Il Fatto Quotidiano

Gaffe e smentite, la corsa zoppa di Grasso

Le liti sulle candidatur­e e i distinguo sul “dopo”: l’esperiment­o non decolla

- » TOMMASO RODANO

L’ultima

perla di una campagna elettorale non proprio indimentic­abile, per Liberi e Uguali, è la buccia di banana su cui scivola Pietro Grasso nel salotto di Porta a Porta mercoledì 28 febbraio. Domanda di Bruno Vespa: “Cosa ne pensa di un ipotetico governo di scopo con Movimento 5 Stelle, Pd e Forza Italia? ”. Risposta di Grasso: “Siamo disponibil­i solamente per un governo di scopo, il cosiddetto governo del presidente che possa fare una nuova legge elettorale e andare nuovamente alle elezioni. Su questo posso garantire, su altri scopi no”. Traduzione immediata di siti e agenzie: “Grasso apre a un governo del p re s id e nt e ”. Lui più tardi smentirà, ma in modo goffo e tardivo. Persino Nicola Fratoianni, uno dei “tenenti” di Liberi e Uguali deve interve- nire per smentirlo: “La legge elettorale si fa in Parlamento, senza alcun bisogno di partecipar­e a governi. Tantomeno di larghe intese”.

È STATAla più pesante delle ingenuità di Grasso, scelto da Mdp, Sinistra Italiana e Possibile per dare un senso unitario a quella che rischiava di somigliare a una lista elettorale spuria, nata solo per permettere alle tre piccole scialuppe di salpare nel prossimo Parlamento. Il presidente del Senato non è un politico scafato, e questo si sapeva. Ma chi gli ha messo in mano il timone di Li- beri e Uguali si aspettava di più. Il manifesto di Grasso è stata la convention del 3 dicembre a Roma, quella della sua investitur­a e del suo punto di consenso più alto. Tante novità: la figura di Rossella Muroni, presidente di Legambient­e a cui viene affidata la responsabi­lità di scrivere il programma, il discorso commovente del medico di Lampedusa Pietro Bartolo, i grandi “vecchi” Bersani e D’Alema che accettano un ruolo qualche passo al di là della luce dei riflettori. È un fuoco fatuo.

I rapporti di forza in Liberi e Uguali escono fuori al momento delle candidatur­e. Grasso assiste, le scrivono gli altri: le liste sono un “capolavoro” di equilibris­mo partitico. Un solo esempio tra tanti: Nico Stumpo, uomo macchina di Bersani, catapultat­o in testa ai due listini proporzion­ali in Calabria, contro le indicazion­i dei delegati locali. Oppure Bartolo: per privilegia­re candidatur­e gradite ai vertici in Sicilia, al medico viene proposto un posto al Nord, in un territorio che non c’entra nulla con il suo. Lui declina: “Resto a Lampedusa con i migranti”.

LA CAMPAGNAdi Grasso – segnata dai sondaggi in calo – è “commissari­ata” dai vecchi leader. Bersani, d’altro canto, è ancora un animale televisivo. E D’Alema continua a rilasciare interviste pesanti. Come quella di gennaio ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera quando afferma – lui sì – che c’è bisogno di un governo di larghe intese per riscrivere la legge elettorale: “Un governo del presidente? Per forza: una convergenz­a di tanti partiti diversi attorno a obiettivi molto limitati. E noi, che siamo una forza radicata nei valori democratic­i della Costituzio­ne della solidariet­à, dell’uguaglianz­a, del lavoro, daremo il nostro contributo”.

Eccola qui, la campagna di Liberi e Uguali. Tesa tra questa risposta e quella di Grasso da Vespa. Una ragionato, l’altra no, ma entrambe con lo stesso contenuto. A lasciare un paio di dubbi: che nella formazione “radicalmen­te alternativ­a” rispetto al Pd di Renzi e Gentiloni le idee non siano così chiare. E che dal 5 marzo ognuno possa andarsene per la sua strada.

Nuovo e vecchio

Il “dott. Lampedusa” e la Muroni messi all’angolo da D’Alema e Nico Stumpo

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Ansa Pietro Grasso

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