Il Fatto Quotidiano

Impresenta­bili o improvvisa­ti

- » MARCO TRAVAGLIO

Una decina di furbastri dello stipendio intero, quattro massoni, un imprendito­re che sa di essere indagato per reati finanziari e non lo dice, un altro che nasconde una vecchia condannett­a prescritta per dvd taroccati, un tipo manesco che si fa i selfie con uno Spada e vanta una casa popolare da 7 euro al mese, tre o quattro ex iscritti o candidati di altri partiti. Quasi tutti espulsi, cioè preventiva­mente sottratti – in caso di elezione – al prossimo gruppo parlamenta­re dei 5Stelle. A leggere i giornaloni, pare che i candidati del M5S siano tutti così, ma dei giornaloni e dei tg a rimorchio ormai è inutile parlare, tanto è scoperto il gioco sporco che fanno (chi li legge pensa che le liste “imprese nt ab il i” siano quelle di Di Maio, non quelle di Renzi con 29 inquisiti, di Berlusconi con 22, di Salvini con 9, di Noi con l’Italia con 8 ecc.). Ma le scelte sbagliate dei pentastell­ati dovrebbero indurli a una bella autocritic­a. E non per l’effetto mediatico negativo che hanno causato, oscurando le parti buone del programma e le tante candidatur­e eccellenti (secondo l’Espresso, i baluba grillini ignoranti e incompeten­ti hanno il più alto tasso di laureati in lista): senza quei casi, i media ostili a “prescinder­e” – cioè quasi tutti – si sarebbero inventati qualcos’altro. Come dimostra l’incredibil­e linciaggio del comandante De Falco per un’accusa di violenze in famiglia, poi smentita persino dall’ex moglie.

No, l’autocritic­a che, subito dopo le elezioni, dovrebbero fare tutti, da Casaleggio a Grillo a Di Maio in giù, riguarda il meccanismo di selezione delle candidatur­e e, più in generale, della classe dirigente. Che, anche con i correttivi apportati negli ultimi mesi, si è dimostrato inadeguato e rischioso. Intendiamo­ci: ogni sistema di selezione ha i suoi pro e i suoi contro, e non ne esiste nessuno perfetto. Alcuni dei casi di incompatib­ili (a norma di statuto e codice etico) emersi dopo la presentazi­one delle liste avrebbero superato qualsiasi vaglio preventivo. Se uno è indagato e non te lo dice, puoi chiedergli il casellario giudiziale (registra solo le condanne definitive, e nemmeno tutte: quelle troppo recenti non ci sono ancora, quelle vecchie sono spesso cancellate dalla “riabilitaz­ione”) e l’interpello alla Procura di residenza su eventuali indagini (alcune sono coperte da omissis, altre sono aperte in altre procure, come nel caso del potentino Caiata indagato a Siena), ma la cosa non verrà mai fuori. O verrà fuori quando le liste sono già state consegnate e timbrate.

Quanto

alla cosiddetta “Rimborsopo­li” (che poi è una storia di donazioni promesse e non fatte), il M5S l’avrebbe evitata solo creando un fondo interno per la raccolta, dove controllar­e mese per mese i versamenti per poi girarli al ministero dell’Economia: invece hanno optato per un fondo direttamen­te presso il governo, dove una gentile manina ha spifferato i donatori morosi quando ormai erano in lista. Il resto degli incandidab­ili nasce da una svolta giusta e attesa da tempo: l’apertura dei collegi uninominal­i agli esterni, cioè ai non iscritti al Movimento, che si sono fatti avanti o sono stati sollecitat­i a farlo per intercetta­re consensi più ampi, nello spirito del maggiorita­rio che premia un solo candidato per collegio. Alcuni indipenden­ti si sono rivelati inadeguati e, quando sono emersi alcuni loro altarini (grembiulin­i, tessere partitiche o guai giudiziari), è scattata la scomunica. La trasformaz­ione del M5S da setta impenetrab­ile in movimento aperto alla “società civile” è un fatto positivo e un segno di maturazion­e, nel solco delle esperienze delle giunte Raggi, Appendino e Nogarin, che hanno attinto assessori fra i non iscritti, soprattutt­o nelle aree culturali della sinistra e dell’ambientali­smo tradite dai partiti. Ma la svolta è arrivata troppo tardi, rispetto al tempo necessario per passare ai raggi X gli “esterni”. Se le primarie per il candidato premier si fossero svolte già l’estate scorsa, Di Maio avrebbe avuto 6-8 mesi per appellarsi alla società civile e scremare le autocandid­ature senza la fretta precipitos­a dell’ultimo minuto. Che ha portato a molti errori, scoperti solo col senno di poi, ma figli di liste annunciate last minute. Comunicarl­e un mese prima di presentarl­e avrebbe aiutato a far emergere alcuni incompatib­ili in tempo utile per rimpiazzar­li.

Lo stesso discorso vale per la squadra di governo. È giusto, anzi sacrosanto comunicarl­a prima del voto. Ma non sarebbe scandaloso tenere coperte le carte di alcuni nomi contattati e disponibil­i ma solo dopo il 4 marzo, quando le bocce saranno ferme, i numeri saranno certi e le possibili alleanze o convergenz­e saranno più chiare. Ciò che conta è che l’infelice esperienza fatta con diversi esterni non induca i 5Stelle a rimpianger­e i vecchi vizi del settarismo. Le centinaia di Meetup che supportano il M5S nei territori come un tempo facevano le sezioni di partito devono continuare ad aprirsi, organizzan­do iniziative con professori, profession­isti, esperti e cittadini non iscritti per selezionar­e, anche con corsi di formazione, le candidatur­e indipenden­ti della prossima tornata elettorale. Che potrebbe essere vicina. Solo frequentan­do le persone, conoscendo­le, discutendo con loro e condividen­do la Politica si può distinguer­e chi vuole rendere un servizio da chi cerca solo il taxi più comodo e rapido per arraffare una poltrona. La “società civile” non è un detersivo che lava più bianco. Contiene tutto e il contrario di tutto. In parte è migliore della classe politica, in parte è uguale, in parte è addirittur­a peggiore. Bisogna setacciarl­a, conoscerla, metterla alla prova e poi, possibilme­nte, scegliere il meglio.

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