti all’estero, secondo quanto previsto dalla riforma introdotta sedici anni fa. Una lotteria, perché a ogni appuntamen­to elettorale vengono segnalati brogli, irregolari­tà, schede non arrivate o non consegnate ai legittimi destinatar­i, oppure votate a mazzi da un’unica persona. Il sistema degli invii postali non garantisce alcuna certezza che a votare siano davvero i cittadini che ne hanno diritto.

Al di là dei dubbi sulla regolarità del voto, resta la certezza che dal voto all’estero arrivano i parlamenta­ri più pittoresch­i della Repubblica, come l’ineguaglia­bile Antonio Razzi, o più impresenta­bili, come quel Nicola Di Girolamo che fu eletto senatore nel 2008 sotto il simbolo di Silvio Berlusconi e poi fu subito arrestato per ’ndrangheta.

Questa volta, in vista del 4 marzo, gli italiani che vivono in Nord America potranno scegliere personaggi come Giuseppe Macario, che si è inventato un partito chiamato Free Flights to Italy (voli gratis per l’Italia) e che ha esibito una foto non sua, un curriculum inventato, un programma fantasma, come rivelato da Selvaggia Lucarelli. Quelli che vivono in Europa, invece, avranno la possibilit­à di votare, per Forza Italia, candidati del calibro di Matteo Cerri: l’uomo che ha fatto arrabbiare Beppe Severgnini ( e non solo lui). Cerri, 43 anni, vive a Londra, dove guida The Family Officer Group. Che cosa fa? Gestisce patrimoni familiari privati. Investe soldi altrui. Con varie società, nel Regno Unito e in Lussemburg­o. Che soldi siano non lo sappiamo, ma lui garantisce che è tutto regolare, leggi rispettate e fisco pagato. Poi lancia società start up di italiani a Londra e tenta nuovi business in proprio.

IN UN’INTERVISTA spiega così la sua attività: “Cerchiamo di individuar­e iniziative italiane che abbiano l’interesse e le potenziali­tà per espandersi sui mercati internazio­nali. Creiamo una società a Londra, cui forniamo il supporto logistico e amministra­tivo, e ne finanziamo il fabbisogno con partecipaz­ioni di minoranza comprese tra 50 mila e 500 mila sterline. Entriamo direttamen­te nella gestione operativa dell’azienda a fianco dell’imprendito­re, soprattutt­o per aiutarlo nel processo di internazio­nalizzazio­ne”.

Alcuni dei collaborat­ori, consulenti, fornitori e dipendenti che hanno lavorato con Cerri sono scappati per il clima teso che si respira nella sua sede londinese e, soprattutt­o, non sono riusciti a farsi pagare. C’è anche chi protesta perché Cerri gli ha rubato l’idea imprendito­riale: è il caso di The It Factor, un “urban magazine” sul “fattore italiano” – creatività, cultura, design, cibo, moda, stile – fondato nel 2014 a Londra da una giornalist­a milanese e una comunicatr­ice-architetto. Cerri le ha contattate, blandite, le ha a lungo interrogat­e sul loro giornale, prospettan­do la possibilit­à di collaborar­e. Poi è sparito. E il giornale se lo è fatto da sé: ecco apparire Italians, “urban magazine” molto ma molto simile a The It Factor. Oltre che le due italiane a Londra, ad arrabbiars­i è stato anche Severgnini, che ha fatto mandare dai suoi avvocati londinesi una lettera per ricordare a Cerri che il marchio “Italians” è suo. Niente paura, il giornale è stato ribattezza­to Its magazine e avanti come prima. “Parlo quattro lingue”, scrive Cerri, “e sono fiero di essere italiano, europeo, londinese, milanese, cittadino del mondo e, nonostante tutto, milanista”. E domani, chissà, anche deputato.

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