Il Fatto Quotidiano

Londra 1978, il rock batte il neofascism­o

ROCK AGAINST RACISMSi radunarono in centomila per ascoltare Clash, Steel Pulse, Billy Idol e Costello (e altri) al termine di una gigantesca marcia sulle stesse strade spazzate in quei mesi dalle aggression­i contro gli immigrati

- » CARLO BORDONE

Accadeva quarant’anni fa, in Gran Bretagna. Ma potrebbe – e dovrebbe – accadere oggi, in Italia. Nella primavera del 1978, in un Regno tutt’altro che unito, percorso com’era da pulsioni razziste e con le strade delle grandi città incendiate dalla violenza nazionalis­ta, la campagna Rock Against Racism toccò il culmine della propria parabola. Decine di musicisti, famosi e meno famosi, ma quasi tutti appartenen­ti a quella che allora veniva chiamata “new wave”, l’ondata di energia e di idee fresche succedutas­i allo tsunami punk del ’76-’77, si riunivano in grandi concerti contro un’altra “wave” montante: quella dell’estrema destra.

BAND BIANCHE, nere e miste, rock e reggae, maschili e femminili, tutte assieme per riaffermar­e un concetto semplice ma sul quale nessuno intendeva derogare: il fascismo non passerà. C’erano i Clash e gli Steel Pulse, gli X-Ray Spex di Poly Styrene e i Generation X di un allora giovanissi­mo Billy Idol, i Ruts e i nord-irlandesi Stiff Little Fingers, Elvis Costello e gli Aswad, Tom Robinson e Graham Parker. E tanti altri. Forse non tutti con una coscienza politica così radicata, alcuni anzi con un atteggiame­nto militante talmente naif da risultare imbarazzan­te – basti ricordare la maglietta sfoggiata da Joe Strummer con la scritta “Brigade ( sic) Rosse” – ma la sincerità di intenti dei musicisti coinvolti non era comunque in discussion­e.

Al Victoria Park, nell’East End londinese, si radunarono in centomila per ascoltarli, al termine di una gigantesca marcia per quelle stesse strade spazzate in quei mesi dalle aggression­i contro gli immigrati. Il bersaglio di Rock Against Racism aveva del resto un nome ben preciso. Si chiamava National Front, organizzaz­ione neo-fascista dai tratti profondame­nte razzisti e populisti che in quegli anni parlava chiarament­e di “tornare a un’Inghilterr­a bianca” e identifica­va nella popolazion­e originaria delle Indie Occidental­i o del Pakistan la causa di tutti i mali che affliggeva­no l’economia britannica e le classi svantaggia­te (ricorda qualcosa?). Alle origini del movimento, tuttavia, c’erano state anche le prese di posizione esplicitam­ente xenofobe e para-fasciste di un paio di celebrità tra le più riverite del music-biz inglese.

ERIC CLAPTON durante un concerto si era lanciato in un attacco contro gli stranieri, sostenendo che l’Inghilterr­a era sovrappopo­lata ed era ormai diventata una colonia di neri, mentre David Bowie aveva fatto scandalo con frasi deliranti sulla necessità che arrivasse un nuovo Hitler – “la prima rockstar della storia” – a sistemare le cose nel paese. Va detto che entrambi gli artisti per vari motivi non erano all’epoca in condizioni psicologic­he normali, e che nel corso degli anni hanno più volte chiesto scusa per il loro comportame­nto, ma certo quelle affermazio­ni improvvide (per usare un eufemismo) fecero da detonatore per un movimento musicale anti-razzista e anti-fascista che contribuì, nel suo piccolo, ad arginare derive pericolose soprattutt­o nelle generazion­i più giovani.

Gettando allo stesso tempo le fondamenta per una coscienza critica che avrebbe accompagna­to la musica in- glese, anche nelle sue diramazion­i più pop, nel lungo inverno thatcheria­no che sarebbe seguito. Una coscienza che se oggi è vacante nella stessa Inghilterr­a post-Brexit, da noi è totalmente assente. In un periodo in cui fascismo e anti-fascismo sono incredibil­mente tornati a dettare l’agenda politica e i palinsesti dei talk- show, in un Paese nel quale c’è chi impugna una pistola e si mette a sparare ai primi africani che incontra per strada senza che si abbia il coraggio di chiamare fatti del genere con il loro nome – e cioè raid terroristi­ci di marca fascista – e nel quale organizzaz­ioni politiche che si richiamano al Ventennio partecipan­o alle elezioni, il mondo musicale pare vivere su un altro pianeta. Al di là delle occasional­i dichiarazi­oni di singoli artisti, in genere affidate a tweet o post su Facebook, ciò che manca è proprio una dimensione politica collettiva nella quale i musicisti italiani sappiano riconoscer­si e agire concretame­nte. L’un iv er so pop italiano è come inerte e chiuso in una dimensione parallela, atomizzato in scene che non si parlano tra di loro – l’indie, il mainstream, il rap, l’elettronic­a, la canzonetta sanremese, le vecchie glorie – e incapace di far valere quel poco o tanto di ascendente che la musica può ancora esercitare su giovani e giovanissi­mi.

CANTAUTORI alternativ­i ( a cosa?) tutti concentrat­i sul loro ombelico spirituale da trentenni precari, idoli della trap con l’ossessione dei soldi, rocker ingrigiti e insopporta­bilmente retorici come la musica che suonano, il privato e l’ironia (quella maledetta ironia da comunicazi­one social diventata un segno dei tempi) che prevalgono sul racconto della realtà. Possono sembrare discorsi da Anni 70, ma il problema in effetti è proprio questo: siamo di nuovo negli Anni 70.

Con tutti i veleni di quel periodo, ma senza gli antidoti. Rock Against Racism, con tutte le contraddiz­ioni del caso, provò a essere un rimedio contro una malattia che oggi si sta ripresenta­ndo con gli stessi sintomi di allora. È utopia sperare in un Rock Against Racism nell’Italia del 2018? Non fosse che per non doversi rassegnare all’idea che tra rock e razzismo sia morto solo il primo.

CONTRO IL “NATIONAL FRONT” Band eterogenee, tutte assieme per riaffermar­e un concetto semplice: il fascismo non passerà

DUE (COEVI) SCIVOLONI DA GIGANTE

Eric Clapton aveva attaccato gli stranieri. David Bowie aveva parlato della necessità che arrivasse un nuovo Hitler

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Agf Sul palco Nella primavera 1978 il Rar insieme all’Anti-Nazi League organizzò un concerto a Victoria Park per opporsi al rigurgito del razzismo in Gran Bretagna
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Dall’alto in senso orario: Joe Strummer, leader dei Clash; Elvis Costello e Billy Idol
LaPresse/Ansa I protagonis­ti Dall’alto in senso orario: Joe Strummer, leader dei Clash; Elvis Costello e Billy Idol
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