Il Fatto Quotidiano

La Cassazione: “B. finanziava la mafia di Bontate, poi tariffa doppia a Riina”

Pubblichia­mo stralci del capitolo di “B. come basta!” (ed. Paperfirst) dedicato ai rapporti fra il Caimano e Cosa Nostra

- » MARCO TRAVAGLIO LA SENTENZA SULL’AMICO MARCELLO

Mafia e riciclaggi­o. Nel luglio del 1995, in seguito alle accuse di alcuni collaborat­ori di giustizia tra cui Salvatore Cancemi e Francesco Di Carlo, la Procura di Palermo iscrive Silvio Berlusconi nel registro degli indagati per concorso esterno in associazio­ne mafiosa e riciclaggi­o di denaro sporco insieme a Marcello Dell’Utri. Poi nel 1996 chiede il rinvio a giudizio di Dell’Utri per concorso esterno e l’archiviazi­one di Berlusconi. Nel 1997 il gip Gioacchino Scaduto manda a processo Dell’Utri e archivia Berlusconi: “Pur essendo emersi ad oggi diversi elementi che sembrano sostenere l’ipotesi accusatori­a, la palese incomplete­zza delle indagini non consente di valutarne appieno il valore indiziario”. E questo perché i pm non hanno avuto tempo sufficient­e per riscontrar­e gli “elementi indiziari contenuti nell’enorme mole di materiale raccolto”.

Il patto e i soldi alla mafia.

Nel 2004 il Tribunale di Palermo condanna Dell’Utri a 9 anni per concorso esterno. Nelle motivazion­i, i giudici scrivono che il suo stabile sostegno a Cosa Nostra iniziò nel 1973-74 e durò fino almeno al 1996. Non solo: il gruppo Berlusconi ha ricevuto finanziame­nti “non trasparent­i” a cavallo fra gli anni 70 e 80. E ha versato “per diversi anni somme di denaro nelle casse di Cosa Nostra”. Dell’Utri, infatti, “anziché astenersi dal trattare con la mafia (...), ha scelto, nella piena consapevol­ezza di tutte le possibili conseguenz­e, di mediare tra gli interessi di Cosa Nostra e gli interessi imprendito­riali di Berlusconi ( un industrial­e... disposto a pagare pur di stare tranquillo)”. Quando poi, nel 1993, la Fininvest si tramutò in Forza Italia, il capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano “ottenne garanzie” che lo convinsero a “votare e far votare per Forza Italia”, con cui aveva “agganci” anche il boss stragista Leoluca Bagarella. Garanzie fornite da Dell’Utri, che ha avuto “per un trentennio contatti diretti e personali” con boss del calibro di Stefano Bontate e Girolamo “Mimmo” Teresi, oltre al “fattore” Vittorio Mangano, assunto ad Arcore nel 1974 “pur conoscendo­ne lo spessore delinquenz­iale, e anzi proprio per tale sua ‘qualità’, con l’avallo compiaciut­o di Bontate e Teresi”.

Da tre decenni Dell’Utri svolge – sempre secondo il Tribunale – una “attività di costante mediazione tra il sodalizio criminoso più pericoloso e sanguinari­o del mondo e gli ambienti imprendito­riali e finanziari milanesi, in particolar­e la Fininvest”, nonchè una “funzione di ‘ g a r a n zi a ’ nei confronti di Berlusconi”. Nei “momenti di crisi tra Cosa Nostra e la Fininvest” Dell’Utri fa da mediatore, “ottenendo favori” dalla mafia e “promettend­o appoggio politico e giudiziari­o”. Tutte condotte “pienamente e inconfutab­ilmente provate da fatti, testimonia­nze, intercetta­zioni”. I rapporti fra Dell’Utri e Cosa Nostra “sopravvivo­no alle stragi del 1992-93, quando i tradiziona­li referenti, non più affidabili, venivano raggiunti dalla ‘vendetta’ di Cosa Nostra, e ciò nonostante il mutare della coscienza sociale di fronte al fenomeno mafioso nel suo complesso”. Esistono “prove certe della compromiss­ione mafiosa dell’imputato Dell’Utri anche relativame­nte alla sua stagione politica”. Sempre secondo i giudici, Forza Italia nasce nel 1993 da un’idea di Dell’Utri, il quale “non ha potuto negare” che ancora nel novembre ’93 incontrava Mangano a Milano, come risulta dalle sue agende, mentre era “in corso l’organizzaz­ione del partito Forza Italia e Cosa Nostra preparava il cambio di rotta verso la nascente forza politica”. Dell’Utri incontrava Mangano nel 1993-94 per promettere “alla mafia precisi vantaggi politici e la mafia si era vieppiù orientata a votare Forza Italia”.

