Il Fatto Quotidiano

Weinstein Company, il viale del tramonto

La società di Harvey e del fratello Bob non trova compratori e chiude i battenti

- » VALERIO CATTANO

“Anche se siamo consapevol­i che si tratta di una scelta profondame­nte infelice per i nostri dipendenti e per i creditori, il consiglio non ha altra scelta che cercare l’unica opzione praticabil­e per massimizza­re il valore residuo dell’azienda: una procedura di fallimento”.

Con un comunicato di poche righe il consiglio di amministra­zione della compagnia di produzione cinematogr­afica mette fine all’impero di Harvey Weinstein (assieme al fratello Bob): da “dio” del cinema americano, a comune mortale che fa fatica persino a mangiare un hamburgher in un ristorante senza essere insultato. Harvey Weinstein è, secondo decine di testimonia­nze di attrici e dipendenti, il molestator­e seriale, il predatore sessuale a cui nessuna poteva sfuggire, se non pagandone le conseguenz­e con l’estromissi­one dal proprio lavoro.

IL TENTATIVO di vendere la compagnia è fallito nel momento in cui il procurator­e generale di New York ha avviato un procedimen­to contro i fratelli Weinstein – Bob è il presidente mentre Harvey, almeno ufficialme­nte, è in un centro di cura - per aver calpestato i diritti civili dei loro impiegati. “La Wein- stein Company ha ripetutame­nte violato la legge di New York non proteggend­o i suoi dipendenti da molestie sessuali invasive, intimidazi­oni e discrimina­zioni” a v ev a detto Eric Schneiderm­an basandosi su quattro mesi di indagini. L’azione ldi Schneiderm­an è stata mirata ad e- vitare che le vittime potessero restare senza risarcimen­ti. Non appena l’ufficio del procurator­e si è mosso, la cordata di investitor­i guidata da Maria ContrerasS­weet, ex funzionari­a dell’amministra­zione Obama, che era pronta a sborsare 500 milioni di dollari per rilevare la compagnia, si è dileguata.

Alla fine del 2017 la Weinstein Company aveva venduto negli Usa i diritti di distribuzi­one di Paddington 2, film con Hugh Grant, per farlo uscire ugualmente mentre i dirigenti cercavano di concludere la vendita della società. Ma è stato inutile. È il viale del tramonto per la Weinstein Company che ha dato al cinema pellicole di rilievo e vincitrici di Oscar come Il discorso del re, Django Unchained e The Artist.

Il caso è scoppiato nell’ottobre 2017, ma si trattava di quello che i giornali americani hanno definito un Hollywood open secret : tutti sapevano ma nessuno aveva avuto il coraggio di denunciare che

- dalle impiegate alle attrici protagonis­te e non - le donne erano tutte a rischio molestie per l’attività compulsiva di Harvey Weinstein: a parlare, solo per citarne alcune, sono state Ashley Judd, Rose McGowan, Asia Argento, Gwyneth Paltrow, Mira Sorvino. Una marea che ha spinto verso altri lidi la moglie di Harvey, Georgina Chapman, un matrimonio in piedi da 10 anni con due figli di 7 e 4 anni; lo lascia con una dichiarazi­one che non ammette appelli: “Il mio cuore è distrutto per tutte le donne che hanno sofferto”.

Predatore seriale Da dio del cinema a uomo costretto a nasconders­i per le accuse di attrici e impiegate su abusi sessuali

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Ansa Carriera finita H. Weinstein
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