Apple, il morso alla mela l’ha dato l’imperatore Xi
Al governo di Jinping i dati personali di un miliardo 300 milioni di utenti
Non è proprio la resa del Bene al Male, e tanto meno la vittoria di San Giorgio sul Drago: non è né un apologo né un’allegoria. È una storia d’affari e di realismo, un calcolo d’interesse tra il meno – il dare i dati – e il più – restare nel mercato cinese. L’Apple è un gigante dell’informatica ed è pure un’icona della libertà d’informarsi e di comunicare, ma il miliardo e 300 milioni di potenziali clienti cinesi sono una potente calamita.
Così, l’azienda che fu fondata da Steve Jobs accetta di consegnare alla Cina, entro fine mese, i dati degli utenti cinesi che usano il servizio iCloud, la ‘nuvola’ su cui conservare file, foto, sms, email. Significa sicuramente compromettere la privacy degli utenti nei confronti delle autorità cinesi.
La “nuvola”
Il server sarà gestito da Cloud Big Data, società con stretti legami con il Partito Comunista
MA C’È la necessità di adeguarsi alle leggi sulla cybersicurezza cinesi: prevedono che i dati siano memorizzati su server fisicamente localizzati nella Repubblica popolare cinese, e non più – come finora avvenuto - su server statunitensi. È probabilmente un caso che la decisione della Apple coincida con l’annuncio, da parte della Cina, di una riforma della Costituzione che cancella il limite di due mandati presidenziali quinquennali e consecutivi: Xi Jinping, l’attuale presidente, uscito più potente che mai dal congresso del Partito a novembre, non dovrà, quindi, farsi da parte alla fine del suo secondo mandato, che sta per iniziare. La conferma di Xi a marzo da parte del Comitato del Popolo, il Parlamento cinese, è una formalità. Può anche darsi che Xi stia esercitando una positiva influenza sulla Corea del Nord, come dice ora il presidente Trump, che fino a poco tempo fa gli rimproverava di tenere bordone a Pyongyang – adesso, lo farebbe Mosca -. Di certo, Xi prende a prestito dai Kim la nozione di ‘presidente eterno’, cara alla dinastia dittatoriale comunista nord-coreana.
Al mondo degli affari, la novità non sembra dispiacere: alle borse di Shanghai e di Shenzhen, i titoli delle società con nomi legati ai termini ‘imperatore’ o ‘re’ fanno un balzo in avanti, adesso che Xi più che un presidente appare, appunto, un ‘imperatore’, nella tradizione cinese. Vanno forte aziende d’ogni genere, elettroniche, meccaniche, agro-alimentari,