CHE CI FACCIO ORA COL SANBERNARDO PRESO SU AMAZON?
Emo’ che ci faccio con ’ sto San Bernardo che ho ordinato su Amazon? Sta là e mi guarda, uggiolando e sbavando. So quello che pensa, in quel capoccione: sono un cane San Bernardo selezionato per drammatici ritrovamenti di umani seppelliti da accecanti tormente di neve, andiamo, che stiamo aspettando? Vaglielo a spiegare che non c’è stata nessuna accecante tormenta di neve a San Giovanni né la Nuvola di Fuksas è stata trascinata via dalla furia di una slavina (che poi, tutto ‘sto male non avrebbe fatto) né ad alcuno hanno dovuto amputare le dita dei piedi per congelamento a Porta Portese.
Sono dunque stato precipitoso? Potevo pensarci ancora un po’ prima di cliccare “Acquista con Paypal”? Ma io sono romano. Di sei generazioni. Doc, diciamo. E da sempre qua a Roma, quando qualcuno dice: domani pare che nevica (non venite a cercare congiuntivi da noi), abbiamo una certa tendenza a drammatizzare l’even to “n ev e ”. Probabilmente quando Orazio scrisse l’immortale verso “Vides ut alta stet nives candidum Soractem”, di nives sul monte Soratte ce n’erano sì e no tre centimetri, ma il poeta era vittima della stessa curiosa sindrome. Che poi quelli come me che sentito il Meteo ordinano San Bernardo online, svuotano i supermercati e vanno da Ikea a cercare slitte con le istruzioni per il montaggio (“Ahò, so’ svedesi, se nun ce l’hanno loro…”) ci rimangono male. Perché quando poi vedi che la neve ti arriva si e no ai malleoli, che in un’oretta diventa una pappetta beige e che le pale servono solo agli egiziani per infornare le pizze, un po’ ti dispiace: sotto sotto volevi sentirti intrepido, salvare qualcuno che senza rispetto per l’ordinanza del Comune che blocca tutto compresi gli ascensori, giace sotto la gelida coltre finché non arrivi tu co’ ’sto San Bernardo acquistato su Amazon, che mo’invece non serve a niente, magna come un rinoceronte e quando lo porti a spasso e sgancia, allora sì che serve la pala. E pure grossa.