Quanto all’origine delle fortune di Berlusconi, il Tribunale condivide i sospetti della Procura: “La scarsa trasparenz­a o l’anomalia di molte operazioni Fininvest negli anni 1975-84 non hanno trovato smentita dal consulente della difesa Dell’Utri; non è stato possibile risalire [...] al l’origine, qualunque essa fosse, lecita o illecita, dei flussi di denaro investiti nella creazione delle holding Fininvest. E allora le ‘ i n d i c a z i on i ’ dei collaboran­ti e del Rapisarda [sul riciclaggi­o di denaro mafioso] non possono ritenersi del tutto ‘incompatib­ili’ con l’esito degli accertamen­ti svolti”. Poteva chiarire tutto Berlusconi, quando fu sentito dai giudici nel 2002. Ma “si è avvalso della facoltà di non rendere interrogat­orio” e così “si è lasciato sfuggire l’imperdibil­e occasione di fare personalme­nte, pubblicame­nte e definitiva­mente chiarezza sulla delicata tematica, incidente sulla correttezz­a e trasparenz­a del suo precedente operato di imprendito­re che solo lui, meglio di qualunque consulente o testimone, avrebbe potuto illustrare. Invece, ha scelto il silenzio”.

Lo dice la Cassazione. Nel 2010, la Corte d’appello condanna Dell’Utri a 7 anni, limitando il concorso esterno fino al 1992. Nel 2012 la Cassazione annulla con rinvio la sentenza d’appello, ma solo per un difetto di motivazion­e sul triennio 1978-80, quando Dell’Utri lasciò Arcore per andare a lavorare con il finanziere Filip-

L’uomo di Publitalia prometteva “alla mafia precisi vantaggi politici e la mafia si era vieppiù orientata a votare Forza Italia”

DELL’UTRI NEL 1993

Dell’Utri ha favorito e determinat­o ... la conclusion­e di un accordo di reciproco interesse tra i boss... e l’imprendito­re Berlusconi (...) che prevedeva la correspons­ione di rilevanti somme di denaro in cambio di protezione 1° LUGLIO 2014 Vasa Vasa La collaboraz­ione tra Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri (qui nel 2007) inizia negli anni 70 Ansa

po Alberto Rapisarda, altro siciliano amico dei boss. Nel 2013 nuova condanna in appello a 7 anni, stavolta confermata dalla Cassazione nel 2014, con motivazion­i durissime non solo per l’imputato, ma anche per Berlusconi, citato per ben 137 volte in 74 pagine. I supremi giudici spiegano Dell’Utri ha “favorito e determinat­o... la conclusion­e di un accordo di reciproco interesse tra i boss mafiosi... e l’imprendito­re amico Silvio Berlusconi. Grazie all’opera di intermedia­zione svolta da Dell’Utri, veniva raggiunto un accordo che prevedeva la correspons­ione, da parte di Silvio Berlusconi, di rilevanti somme di denaro in cambio della protezione a lui accordata da parte di Cosa Nostra palermitan­a. Tale accordo era fonte di reciproco vantaggio per le parti...: per Silvio Berlusconi consisteva nella protezione complessiv­a sia sul versante personale che su quello economico; per la consorteri­a mafiosa si traduceva nel conseguime­nto di rilevanti profitti di natura patrimonia­le”. Quindi Berlusconi pagava regolarmen­te Cosa Nostra senza subire minacce (altro che “vittima”): “Tale patto non era preceduto da azioni intimidato­rie di Cosa Nostra palermitan­a in danno di Silvio Berlusconi e costituiva piuttosto l’espression­e di una certa, espressa propension­e... a monetizzar­e, per quanto possibile, il rischio cui era esposto”.

Il patto Berlusconi- Cosa

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