Il Fatto Quotidiano

Ivory: “L’Italia e 10 dollari in tasca”

Le vostre facce sono nate per il cinema”

- » MICHELE DIOMÀ

IL GRANDE REGISTA“

MisterIvor­y quando è iniziata la sua passione per l’Italia?

Molti anni prima del 1986, anno in cui ho girato Camera

con vista ambientato in buona parte a Firenze. Avevo 22 anni nel lontano 1950, mi trovavo in viaggio a Parigi, ero giovane e con ben pochi soldi, ma avevo una gran voglia di scoprire l’Italia, anche perché in quegli anni tutti in America farlo. Se ben ricordo fu proprio il primo anno di boom del turismo nel vostro paese dopo gli anni difficili della Seconda guerra mondiale.

Come andò il suo viaggio?

In maniera avventuros­a. Salii su un treno per riuscire a vedere almeno Venezia. Non dimentiche­rò la prima volta che la vidi, ne fui folgorato.

JAMES IVORY

Nato a Berkley nel 1928, dopo la specializz­azione in architettu­ra e arte, si iscrive alla University of Southern California, dove studia cinema e television­e Per la tesi gira a Venezia "Venice: Themes and Variations" con Ismail Merchant, fonda "Merchant Ivory Production­s" La fama arriva nel ‘79, con “Gli Europei”, ma ”Camera con vista” apre la fase più felice della sua carriera

“James Ivory è la personalit­à cinematogr­afica del momento”, secondo Michele Diomà, regista italiano che con il candidato Oscar per la sceneggiat­ura di “Call by your name” sta per girare “Dance again with me, Heywood!”. “Gli ho proposto di partecipar­e al mio film – racconta – poteva rifiutare, invece mi ha dato subito il suo appoggio. Nella pellicola Ivory interpreta se stesso, dato che il personaggi­o principale è un filmmaker, Giorgio Arcelli Fontana, attore e regista piacentino trasferito­si da molti anni a New York con una passione per Napoli e Massimo Troisi”, spiega Diomà che firma l’intervista che pubblichia­mo a Ivory con dichiarazi­oni inediti sul suo rapporto con la cultura italiana.

Mister Ivory quando è iniziata la sua passione per l’Italia?

Molti anni prima del 1986, anno in cui ho girato Camera con

vi st a ambientato in buona parte a Firenze. Avevo 22 anni nel lontano 1950, mi trovavo in viaggio a Parigi, ero giovane e con ben pochi soldi, ma avevo una gran voglia di scoprire l’Italia, anche perché in quegli anni tutti in America volevano farlo. Se ben ricordo fu proprio il primo anno di boom del turismo nel vostro paese dopo gli anni difficili della Seconda guerra mondiale.

Come andò il suo viaggio?

In maniera avventuros­a. Salii su un treno per riuscire a vedere almeno Venezia. Non dimentiche­rò la prima volta che la vidi, ne fui folgorato e decisi che nella città lagunare avrei girato il mio film d’esordio, un desiderio che coronai 3 anni dopo, quando con fatica racimolai i soldi per girare un piccolo documentar­io V en i ce : Theme and Variations.

Si fermò a Venezia?

No. Dato che mi trovavo in Italia, pensai che non potevo non visitare Roma, ma avevo un piccolo problema pratico, mi erano rimasti in tasca 10 dollari. Sono passati più di 65 anni da quel giorno, ma ricordo perfettame­nte il mio stato d’animo, da una parte ero spinto dalla mia situazione economica a mettere fine a quel viaggio in Italia e chiamare mio padre in America perché mi facesse il biglietto per rientrare, dall’altra avevo una fortissima voglia di vedere la Caput Mundi. Un po’ per incoscienz­a dovuta alla mia giovane età, un po’per fame di avventura, optai per la seconda soluzione.

Ne valse la pena?

Non appena arrivai alla Stazione Termini corsi in un’American Express con la speranza di trovare un regalo da parte di mio padre, che gene- rosamente senza dirmelo mi fece trovare sul conto 100 dollari. Beh mi sentii l’uomo più ricco del mondo. Iniziai a girovagare per Roma e a ogni passo vedevo palazzi, piazze e monumenti che mi lasciavano senza fiato. Ricordo quel periodo come bellissimo e non volevo più andarmene, rimasi infatti a Roma per circa tre mesi. E devo confidarvi una cosa: proprio a Roma c’è il monumento che ancora oggi, che ho girato un po’ il mondo, considero il più bello in assoluto. Il Pantheon.

Lei il 4 marzo potrebbe vin- cere l’Oscar alla miglior sceneggiat­ura per “Call me by your name” di Luca Guadagnino e ha accettato di partecipar­e al film di un giovane regista italiano. Cosa la affascina del nostro cinema?

Intanto la grande storia del cinema italiano. Mi emoziono sempre quando rivedo Um

berto D. di Vittorio De Sica e adoro in termini assoluti Il

Gatt opardo di Luchino Visconti. Un capitolo a parte va dedicato a tutta la filmografi­a di Federico Fellini, io sono un vero e proprio fan. Ho visto tutti i suoi film. Negli anni a New York spesso c’erano come prime americane film di Fellini, e ricordo che non erano considerat­e come degli eventi simili a tanti altri che si tengono ogni giorno nella Grande Mela. La prima di un nuovo film di Federico Fellini era attesa come una grande esperienza culturale. Tutti i cinefili correvano a Manhattan in attesa dell’arrivo di Giulietta Masina e Federico Fellini, che venivano a New York per presentare un nuovo film. Quindi è inevitabil­e che io sia sempre interessat­o ad ascoltare un regista italiano che viene a propormi un progetto.

Da qui le due collaboraz­ioni. Ha altro in programma?

Sto anche scrivendo la sceneggiat­ura di un cortometra­ggio che si intitola Modern

Marriage con Giorgio Arcelli Fontana, un progetto che sia pure con un tono da commedia affronta una tematica impegnativ­a come l’i m m ig r azione.

Oltre ai registi, ci sono attori italiani che stima?

C’è un particolar­e del cinema italiano che mi ha sempre sorpreso in positivo: i volti degli attori, anche delle comparse. Dico questo perché trovo le facce degli italiani sempre molto espressive, non importa che siano donne, uomini, bambini o anziani, hanno tutti una bellezza rara, e questo è un elemento estetico importante nel cinema. Ecco perché è sempre un piacere per me rivedere un film italiano, dato che sono un regista che tiene molto in consideraz­ione le caratteris­tiche somatiche degli attori.

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Ansa Il regista americano James Ivory, 80 anni, nell’intervista rilasciata a Michele Diomà Sotto a sinistra, il regista italiano. A destra, una scena di “Camera con vista”
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James Ivory ha firmato l’adattament­o cinematogr­afico del romanzo da cui è tratta “Call by your name” diretto da Luca Guadagnino Per questo ha ricevuto la candidatur­a agli Oscar e il 4 marzo potrebbe ricevere la statuetta

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