La svolta di Trump verso una nuova Guerra Fredda
DÈ professore associato di Politica Economica all’Università di Modena e reggio Emilia Dopo la laurea in Giurisprudenza e una borsa di studio presso la Statale di Milano, ha trascorso due anni di perfezionamento presso la Faculty of Economics and Politics di Cambridge Collabora con la rivista di geopolitica “Limes” urante la campagna elettorale e nei primi mesi della presidenza Donald Trump ha stabilito nuovi principi di politica estera: una riconfigurazione e ridimensionamento della Nato, una maggiore attenzione all’accresciuto peso politico, economico e militare della Cina e alla sicurezza interna degli Stati Uniti. Il terrorismo islamico era il pericolo da distruggere con opportune alleanze. L’Iran era la potenza islamica da contenere in modo da impedire lo sviluppo del suo programma nucleare. Allo stesso tempo Trump ha tentato di rovesciare il paradigma dominante nella relazione Usa-Russia: “Avere una relazione positiva è cosa buona, soltanto gli stupidi o i pazzi penserebbero che sia un male”. Durante la campagna elettorale Trump ha molte volte parlato del presidente russo in termini elogiativi e Vladimir Putin è stato uno dei primi a cui ha telefonato dopo essere entrato alla casa bianca.
QUESTO REPENTINO cambiamento nella politica estera ha fin dall’inizio sollevato durissime reazioni nella classe dirigente americana e nelle istituzioni militari di informazione, spionaggio e cybersecurity, istituzioni che hanno nel loro Dna una forte componente prima antisovietica e ora antirussa. È il deep state americano che si ribella a un cambiamento di visione dei propri fini istituzionali e quindi tenta di ostacolare la svolta radicale che il nuovo presidente vuole imprimere alla politica verso la Russia.
Questi propositi di riorientamento della politica estera americana sono stati sostituiti, dopo appena un anno di presidenza, da una nuova politica estera conflittuale con la Russia. Le relazioni fra Usa e Federazione Russa sono ormai ad un minimo storico. In queste ultime settimane la presidenza americana ha emanato una serie di atti che hanno portato lo stato di tensione fra Stati Uniti e Federazione Russa ad un livello simile a quello che esisteva fra Usa e Urss nei pe-
Biografia GIAN PAOLO CASELLI
riodi più duri della guerra fredda.
Il primo provvedimento presidenziale di questa sequenza è stato la firma di una lista di oltre duecento personalità politiche ed economiche russe passibili di future sanzioni. In pratica è un atto con il quale si mette sotto accusa tutta la classe politica ed economica russa. Quasi l’intero governo russo è compreso nella lista, dal primo ministro Dmitrij Mevdevev al ministro degli esteri Sergej Lavrov. Il presidente Vladimir Putin ha detto ironicamente di sentirsi trascurato per non comparirvi. Mevdevev ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno lanciato una guerra commerciale su larga scala contro la Russia.
È anche in aumento il numero di cittadini russi arrestati all’estero ed estradati negli Stati Uniti: negli ultimi giorni sette russi sono stati arrestati negli Stati Uniti o estradati da altri paesi per essere processati negli Usa. L’ultimo caso è stato quello di Stanilislav Lisov, accusato di aver diffuso un virus informatico che ha creato milioni di dollari di danni a investitori americani. Il governo russo, di fronte a questa ultima estradizione, ha avvertito tutti i cittadini russi che si recano all’estero che possono essere soggetti a tali procedure.
IL MINISTERO della difesa americano ha reso pubblico un documento chiamato Nuclear Posture Review in cui viene dichiarato che l’attuale armamento nucleare non è più in grado di esercitare alcuna deterrenza su quelli che vengono indicati come potenziali avversari degli Stati Uniti: Cina, Russia, Nord Corea e Iran. Viene prevista la costruzione di testate nucleari a bassa potenza che possono distruggere obiettivi circoscritti. Se, per esempio, la Russia che, sem- pre secondo il documento sta costruendo nuove armi atomiche (nuove armi di distruzioni di massa di irachena memoria?), invadesse l’Estonia o la Polonia, armi nucleari a bassa potenza dissuaderebbero la Russia dall’iniziare un vera guerra nucleare con missili intercontinentali. La Lituania e la Polonia non dovrebbero valere per la Russia una guerra nucleare e la Russia sarebbe così dissuasa dalle sue eventuali ambizioni regionali. Un ragionamento alquanto contorto.
Questa ravvicinata sequenza di provvedimenti antirussi sembra suggerire che l’amministrazione Trump, al di là delle sue intenzioni di stabilire una diversa relazione politica con la federazione russa in nome della lotta al terrorismo e al di là delle presunte pressioni russe sulla nomina del presidente, rappresenta l’allinearsi dell’amministrazione repubblicana alla strategia antirussa che era meglio espressa dalla candidata democratica sconfitta nel 2016, Hillary Clinton e che rispecchia comunque il profondo sentimento russofobo della popolazione americana formatosi in cinquanta anni di guerra fredda.
IL 18 MARZO ci saranno le elezioni presidenziali russe: Putin sarà senza alcun dubbio eletto e questi ultimi avvenimenti rafforzeranno la sua candidatura, rendendolo l’unico interprete del patriottismo russo. La Russia sarà sempre più vicina alla Cina, altro bersaglio della nuova dottrina nucleare Usa, annullando il risultato della politica kissingeriana che aveva rotto il blocco comunista che dominava tutta l’Eurasia. L’attuale politica americana ha creato questa nuova alleanza con buona pace degli europei impegnati a non avere una politica estera autonoma dagli Stati Uniti.
La Russia viene spinta sempre più vicina alla Cina, altro bersaglio di Washington Questa per l’Europa è una cattiva notizia