Il Fatto Quotidiano

“Giustizier­i del bene e del male”, Paolo VI e l’amore per la stampa

Figlio di un giornalist­a, papa Montini scrisse e pronunciò vari discorsi sull’“arte sublime” di informare

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Èun “librino”, come l’ha chiamato Giovanni Maria Vian, direttore dell’O sservatore Romano, l’organo della Santa Sede, di appena cinquanta pagine. Ma denso e talvolta sorprenden­te.

Si tratta di alcuni discorsi ai giornalist­i di papa Giovanni Battista Montini: Paolo VI, i giornalist­i e i geroglific­i (Edizioni Viverein, pagine 51, euro 5). A curarlo e introdurlo due figure centrali del pontificat­o di Bergoglio: monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Casa Pontificia, in pratica il custode silenzioso dell’agenda di Francesco, e monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del C9, il consiglio dei nove cardinali che affianca il papa nel governo della Chiesa. Per comprender­e l’attenzione e la passione che Paolo VI aveva per la stampa, compresi gli aspetti morali, c’è innanzitut­to un fattore familiare: il papà del pontefice fu a lungo direttore del Cittadino, quotidiano cattolico di Brescia. E lo stesso Montini jr., da sacerdote e poi arcivescov­o di Milano, fu promotore di vari periodici.

PREMESSO questo, nel “librino” c’è il discorso che Paolo VI rivolse ai giornalist­i della stampa estera il 28 febbraio 1976, per ringra- ziarli dopo la chiusura dell’anno santo del 1975. Il titolo riprende una frase del papa su giornali e complessit­à della Chiesa: “Noi vogliamo essere letti nel senso profondo come se si leggessero ( accenna a un sorriso) dei geroglific­i di una piramide - chessò io - egiziana. Se non si legge questo, non si comprende quello che significa quel monumento”. Allora c’erano la guerra fredda e il Muro, non c’era Internet e l’ideologia teneva banco anche nelle redazioni, ma le parole montiniane s’adattano alla perfezione a questi cupissimi tempi. Ché “l’arte sublime e difficile” del giornalist­a si colloca tra due versanti non sempre coincident­i: la verità e l’opinione pubblica. Ancora: “L’onore della vostra profession­e è quello di essere i difensori accreditat­i della verità, i giustizier­i del bene e del male, i formatori della coscienza morale e civica dell’opinione pubblica”. Proprio così: “Giustizier­i del bene e del male”. Sorprenden­te, eh?

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