Il Fatto Quotidiano

Pagava la mafia, insulta il Fatto

Il Caimano contro il libro di Travaglio che cita il verdetto Dell’Utri

- » GIUSEPPE LO BIANCO

La prossima settimana il suo partito potrebbe tornare alla guida del Paese. Contando sulla scarsa memoria dei suoi concittadi­ni il Cavaliere accusa il volume edito da Paper First di infangare il suo nome Eppure è tutto scritto nero su bianco nelle motivazion­i delle sentenze che hanno mandato in carcere il fido Marcello, già tra i fondatori di Forza Italia

Alla convention milanese di Forza Italia Berlusconi l’ha definita “un’infamia” di questo giornale ( chiamandol­o “il Falso Quotidiano”) ma che l’uomo di Arcore ha pagato Cosa Nostra per diciotto anni, dal ’74 al ’92, è un dato ormai cristalliz­zato, come si dice in gergo giudiziari­o, in una sentenza della Cassazione. In un Paese normale la questione avrebbe dovuto sollevare domande e indagini parlamenta­ri e non solo il rilancio mediatico di una “smentita fake” che ha lo stesso sapore della prescrizio­ne “bufala” spacciata per assoluzion­e il giorno della sentenza Andreotti. Nel verdetto emesso nel luglio 2014, a conclusion­e di un’iter giudiziari­o lungo quasi vent’anni chiuso con la condanna di Marcello Dell’Utri a sette anni per concorso esterno in associazio­ne mafiosa, le parole della Suprema Corte non si prestano ad equivoci: D el l ’ Utri, “assicurand­o un costante canale di collegamen­to tra i partecipi del patto di protezione stipulato nel 1974, protrattos­i da allora senza interruzio­ni” garantiva “la continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazio­ne mafiosa in cambio della complessiv­a protezione da questa accordata all’imprendito­re”. Accordo che non cambia per il mutamento nel vertice di Cosa Nostra, con la morte di Stefano Bontade e l’irruzione sulla scena mafiosa dei corleonesi di Totò Riina: “La sistematic­ità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Gaetano Cinà – scrive la Cassazione sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra”. Sentenza che aveva confermato il verdetto di appello emesso l’anno prima che era stato, se possibile, ancora più chiaro: “Berlusconi – hanno scritto i giudici – ha sempre accordato una personale preferenza al pagamento di somme come risoluzion­e preventiva dei problemi posti dalla criminalit­à”.

NELLE 447 PAGINE della sentenza i giudici descrivono Berlusconi come un imprendito­re “mai sfiorato dal proposito di farsi difendere dai rimedi istituzion­ali”, ma pronto a rifugiarsi “so tto l’ombrello della protezione mafiosa, assumendo Mangano e non sottraendo­si mai all’obbligo di versare ingenti somme di denaro alla mafia, quale corrispett­ivo della protezion e”. E fissano l’inizio dell’accordo in un giorno di maggio del 1974, “tra il 16 e il 29” quando Dell’Utri organizza con il mafioso Gaetano Cinà nel proprio ufficio a Milano un incontro che precede di poco l’assunzione di Vittorio Mangano ad Arcore. Quel giorno, davanti ai boss paler- mitani Stefano Bontade, Mimmo Teresi e Francesco Di Carlo, lo sconosciut­o Berlusconi, all’epoca imprendito­re rampante, sigla un “patto di protezione con Cosa nostra”: un contratto che durerà fino al ’92 in virtù del quale – sostengono i giudici – sia i contraenti che il mediatore conseguono “un risultato concreto e tangibile, costituito dalla garanzia della protezione personale” dell’ex premier, “mediante l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo versa a Cosa nostra per mezzo di Dell’Utri”. “Finanziava Cosa Nostra negli anni in cui furono uccise decine di persone delle istituzion­i’’ - ha detto il pm della Dna Nino Di Matteo in un’intervista a El Pais – non è una mia opinione ma un verdetto della Corte Suprema”. Non solo, Berlusconi che paga Cosa Nostra è un dato acquisito da Falcone ed ammesso da Riina: il primo, con la sua inequivoca­bile grafia, aveva appuntato su un bloc notes a quadretti la frase: “Berlusconi dà 20 mln ai Grado (boss trapiantat­i a Milano, ndr )e anche a Vittorio Mangano”. Il secondo, passeggian­do nel carcere di Opera con Alberto Lorusso, dopo avere parlato di “Mubarak” e dei “festini in Sardegna”, gli confidò: “A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi”. Resta da capire se quei soldi sono il costo della più lunga estorsione della storia o se, invece, parte di un colossale riciclaggi­o: finora le inchieste sono state archiviate ma l’opacità dei conti è rimasta. “La scarsa trasparenz­a o l’anomalia di molte delle operazioni finanziari­e effettuate dalla Fininvest negli anni 1975-84 – scrisse il Tribunale presieduto da Leonardo Guarnotta – non hanno trovato smentite nelle conclusion­i del consulente della difesa”. L’unico a fugare quei dubbi avrebbe potuto essere lui, il Cavaliere, ma a palazzo Chigi, il 26 novembre 2002, davanti il Tribunale scelse il silenzio, avvalendos­i della facoltà di non rispondere.

Il ruolo di Dell’Utri “Garantì la continuità dei pagamenti in favore di Cosa nostra in cambio di protezione”

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Ansa Rieccolo Silvio Berlusconi è ripartito alla carica
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Il libro “B. come basta!” di Marco Travaglio, edito da Paper First

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