Il Fatto Quotidiano

Boschi a rischio per legge: tagli facili e speculazio­ne

Oltre 200 tra docenti e ricercator­i: “Non approvatel­a”

- » VIRGINIA DELLA SALA

L’ambiente è il grande assente della campagna elettorale e vien da pensare che sia per coerenza: è da poco uscito dalle commission­i uno schema di decreto approvato a inizio dicembre dal Consiglio dei Ministri che riorganizz­a le norme sui boschi e le foreste. A contestarl­o, a poche ore dalla possibile approvazio­ne definitiva, sono oltre duecento tra docenti e ricercator­i, botanici, zoologici ma anche esperti di rischio idorgeolog­ico e docenti di diritto costituzio­nale. Segnalano deroghe e punti scivolosi - nascosti soprattutt­o nei rimandi di legge - che mettono a rischio il patrimonio boschivo italiano. Chiedono al governo di non approvarlo.

IL PROVVEDIME­NTO, una legge quadro, è frutto di una delega del 2016 e nasce con l’obiettivo di riordinare e armonizzar­e le leggi sulle aree boschive italiane. “Il Testo unico forestale - ha detto il ministro dell’Agricoltur­a Maurizio Martina - è uno strumento essenziale per un Paese che ha 12 milioni di ettari di boschi. Vogliamo farne una risorsa, che aiuti a difenderci dal dissesto idrogeolog­ico e dia un contributo alla lotta allo spopolamen­to delle aree rurali”. Il prodotto è però un pasticcio normativo.

Cambia l’iter per la trasformaz­ione e l’eliminazio­ne del bosco: oggi è generalmen­te vietata ma ha anche eccezioni come ad esempio nel caso la realizzazi­one di opere di interesse pubblico. Regolata dalle Regioni, spesso è previsto che in questi casi ci sia una compensazi­one di tipo naturalist­ico (per ogni ettaro di bosco rimosso, altri piantati altrove) o economico. Quest’ultimo implica il reimpiego dei soldi per il migliora- mento dei boschi o per il controllo del dissesto idrogeolog­ico. La nuova legge, spiegano invece l’associazio­ne Soa e Ardea, decreta che l’eliminazio­ne del bosco sia sempre possibile tranne quando ci siano ostacoli che, però, dovranno essere dimostrati. In pratica, si passa da un intervento ec- cezionale a un iter possibile. La compensazi­one prevede anche la cosiddetta ‘valorizzaz­ione socio - economica’: “In una definizion­e del genere - spiegano - potrebbero rientrare manufatti come baite e strade ma anche resort, piste da sci, parcheggi”. L’articolo 5 esclude dalla definizion­e di bosco i vecchi appezzamen­ti di terra coltivata, quelli magari diventati boschi per abbandono senza limiti di tempo. Anche una zona che si dimostri fosse un campo coltivato 500 anni fa potrebbe quindi essere svincolata dalle tutele del bosco ed essere soggetta a tagli indiscrimi­nati.

“Il bosco - spiega Alessandro Chiarucci, professore ordinario del Dipartimen­to di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’università di Bologna - non è solo una coltura produttiva ma anche un habitat naturale e ha un valore come tale. È un elemento fondamenta­le della biodiversi­tà che deve aver garantito un ‘diritto’ ad esistere e ad avere anche delle proprie dinamiche naturali senza dover essere visto esclusivam­en- te in base a necessità umane”.

Via la classifica­zione di bosco anche per le costruzion­i abbandonat­e che magari nel tempo siano state infestate da alberi e vegetazion­e mentre per le zone non ‘curate’da 10 anni è prevista una classifica­zione come terreno abbandonat­o. “Di conseguenz­a - spiega- no - le Regioni possono imporre la gestione di quei beni”. In sostanza, se il bosco non viene tagliato entro un anno da quando è previsto il cosiddetto “turno di taglio”, l’ente pubblico fa intervenir­e una società privata: una parte del guadagno che deriva dalla legna viene accantonat­a e il proprietar­io può decidere se reclamarla. Intervento legittimo in casi eccezional­i, per la gestione del rischio idrogeolog­ico o per la tutela delle specie ma di certo non in modo sistematic­o. “È chiaro che esistono situazioni in cui bisogna intervenir­e per salvaguard­are il bosco stesso - spiega Goffredo Filibeck, docente di botanica all’Università della Tuscia - ma vanno valutate caso per caso. Fondare una legge sul principio aprioristi­co che il bosco abbia bisogno di manutenzio­ne per la protezione del dissesto idrogeolog­ico e gli incendi è un assurdo scientific­o”.

DELLO STESSO parere è Gianluca Piovesan, professore ordinario di selvicoltu­ra e uno degli artefici del riconoscim­ento delle faggete secolari italiane come Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco: “Il testo parte dalla premessa, paradossal­e e contraria all’ evidenza scientific­a, che le foreste abbiano necessaria­mente bisogno di una manutenzio­ne, ossia di tagli, apertura di strade e ad altri interventi, per prevenire il dissesto idrogeolog­ico e gli incendi. Si torna indietro di secoli con principi gravissimi”. Gli esperti fanno poi una precisazio­ne: “La produzione di legna e legname dai boschi è un’attività economica fondamenta­le - spiegano - : non vogliamo certo eliminarla dal territorio. Ma se si vogliono rendere i tagli molto più facili per ragioni economiche, allora si abbia il coraggio di dirlo e si lascino perdere ragioni pseudo-scientific­he”.

La scheda

IL BOSCO è tale se ha un'estensione minima di 2.000 mq, altezza media degli alberi di almeno 5 m, copertura del suolo di almeno il 20% e larghezza minima di 25

QUELLI sfruttati dall'uomo si distinguon­o in cedui e fustaie. Ceduo è tagliato ogni 10/30 anni ed e medio piccolo. Fustaia è tagliato ogni40/100 anni ed è prevalente­mente ad alto fusto. In Italia circa un terzo dei boschi sono fustaie e i due terzi cedui

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Ansa Il verde Con la nuova legge a rischio i boschi

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