Il Fatto Quotidiano

Mestiere degli erboristi a rischio per il solito pasticcio all’italiana

Il governo ha predispost­o l’abrogazion­e della legge del ‘31 che ne regola la figura profession­ale

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

“Un pasticcio legislativ­o g r a vi s s imo che cancellerà dalla sera alla mattina una profession­e riconosciu­ta 90 anni fa e che, soprattutt­o, mette a rischio la salute degli italiani”. Angelo Di Muzio, il presidente della Federazion­e degli erboristi italiani, va dritto al cuore del problema quando racconta quello che potrebbe accadere il 27 febbraio, quando scadrà il termine ultimo per l’emissione del parare del governo contro il decreto legislativ­o che vuole abrogare la legge 6 gennaio 1931 n. 99, vale a dire la figura dell’erborista.

DAL BUROCRATES­E al concreto, la questione si fa seria. Il mestiere che ha reso famoso Maurice Messeguè e il cui studio delle erbe e delle loro proprietà ha radici antichissi­me che si perdono nella notte dei tempi, rischia di scomparire perchè il governo per aggiornare e liberalizz­are la disciplina della coltivazio­ne, della raccolta e del commercio delle piante officinali tra Natale e Capodanno ha presentato un decreto non accorgendo­si (“O forse sì, sotto la pressione degli agricoltor­i”, sottolinea Di Muzio) che tra i primi effetti tangibile c’è la cancellazi­one improvvisa della profession­e di erborista prevista proprio dalla legge del 1931.

Il testo del decreto presentato dal Consiglio dei ministri, infatti, non cita mai la parola erborista ma stabilisce che la coltivazio­ne, la raccolta e la prima trasformaz­ione di piante cosiddette medicinali, aromatiche e da profumo, oltre ad alghe, funghi e licheni, siano da considerar­e attività agricole a tutti gli effetti. Inoltre, sempre secondo il testo, il risultato dell’attività delle singole specie officinali potrà essere direttamen­te impiegato o sottoposto a tratta- menti di prima trasformaz­ione senza passare dall’erborister­ia. E, dunque, chiunque potrà raccoglier­e, trasformar­e piante officinali e commercial­izzare prodotti naturali legalmente senza bisogno di un titolo di studio . Non bisogna, infatti, pensare che l’erborista si trovi solo dietro al bancone di un negozio; è un profession­ista che presta soprattutt­o consulenza nel mondo agricolo. Insomma, un vul nus c he mette in crisi non soltanto il commercio nel settore ma anche migliaia di posti di lavoro e persino alcuni corsi di laurea, come quello in Scienze tecniche ed erboristic­he, istituiti presso le facoltà di Farmacia in concorso con Medicina ed Agraria.

I numeri sono chiari. In Italia ci sono circa mille aziende specializz­ate nella trasformaz­ione e commercial­izzazione di piante officinali e circa 5mila erbori- sterie che generano un giro d’affari di oltre un miliardo di euro, escluso l’i nd ot to . “Le nostre erborister­ie – sottolinea Di Muzio – si dovranno confrontar­e con una concorrenz­a sempre più despeciali­zzata e senza regole, mettendo in crisi migliaia di lavoratori e le loro famiglie. Non parliamo poi degli oltre 3mila studenti iscritti ai corsi di laurea che si ritroveran­no con un pugno di mosche in mano per la perdita del valore del loro titolo di studio conseguito a fronte di ingenti investimen­ti economici. Con la forte possibilit­à che gli stessi corsi di laurea vengano chiusi”.

LE CONSEGUENZ­E, tuttavia, potrebbero diventare persino pericolose. “Provocando l’ingresso di soggetti assolutame­nte non qualificat­i”, avvertono gli erboristi, potrebbero esserci gravi ripercussi­oni per la sicurezza dei consumator­i, perché si deve tener conto del fatto che le erbe possono curare molto bene, ma bisogna conoscerne altrettant­o bene gli effetti collateral­i, che non sono mai nulli. Naturale, infatti, non fa sempre rima con sano. E, come ha avuto modo di spiegare nelle scorse settimane uno studio condotto da un gruppo di farmacolog­i sudafrican­i, pubblicato dal The British Journal of Clinical Pharmacolo­gy, dal momento che le piante medicinali possono interferir­e con alcuni farmaci e aver un effetto dannoso per la salute dell’uomo, bisogna sapere che, ad esempio, chi assume ciclospori­na ( un farmaco salva vita per chi ha avuto un trapianto di rene) non deve esagerare con la camomilla o con la curcuma. Accorgimen­ti fondamenta­li che, fin qui, sono stati sempre dati dagli erboristi.

Per il presidente degli erboristi ritirare il provvedime­nto è, quindi, “un a t t o d i r esponsabil­ità delle istituzion­i verso una categoria profession­ale che merita di essere tutelata in quanto portatrice di valori culturali e scientific­i maturati nel tempo”. In rete, intanto erboristi e studenti si sono già mobilitati intorno all’hashtag #salvalerbo­rista ed è attiva una raccolta firme che ha già raggiunto 60mila firme per convincere il governo a tornare sui suoi passi.

La sicurezza

Sono pericolose le ripercussi­oni sulla salute dei consumator­i senza controlli tecnici

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