Mestiere degli erboristi a rischio per il solito pasticcio all’italiana
Il governo ha predisposto l’abrogazione della legge del ‘31 che ne regola la figura professionale
“Un pasticcio legislativo g r a vi s s imo che cancellerà dalla sera alla mattina una professione riconosciuta 90 anni fa e che, soprattutto, mette a rischio la salute degli italiani”. Angelo Di Muzio, il presidente della Federazione degli erboristi italiani, va dritto al cuore del problema quando racconta quello che potrebbe accadere il 27 febbraio, quando scadrà il termine ultimo per l’emissione del parare del governo contro il decreto legislativo che vuole abrogare la legge 6 gennaio 1931 n. 99, vale a dire la figura dell’erborista.
DAL BUROCRATESE al concreto, la questione si fa seria. Il mestiere che ha reso famoso Maurice Messeguè e il cui studio delle erbe e delle loro proprietà ha radici antichissime che si perdono nella notte dei tempi, rischia di scomparire perchè il governo per aggiornare e liberalizzare la disciplina della coltivazione, della raccolta e del commercio delle piante officinali tra Natale e Capodanno ha presentato un decreto non accorgendosi (“O forse sì, sotto la pressione degli agricoltori”, sottolinea Di Muzio) che tra i primi effetti tangibile c’è la cancellazione improvvisa della professione di erborista prevista proprio dalla legge del 1931.
Il testo del decreto presentato dal Consiglio dei ministri, infatti, non cita mai la parola erborista ma stabilisce che la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione di piante cosiddette medicinali, aromatiche e da profumo, oltre ad alghe, funghi e licheni, siano da considerare attività agricole a tutti gli effetti. Inoltre, sempre secondo il testo, il risultato dell’attività delle singole specie officinali potrà essere direttamente impiegato o sottoposto a tratta- menti di prima trasformazione senza passare dall’erboristeria. E, dunque, chiunque potrà raccogliere, trasformare piante officinali e commercializzare prodotti naturali legalmente senza bisogno di un titolo di studio . Non bisogna, infatti, pensare che l’erborista si trovi solo dietro al bancone di un negozio; è un professionista che presta soprattutto consulenza nel mondo agricolo. Insomma, un vul nus c he mette in crisi non soltanto il commercio nel settore ma anche migliaia di posti di lavoro e persino alcuni corsi di laurea, come quello in Scienze tecniche ed erboristiche, istituiti presso le facoltà di Farmacia in concorso con Medicina ed Agraria.
I numeri sono chiari. In Italia ci sono circa mille aziende specializzate nella trasformazione e commercializzazione di piante officinali e circa 5mila erbori- sterie che generano un giro d’affari di oltre un miliardo di euro, escluso l’i nd ot to . “Le nostre erboristerie – sottolinea Di Muzio – si dovranno confrontare con una concorrenza sempre più despecializzata e senza regole, mettendo in crisi migliaia di lavoratori e le loro famiglie. Non parliamo poi degli oltre 3mila studenti iscritti ai corsi di laurea che si ritroveranno con un pugno di mosche in mano per la perdita del valore del loro titolo di studio conseguito a fronte di ingenti investimenti economici. Con la forte possibilità che gli stessi corsi di laurea vengano chiusi”.
LE CONSEGUENZE, tuttavia, potrebbero diventare persino pericolose. “Provocando l’ingresso di soggetti assolutamente non qualificati”, avvertono gli erboristi, potrebbero esserci gravi ripercussioni per la sicurezza dei consumatori, perché si deve tener conto del fatto che le erbe possono curare molto bene, ma bisogna conoscerne altrettanto bene gli effetti collaterali, che non sono mai nulli. Naturale, infatti, non fa sempre rima con sano. E, come ha avuto modo di spiegare nelle scorse settimane uno studio condotto da un gruppo di farmacologi sudafricani, pubblicato dal The British Journal of Clinical Pharmacology, dal momento che le piante medicinali possono interferire con alcuni farmaci e aver un effetto dannoso per la salute dell’uomo, bisogna sapere che, ad esempio, chi assume ciclosporina ( un farmaco salva vita per chi ha avuto un trapianto di rene) non deve esagerare con la camomilla o con la curcuma. Accorgimenti fondamentali che, fin qui, sono stati sempre dati dagli erboristi.
Per il presidente degli erboristi ritirare il provvedimento è, quindi, “un a t t o d i r esponsabilità delle istituzioni verso una categoria professionale che merita di essere tutelata in quanto portatrice di valori culturali e scientifici maturati nel tempo”. In rete, intanto erboristi e studenti si sono già mobilitati intorno all’hashtag #salvalerborista ed è attiva una raccolta firme che ha già raggiunto 60mila firme per convincere il governo a tornare sui suoi passi.
La sicurezza
Sono pericolose le ripercussioni sulla salute dei consumatori senza controlli tecnici