CRITICHE INUTILI A SALVINI “SANTO” CHI LO PRENDE MAI SUL SERIO?
C’è qualcosa di ancora più comico di Matteo Salvini che con una mano brandisce il Vangelo e con l’altra sventola un rosario sul palco leghista di Milano. Sono coloro che sui giornali, a vario titolo, manifestano disapprovazione, dissenso, disgusto, ignari o inconsapevoli che, piaccia o meno il mood dominante nel mondo (non solo elettorale) in cui viviamo è il disincanto. Termine che ha lo stesso prefisso dis, ma è molto più autentico e soprattutto divertente.
FU CORRADO Guzzanti, nella irresistibile parodia di Fausto Bertinotti (quello che faceva cadere il governo Prodi per fargli gli scherzi) tra i primi a capire che l’unica possibile rappresentazione di una politica in forte crisi di credibilità era il superamento sa- tirico della illusione della politica come una cosa seria. Che, intendiamoci, seria dovrebbe essere visto che da essa dipendono la sorti della democrazia e dunque i nostri destini. Ma che oggi l’autopromozione elettorale, emulsionata dalla centrifuga
social riduce spesso a puro intrattenimento spassoso. Ovvero: vediamo cosa s’inventano questi venditori di pentole per venderci le loro pentole.
Quando, per dire, il personaggio Vanna Marchi diventa più importante dei suoi filtri magici anche il repertorio dei Matteo Vanna Marchi deve adeguarsi sparandola sempre più grossa. Uno che vuole risolvere i problemi del fisco tassando le prestazioni delle puttane e che (insieme all’altro esperto Onu Berlusconi) pretende che 600mila immigrati irregolari vengano qui e subito restituiti ai paesi d’origine, l’altro giorno si è venduto l’imminente ascesa - praticamente cosa fatta - a palazzo Chigi.
Sentendosi probabilmente Napoleone ha pensato che, in assenza del Papa poteva intanto autoincoronarsi: infatti posteggiata la ruspa si è portato avanti col lavoro armeggiando con un rosario. Più che abuso delle radici cristiane un normale delirio di onnipotenza. Se in alcuni casi ci vorrebbe un medico, in altri uno s’interroga sulle fervide menti pagate ( si presume profumatamente) per mandare in vacca l’immagine dei propri clienti.
PER ESEMPIO, i manifesti con lo slogan: “Prima gli Italiani”, che gli esperti di Matteo Bonaparte hanno popolato di modelli biondi e con gli occhi azzurri: tutti, dispiace per i suprematisti padani, di pura razza ceca e slovacca. Oppure lo strepitoso spot dell’elettore deluso dal Pd (“io non lo voto più”) angariato in auto dalla fervente famigliola Pd quando dal nulla spunta lui, il Matteo di Rignano in bici che con la boccuccia suadente gli sussurra: “pensaci dai” ( e chissà se il babbo lo prenderà alla lettera scaricando i cari molestatori in un fosso).
Poi c’è chi preferisce il fai da te, come la sindaca Raggi che ha pensato bene di presenziare alla conferenza del clima nell’assolato Messico proprio mentre Roma è ricoperta di neve. Certo, se anche fosse rimasta in Campidoglio non sarebbe cambiato molto in una città da sempre impre- parata alle intemperie, ma l’opportunità era troppo ghiotta perché su giornali e telegiornali non apparisse il titolo (che si porta sempre come il grigio): “Caos Cinque Stelle”. A sentire i sondaggisti, niente paura: a una settimana dal voto chi doveva scegliere ha scelto e quanto agli indecisi non si faranno certo condizionare da uno spot più o meno idiota. Con buona pace del ridanciano Bertinotti di Guzzanti che invitava a scegliere “più che l’usato utile il voto dilettevole”.
Il mood dominante ormai è il disincanto: nessuno pensa alla politica come una cosa seria I venditori di pentole, d’altronde, vendono pentole