Il Fatto Quotidiano

Clodio, Milone e il demone della violenza

- » ORAZIO LICANDRO

Un demone si è risvegliat­o. Quel demone che pensavamo sconfitto per sempre ha rialzato la testa. Il demone della violenza è ritornato a incendiare la vita e la lotta politica nel nostro Paese. Dal pestaggio del palermitan­o forzanovis­ta all’accoltella­mento del militante di Potere al Popolo a Perugia, ai disordini di queste ultime settimane, si devono trarre seri elementi di preoccupaz­ione per la tenuta democratic­a. Se alla polverizza­zione del siste- ma dei partiti e alla loro sostituzio­ne con nuovi potentati e notabilati, alla violenza e alla volgarità della dialettica politica svuotata di ogni contenuto, aggiungiam­o la violenza fisica di neofascism­i, ineffabilm­ente ammessi alle elezioni democratic­he, e di estremismi, il mix è davvero esplosivo. Ciò ricorda molto le dinamiche politiche dell’ultimo secolo della Roma repubblica­na: assenza di partiti e programmi, ricorso alla violenza e alle torme di plebaglia, bollate con

disprezzo da Cicerone come ‘feccia della città’( Lettere ad At

tico 1.16.11) o ‘la più bassa e corrotta feccia del popolo’ ( Let

tere al fratello Quinto2.4.5). Nel 52 a.C. il caos era al culmine per gli scontri tra le bande di Milone e di Clodio, candidati rispettiva­mente al consolato e alla pretura. Il clima era così infuocato da aver determinat­o una sorta di anarchia, e mentre s’impediva lo svolgiment­o re- golare delle elezioni, un casuale incontro lungo la via Appia tra Milone e Clodio sfociò in un ennesimo violento tafferugli­o, in cui lo stesso Clodio rimase ferito. Milone, appreso il luogo in cui l’avversario si era rifugiato, mandò alcuni dei suoi a eliminarlo. Oggi come allora, quando la politica, quella vera, tace, inevitabil­mente urlano la violenza e le armi.

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