Altalena 5 Stelle: ok i ministri a rate, autogol sui collegi
Sono sprofondati con l’ammiraglio, sono risaliti con i ministri a rate. Sono i due poli della campagna elettorale del M5S, altalena di buone idee e autogol. E la caduta principale è stata la presentazione dei candidati nei collegi uninominali del 29 gennaio a Roma, dove Luigi Di Maio si è giocato come primo nome Rinaldo Veri, ammiraglio di squadra della Marina, già presidente del Centro alti studi per la difesa. Curriculum eccellente, a cui però andavano aggiunte la candidatura a sindaco di Ortona (Chieti) con una lista civica collegata al Pd, e la sua conseguente elezione a consigliere comunale.
UNA STORIA che lo rendeva incandidabile a norma di regolamento, di cui c’era traccia evidente sul web. Eppure i 5Stelle l’hanno appreso solo pochi minuti dopo la discesa dal palco di Veri. Qualche ora dopo il militare ritirava la candidatura, ma l’infortunio era già incancellabile. E non finisce certo qui, perché in queste settimane dalla squadra presentata nel Tempio di Adriano sono spuntati pure massoni e un indagato, il presidente del Potenza calcio Salvatore Caiata, altro volto celebratissimo da Di Maio sotto i riflettori. Confermando che quella presentazione era stata preparata troppo in fretta. Proprio come la svolta varata a fine dicembre dal capo politico, l’apertura agli esterni nelle liste. Innovazione sensata, ma che non poteva essere messa in pratica in un mese senza infilare errori in serie. Forse memori degli scivoloni, i 5Stelle hanno cambiato tattica con gli aspiranti ministri. Niente presentazione di massa dei candidati, ma nomi diffusi solo in questi giorni a gruppi di due. Stratagemma semplice quanto produttivo. Perché giornali e tv, nel bene e nel male, ne hanno parlato a profusione.
E così il Movimento ha diluito il ricordo delle restituzioni mancate, una ferita per gli attivisti e un bel guaio per Di Maio e i suoi. Anche se i 5Stelle giurano (e in parte ci credono davvero) che il caso scoperto da Le Iene li abbia aiutati, perché “così tanta gente ha scoperto che i parlamentari resti- tuivano parte degli stipendi e dei rimborsi”. Nell’incertezza il Pd e gli altri avversari hanno infierito, e si capisce, su quei soldi promessi e mai dati da 9 parlamentari. E il M5S si è difeso come poteva.
HA FATTO NOTAREche i dem e tutti gli altri di soldi allo Stato non ne restituiscono. E ha ostentato la faccia feroce, promettendo l’espulsione per i colpevoli (legittimo) e pure la loro esclusione dal prossimo Parlamento: impossibile però in caso di elezione, e qui siamo ai fumogeni da propaganda. Poi c’è la campagna elettorale del candidato premier, Di Maio, che per mesi ha alternato incontri con imprenditori e associazioni a visite nelle fabbriche. Schema classico per un tour senza squilli nè sfondoni. Mentre riaffiorano lacune dalla trasferta negli Stati Uniti di novembre. Con quell’annuncio, “vogliamo riprodurre in Italia la riforma fiscale di Trump”, che suonava fosco. Il resto del Di Maio elettorale sono stati i suoi appelli ad accordi di programma dopo il voto, i toni da candidato istituzionale che rispetta e consulta il Quirinale e le solite incertezze sul congiuntivo, tara quasi psicologica per il 31enne che pure ha un buon eloquio.
L’ultimo mese però è stato anche nel segno di Alessandro Di Battista e del suo tour in camper. Più o meno lo stesso copione della campagna estiva di due anni fa contro la riforma costituzionale, con la differenza che in quel caso Di Battista scorrazzava in moto e questa volta invece aveva il camper con famiglia al seguito. Ma lo scopo era identico, riempire quelle piazze che sono freddine per Di Maio. A occhio ha funzionato. Però i voti sono un’altra cosa. E i conti si faranno alla fine: ossia domani.
Passi falsi
Gli errori, dai massoni all’ammiraglio
Ma Di Maio sogna già di salire al Colle