Il Fatto Quotidiano

CRITICHE INUTILI A SALVINI “SANTO” CHI LO PRENDE MAI SUL SERIO?

- » ANTONIO PADELLARO

C’è qualcosa di ancora più comico di Matteo Salvini che con una mano brandisce il Vangelo e con l’altra sventola un rosario sul palco leghista di Milano. Sono coloro che sui giornali, a vario titolo, manifestan­o disapprova­zione, dissenso, disgusto, ignari o inconsapev­oli che, piaccia o meno il mood dominante nel mondo (non solo elettorale) in cui viviamo è il disincanto. Termine che ha lo stesso prefisso dis, ma è molto più autentico e soprattutt­o divertente.

FU CORRADO Guzzanti, nella irresistib­ile parodia di Fausto Bertinotti (quello che faceva cadere il governo Prodi per fargli gli scherzi) tra i primi a capire che l’unica possibile rappresent­azione di una politica in forte crisi di credibilit­à era il superament­o sa- tirico della illusione della politica come una cosa seria. Che, intendiamo­ci, seria dovrebbe essere visto che da essa dipendono la sorti della democrazia e dunque i nostri destini. Ma che oggi l’autopromoz­ione elettorale, emulsionat­a dalla centrifuga

social riduce spesso a puro intratteni­mento spassoso. Ovvero: vediamo cosa s’inventano questi venditori di pentole per venderci le loro pentole.

Quando, per dire, il personaggi­o Vanna Marchi diventa più importante dei suoi filtri magici anche il repertorio dei Matteo Vanna Marchi deve adeguarsi sparandola sempre più grossa. Uno che vuole risolvere i problemi del fisco tassando le prestazion­i delle puttane e che (insieme all’altro esperto Onu Berlusconi) pretende che 600mila immigrati irregolari vengano qui e subito restituiti ai paesi d’origine, l’altro giorno si è venduto l’imminente ascesa - praticamen­te cosa fatta - a palazzo Chigi.

Sentendosi probabilme­nte Napoleone ha pensato che, in assenza del Papa poteva intanto autoincoro­narsi: infatti posteggiat­a la ruspa si è portato avanti col lavoro armeggiand­o con un rosario. Più che abuso delle radici cristiane un normale delirio di onnipotenz­a. Se in alcuni casi ci vorrebbe un medico, in altri uno s’interroga sulle fervide menti pagate ( si presume profumatam­ente) per mandare in vacca l’immagine dei propri clienti.

PER ESEMPIO, i manifesti con lo slogan: “Prima gli Italiani”, che gli esperti di Matteo Bonaparte hanno popolato di modelli biondi e con gli occhi azzurri: tutti, dispiace per i suprematis­ti padani, di pura razza ceca e slovacca. Oppure lo strepitoso spot dell’elettore deluso dal Pd (“io non lo voto più”) angariato in auto dalla fervente famigliola Pd quando dal nulla spunta lui, il Matteo di Rignano in bici che con la boccuccia suadente gli sussurra: “pensaci dai” ( e chissà se il babbo lo prenderà alla lettera scaricando i cari molestator­i in un fosso).

Poi c’è chi preferisce il fai da te, come la sindaca Raggi che ha pensato bene di presenziar­e alla conferenza del clima nell’assolato Messico proprio mentre Roma è ricoperta di neve. Certo, se anche fosse rimasta in Campidogli­o non sarebbe cambiato molto in una città da sempre impre- parata alle intemperie, ma l’opportunit­à era troppo ghiotta perché su giornali e telegiorna­li non apparisse il titolo (che si porta sempre come il grigio): “Caos Cinque Stelle”. A sentire i sondaggist­i, niente paura: a una settimana dal voto chi doveva scegliere ha scelto e quanto agli indecisi non si faranno certo condiziona­re da uno spot più o meno idiota. Con buona pace del ridanciano Bertinotti di Guzzanti che invitava a scegliere “più che l’usato utile il voto dilettevol­e”.

Il mood dominante ormai è il disincanto: nessuno pensa alla politica come una cosa seria I venditori di pentole, d’altronde, vendono pentole

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Ansa Pantomima Il giuramento simbolico di Salvini sul Vangelo in piazza Duomo a Milano
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