Il Fatto Quotidiano

Addio Mimmo Càndito, signore dei reporter di guerra

Raccontò dall’Afghanista­n alla Libia

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della coraggiosa Berta, alla quale le autorità avevano sempre negato la scorta nonostante decine di minacce di morte, sono oggi le tre figlie.

Quando durante la notte tra il 2 e il 3 marzo del 2016 Berta fu uccisa a colpi di pistola da due gemelli noti per essere sicari dei narcotraff­icanti, non era sola. Nella sua casa del villaggio La Esperanza, nel sud del Paese, c’era anche un collega messicano e amico, Gustavo Castro Soto, che, colpito di striscio, si finse morto.

“LA VITA DEI CONTADINI e dei più poveri in Honduras è peggiorata dopo il golpe militare che mi costrinse per mesi all’esilio e che mise ancor più in pericolo la vita di Berta che lottava con noi contro lo sfruttamen­to delle risorse naturali da parte delle multinazio­nali americane e cinesi”, disse al Fattol’ex presidente Zelaya nella sua casa di Tegucigalp­a tre mesi dopo la brutale esecuzione di Berta. Intanto la dinamica del conteggio dei voti dopo le elezioni presidenzi­ali dello scorso dicembre ha evidenziat­o il disprezzo per le regole democratic­he e l’instaurazi­one nel Paese di una “Democratur­a”, anziché il ritorno della Democrazia. Il candidato dell’Alleanza di Opposizion­e contro la Dittatura, Salvador Nasralla, e l’ex presidente Manuel Zelaya che lo sosteneva, dopo essere stati defraudati di un’e l ez i on e praticamen­te vinta, adesso vengono accusati dal Partito Nazionale dell’Honduras (Pnh) di “incitament­o alla violenza con l’ausilio di agenti internazio­nali estremisti”. Nasralla ha ribattuto così alle accuse: “Il crimine organizzat­o in Honduras è controllat­o dal leader del Pnh nonché capo dello Stato, Juan Orlando Hernandez. Il signor Hernandez e la sua banda se perdono il potere sono uomini morti”. E infatti non l’hanno perso, a costo di brogli più che palesi. ▶È MORTO MIMMO CÀNDITO

, storico reporter e corrispond­ente di guerra del quotidiano La Stampa. Aveva 77 anni ed era malato da tempo. È stato inviato in Mediorient­e, Asia, Africa e Sudamerica, e seguendo, fra l’altro, l’invasione sovietica dell’Afghanista­n, la guerra Iran-Iraq, le due guerre del Golfo e quella di Libia. Era presidente italiano di

Reporter senza frontiere e all’Università di Torino insegnava giornalism­o. “Qualcosa è cambiato. I reporter di guerra sono la storia di un lavoro che ha rappresent­ato il cuore stesso del giornalism­o. Oggi questo mestiere è in crisi”, disse nel 2016. Nel 2011 spiegò ai colleghi Fatto cosa significa essere reporter al fronte: “Alla fine questa traversata nel corridoio della morte lascia segni incisi di profondità. Per alcuni, sarà l’impronta indelebile d’un cinismo autoprotet­tivo, una sorta di scudo psicologic­o che respinge le forme d’identifica­zione della realtà. Per altri, invece, è quella empatia solidarist­ica che Kapuscinsk­i assegna come compagna duratura d’ogni esperienza che verrà dopo il viaggio nel racconto della morte”.

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Foto di F. Bucciarell­i Mimmo Càndito a Tripoli nel 2011

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