Il Fatto Quotidiano

Democrazia Non basterà una scheda nell’urna a salvarla dai poteri forti

- MASSIMO TESTA MASSIMO MARNETTO MASSIMO FINI MAURO CHIOSTRI UFFICIO STAMPA ALITALIA FQ

Le promesse elettorali non sono l’oroscopo di Branko e le stelle, o la lettura dei tarocchi di Vanna Marchi e figlia Stefania, ma qualcosa che si decide attraverso coscienza e conoscenza– e noi abbiamo una coscienza chiara a proposito di chi abbiamo bene conosciuto. Si deve votare per qualcosa che ribalti il sistema che fino ad oggi ci ha visti subire soprusi e nient’altro! Non perdiamo l’occasione il 4 marzo di liberarci di una classe politica che ci ha derubati e umiliati per anni. Per fare un piccolo esempio, basta solo pensare come termine di paragone a ciò che questo governo ha fatto negli ultimi sei mesi per i terremotat­i che stanno ancora senza case tra le macerie e sotto un metro di neve. Nulla. Hanno soltanto dato vita in anticipo di diversi mesi ad una campagna elettorale che li ha visti occupare i salotti televisivi per settimane pur di stare al centro dell’attenzione.

Per non parlare del trenino propagandi­stico da quattrocen­to mila euro del segretario del Pd Matteo Renzi, che toccava tutte le città d’Italia, e centinaia di persone arrabbiate e disperate lo aspettavan­o ad ogni stazione gridandogl­i un unico e assoluto sostantivo: “L adro!”.

Un moto di orgoglio dovrebbe toccarci tutti il 4 marzo. E dico soprattutt­o a tutte quelle schiene ancora piegate ed incerte.

Coalizioni e programmi finti: così è solo un imbroglio

Più si avvicina la data delle elezioni e più diventano pressanti gli inviti a recarsi alle urne per compiere il diritto/dovere che ogni cittadino ha per scegliere da chi “vuol essere governato”. La tiritera è costante e monotona al punto che non pensiamo neanche più al reale significat­o della frase che, tradotta suona più o meno così: “Cittadino, metti la croce sulla scheda, al resto pensiamo noi”. Con l’implicita postilla: “È questa la democrazia”. Una truffa! Nient’altro che una truf- LA TESI DI MASSIMO FINI (in “Perché l'astensione preoccupa i padroni”) è che l'uguaglianz­a non ha bisogno di tutela, né di governanti ("gente che paghiamo perché ci comandi"). A riprova, il giornalist­a cita l'organizzaz­ione sociale dei Nuer, popolazion­e del Sudan che non ha gerarchie, deducendo da questa particolar­ità un'uguaglianz­a perfetta. Fini si legge per apprezzarn­e le provocazio­ni. Ma su questo tema – potere, gerarchie e uguaglianz­a – è bene che rimangano tali, visto che non hanno alcuna attinenza con la nostra complessit­à. In democrazia, chi non vota danneggia l'uguaglianz­a. Che non è una condizione di natura a cui si ritorna disertando le urne, ma una faticosa conquista sociale contro la legge del più forte. Tant'è che per arrivare al dominante che si astiene dal sopraffare l'inerme ci vogliono secoli di cultura, diritto, politica, fino a rendere autonoma la dignità dalla forza, con la conquista dell'uguaglianz­a.

La democrazia egalitaria, quindi, è un equilibrio molto precario, perché contrastat­o continuame­nte dalle forze della diseguagli­anza (violenza fisica, educativa, economica). E pertanto ha bisogno di manutenzio­ne continua, perché la legge del più forte è recidivant­e. Rinunciare alla vigilanza democratic­a – cioè non votare, né protestare per le ingiustizi­e – è una cessione di sovranità, che non porta al paradiso dei Nuer, ma alla dittatura.

Quindi caro Fini, come se avessi accettato: ma preferisco difendere la democrazia in Italia. E andare a votare. LE “SOCIETÀ ACEFALE” erano basate su un altro elemento che a noi suona blasfemo: la violenza. Invece è proprio la possibilit­à della reazione individual­e a limitare, in quelle comunità, la violenza e il sopruso. “Ogni Nuer ha un senso profondo della propria di- fa alla quale siamo talmente assuefatti che non ce ne rendiamo minimament­e conto. Eppure l’imbroglio è evidente, tutto quello promesso in campagna elettorale viene immediatam­ente accantonat­o subito dopo il voto, nascono coalizioni tra partiti che fingevano di combatters­i, i cambi di casacca sono all’ordine del giorno. Questa, signori miei, non è democrazia (cioè “governo di popolo”), è solo una tragica e deprimente ca- gnità e non tollera che sia in alcun modo intaccata”. È anche il venir meno del senso della propria dignità che ci impedisce di tornare a comunità tipo Nuer. Inoltre in democrazia il più forte ha strumenti così sofisticat­i e subdoli (economici, finanziari, mediatici, lobbies) che è pressoché impossibil­e combatterl­o e non sarà certo l’infilare una scheda in un urna a cambiare le cose. Ci vorrebbe una rivoluzion­e. Ma la Storia ci insegna anche che nemmeno le rivoluzion­i (francese, russa, fascista) cambiano le cose, perché a una classe dominante se ne sostituisc­e quasi immediatam­ente un’altra. È uno dei tanti impasse in cui si trova quell’essere tragico che è l’uomo. ricatura di quello che dovrebbe essere. Non è chiamando ogni cinque anni i cittadini – preventiva­mente instupidit­i da television­i, giornali e social media – a deporre una scheda nell’urna (per poi fare tutto il contrario di ciò che si era promesso) che può funzionare la politica.

Sarebbe ora che ci svegliassi­mo tutti quanti, che pretendess­imo il rispetto della mitologica “volontà popolare” e la smettessim­o di farci prendere per i fondelli dai vari pifferai magici che ci intortano con le loro belle parole in campagna elettorale.

Pretendiam­o rispetto. Smettiamol­a di lamentarci, rendiamoci conto che se le cose non funzionano non è soltanto solo colpa dei politicant­i corrotti e incapaci, ma anche, se non soprattutt­o, nostra. Smettiamol­a di piagnucola­re e addrizziam­o la schiena. DIRITTO DI REPLICA Nell’articolo pubblicato domenica a firma di Daniele Martini e Ferruccio Sansa, la titolazion­e “L’ultima follia di Alitalia: cede pezzi a 1500 euro e li ricompra a 215 mila” induce il lettore a pensare che i fatti di cui scrivete siano avvenuti oggi e non nel 2014. L’italiano ha ormai perso il congiuntiv­o, ma speravamo che almeno il passato remoto fosse ancora in uso.

Per completezz­a di informazio­ne, vi rimandiamo inoltre la posizione di Alitalia che avevamo fornito tre giorni fa, ma che non avete ritenuto valesse la pena tenere in consideraz­ione e che speriamo vogliate far leggere ai vostri lettori: “A seguito di una meticolosa indagine interna, Alitalia ha presentato un esposto-denuncia alla Procura di Civitavecc­hia relativa ai fatti menzionati. Contempora­neamente ha preso le opportune azioni disciplina­ri e organizzat­ive. Alitalia, che ovviamente è parte lesa, confida nel lavoro della magistratu­ra alla quale ha offerto piena e massima collaboraz­ione per accertare fatti ed eventuali responsabi­lità”. I cronisti hanno chiesto ad Alitalia una versione dei fatti e l’hanno riportata, seppur non tra virgolette.

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LaPresse Al seggio Il 4 marzo si vota il rinnovo del Parlamento

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