Gaffe e smentite, la corsa zoppa di Grasso
Le liti sulle candidature e i distinguo sul “dopo”: l’esperimento non decolla
L’ultima
perla di una campagna elettorale non proprio indimenticabile, per Liberi e Uguali, è la buccia di banana su cui scivola Pietro Grasso nel salotto di Porta a Porta mercoledì 28 febbraio. Domanda di Bruno Vespa: “Cosa ne pensa di un ipotetico governo di scopo con Movimento 5 Stelle, Pd e Forza Italia? ”. Risposta di Grasso: “Siamo disponibili solamente per un governo di scopo, il cosiddetto governo del presidente che possa fare una nuova legge elettorale e andare nuovamente alle elezioni. Su questo posso garantire, su altri scopi no”. Traduzione immediata di siti e agenzie: “Grasso apre a un governo del p re s id e nt e ”. Lui più tardi smentirà, ma in modo goffo e tardivo. Persino Nicola Fratoianni, uno dei “tenenti” di Liberi e Uguali deve interve- nire per smentirlo: “La legge elettorale si fa in Parlamento, senza alcun bisogno di partecipare a governi. Tantomeno di larghe intese”.
È STATAla più pesante delle ingenuità di Grasso, scelto da Mdp, Sinistra Italiana e Possibile per dare un senso unitario a quella che rischiava di somigliare a una lista elettorale spuria, nata solo per permettere alle tre piccole scialuppe di salpare nel prossimo Parlamento. Il presidente del Senato non è un politico scafato, e questo si sapeva. Ma chi gli ha messo in mano il timone di Li- beri e Uguali si aspettava di più. Il manifesto di Grasso è stata la convention del 3 dicembre a Roma, quella della sua investitura e del suo punto di consenso più alto. Tante novità: la figura di Rossella Muroni, presidente di Legambiente a cui viene affidata la responsabilità di scrivere il programma, il discorso commovente del medico di Lampedusa Pietro Bartolo, i grandi “vecchi” Bersani e D’Alema che accettano un ruolo qualche passo al di là della luce dei riflettori. È un fuoco fatuo.
I rapporti di forza in Liberi e Uguali escono fuori al momento delle candidature. Grasso assiste, le scrivono gli altri: le liste sono un “capolavoro” di equilibrismo partitico. Un solo esempio tra tanti: Nico Stumpo, uomo macchina di Bersani, catapultato in testa ai due listini proporzionali in Calabria, contro le indicazioni dei delegati locali. Oppure Bartolo: per privilegiare candidature gradite ai vertici in Sicilia, al medico viene proposto un posto al Nord, in un territorio che non c’entra nulla con il suo. Lui declina: “Resto a Lampedusa con i migranti”.
LA CAMPAGNAdi Grasso – segnata dai sondaggi in calo – è “commissariata” dai vecchi leader. Bersani, d’altro canto, è ancora un animale televisivo. E D’Alema continua a rilasciare interviste pesanti. Come quella di gennaio ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera quando afferma – lui sì – che c’è bisogno di un governo di larghe intese per riscrivere la legge elettorale: “Un governo del presidente? Per forza: una convergenza di tanti partiti diversi attorno a obiettivi molto limitati. E noi, che siamo una forza radicata nei valori democratici della Costituzione della solidarietà, dell’uguaglianza, del lavoro, daremo il nostro contributo”.
Eccola qui, la campagna di Liberi e Uguali. Tesa tra questa risposta e quella di Grasso da Vespa. Una ragionato, l’altra no, ma entrambe con lo stesso contenuto. A lasciare un paio di dubbi: che nella formazione “radicalmente alternativa” rispetto al Pd di Renzi e Gentiloni le idee non siano così chiare. E che dal 5 marzo ognuno possa andarsene per la sua strada.
Nuovo e vecchio
Il “dott. Lampedusa” e la Muroni messi all’angolo da D’Alema e Nico Stumpo