E Meloni si fa il selfie con l’ungherese Orbán
La leader di FdI cerca la sponda del leader euroscettico e capo del Gruppo di Visegrad
Certo
che ci vuole un bel coraggio, ad andare a “lezione d’Europa” da Viktor Orbán, il leader più anti-Ue dei 28, ché, al suo confronto, Theresa May è una suffragetta dell’integrazione. Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni cercano interlocutori europei che parlino il loro stesso linguaggio nazionalista con venature di xenofobia e un’insistenza sui valori cristiani in chiave anti-islam.
L’INCONTRO a Budapest tra Orban e la Meloni, nella sede del Parlamento ungherese, per sottolinearne il carattere politico, non istituzionale, dura un’ora e mezzo. Al termine, Meloni dichiara che “l o tt a all’immigrazione incontrollata, difesa delle radici cristiane d e ll ’ Europa, revisione dei Trattati europei per dare più sovranità agli Stati” sono stati i temi discussi. S’è anche par- lato “di politiche di sostegno alla famiglia e alla natalità che in Ungheria sono state fatte e che in Italia vorremmo copiare”. Orbán è uno degli ispiratori ed è il presidente di turno del Gruppo di Visegrad – Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia e Ungheria –, con cui “ci piacerebbe che l’Italia del futuro avesse maggiori relazioni.”
La mossa della leader di FdI, che non ha deputati a Strasburgo, spariglia i giochi delle formazioni più euro-scettiche dello schieramento politico italiano, la Lega, che nell’Ue è alleata con il Front National di Marine Le Pen, e il M5S, che fa invece gruppo “tecnico” con gli anti-Ue britannici di Nigel Farage, i fautori di Brexit.
Con la visita a Budapest, però, Meloni crea pure imbarazzi alla coalizione di centro-destra, dove Forza Italia, che gioca in campagna elettorale la carta dell’europeismo moderato, sta con il Partito popolare europeo, di cui fa parte pure il partito di Orbán, Fidesz, l’Unione civica, tenuta ai margini perché poco presentabile, ma mai messa fuori dal Ppe. Insomma, con un solo passo Meloni pesta i piedi a B. e Salvini. Fratelli d’Italia la spiega così: l’incontro con Orbán “lancia la proposta di un’Europa dei Popoli che si contrappone a quella del dominio franco-te- desco che tutela la finanza internazionale. Noi stiamo dalla parte dei diritti dei molti contro chi tutela i privilegi di pochi”. La calamita di Orbán attira Meloni soprattutto per le risposte ai flussi migratori: muri e respingimenti che, per un Paese con frontiere solo terrestri, sono soluzione fittizia, ma praticabile.
L’ipotesi di un avvicina- mento tra Italia e Ungheria, sia pure praticata da un partito minore, ma potenziale partner della prossima coalizione di governo, alimenta diffidenza e preoccupazione a Bruxelles e nelle maggiori capitali europee. Il Gruppo di Visegrad – che dice no alla redistribuzione dei migranti fra i Paesi Ue e privilegia il nazionalismo all’i n te g r azione – è un cancro nell’Unione, che ha già creato metastasi in Austria, dove il premier Sebastian Kurz, anch’egli Ppe, gli tiene bordone e non solo per compiacere i partner di governo dell’estrema destra xenofoba.
Più che a un uomo di governo dell’Europa democratica, Orbán ha modi da autocrate al- la Erdogan: conculca la libertà d’espressione, mette a tacere la stampa critica, viola i principi fondamentali dell’Ue, dà la nazionalità ungherese anche agli ungheresi cittadini di altri Paesi – quando è l’Austria proporla per i sud-tirolesi noi insorgiamo di sdegno –, ricrea la cortina di ferro in funzione anti- migranti alle frontiere (e chiede a Bruxelles di pagare il conto).
Peccato che i t e nt e n na m e nt i delle autorità comunitarie e la tolleranza del Ppe nei confronti di Fidesz rafforzino Orbán e i suoi sodali. Ma è difficile credere che un’Italia vicina al Gruppo di Visegrad sarebbe più ascoltata nell’Unione.
Le reazioni Bruxelles preoccupata per un partito, sia pure minore, che propugna l’asse Roma-Budapest