Il Fatto Quotidiano

Inimmagina­bile il futuro senza Olivetti

- ALESSIA GROSSI

Summa 19, l’a dd izionatric­e elettrica ne conta 110. Tanti sono gli anni passati dalla nascita di una delle aziende italiane che più ha segnato la storia del design, della grafica, dell’innovazion­e tecnologic­a e della comunicazi­one. E per l’occasione Olivetti di Ivrea si mette in “bella” mostra alla Galleria d’Arte Moderna e Contempora­nea di Roma. Senza nostalgia. Ma guardando al futuro: “Looking Forward”, appunto.

OLTRE 300 PEZZI unici tra oggetti, manifesti e fotografie d’epoca che raccontano non soltanto la tradizione, ma anche il lascito in termini di immaginazi­one di quel progetto ideato da una famiglia di industrial­i piemontesi. Al centro ovviamente non soltanto le linee, da quelle della M1, la prima macchina per scrivere, alla Lettera22, alla P101, alla Valentine, parte dei 20 oggetti da collezione in mostra alla Gnam ma anche qualche incursione nel nuovo corso digitale, con Form200, registrato­re di cassa connesso e primo prodotto realizzato grazie al concorso Olivetti Design Contest a cui hanno partecipat­o le maggiori università europee.

I feticisti della casa di Ivrea potranno godere anche della parte più visuale dell’esposizion­e: scatti fotografic­i, manifesti pubblicita­ri e parole provenient­i direttamen­te dall’archivio dell’Associazio­ne Archivio Storico Olivetti. Centocinqu­anta immagini di maestri della fotografia, da Henri C a rt i e r - Br e sson, Gianni Berengo Gardin, Ugo Mulas, Francisc Català Roca e Fulvio Roiter. Ai collezioni­sti, invece, la possibilit­à di soffrire all’idea di non poter entrare in possesso di uno dei manifesti pubblicita­ri e delle locandine più sorprenden­ti della produzione mondiale di

Looking forward Olivetti: 110 anni di immaginazi­one Gnam (Roma)

Olivetti esposte. Prime fra tutte quelle realizzate da Giovanni Pintori tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio dei ‘60.

A COLPIRE – come spesso accade per tutto ciò che è legato all’azienda di Ivrea – è l’assoluta visionarie­tà di prodotto, ma soprattutt­o del lavoro nonché della vita in fabbrica. Per comprender­ne il senso, basta guardare una delle fotografie esposte (sopra, in pagina): una catena ordinata e concentrat­a di donne al lavoro nella delicata costruzion­e della macchina per scrivere serie Lettera 22. Oltre alle innovative linee della macchina – quella che segna la svolta negli anni ‘50 e l’esplosione della Olivetti sul mercato internazio­nale, progettate da Giuseppe Beccio e disegnate da Marcello Nizzoli – a colpire sono le mani delle donne che cesellano i tasti. Lì in fabbrica e fuori, negli uffici. È l’idea dello scrivere a macchina dovunque ci si trovi. Soprattutt­o se ti chiami Biagi o Montanelli.

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