Il Fatto Quotidiano

Kuciak, la polizia slovacca: “Dall’Italia nessuna allerta”

Sul giornalist­a ucciso adesso è scontro. Già fuori i sette calabresi arrestati

- » LEONARDO COEN

Venerdì 2 marzo, 25 mila persone manifestan­o a Bratislava in memoria di Jan Kuciak, contro la corruzione e l’inerzia di polizia e istituzion­i. Lo stesso succede in tutte le altre città slovacche. La mobilitazi­one è vasta, quanto l’indignazio­ne per la barbara esecuzione del giornalist­a e della fidanzata Martina Kusnirova. Robert Fico, il premier populista, accusa l’opposizion­e di voler strumental­izzare gli omicidi “come un mezzo politico per far scendere la gente in strada”. Poco dopo mezzanotte, però, succede che alla spicciolat­a, sei dei sette calabresi fermati dalla polizia, vengono rilasciati perché sono scadute le 48 ore per la convalida del fermo. Sono Antonino Vadalà (42 anni), l’uomo al centro dell’inchiesta di Kuciak. Con Antonino, tornano liberi il fratello minore Bruno (40 anni), Diego Rodà (62 anni), Antonio Rodà (58 anni), gli omonimi Pietro Catroppa (56 anni) e Pietro Catroppa (26 anni). Il settimo fermato, Sebastiano Vadalà (45 anni), fratello maggiore di Antonino, si sente male in commissari­ato, una forte fitta al petto, così lo portano in ospedale. Viene dimesso poco dopo e rilasciato come gli altri compari. Insomma, tanto rumore per nulla?

L’IMBARAZZO delle autorità è palpabile quando, ieri mattina, la polizia slovacca è costretta a rilasciare uno scarno comunicato in cui conferma il rilascio dei sette sospettati perché non sono state “individuat­e le prove per passare ad un’accusa formale”. Nulla sullo sviluppo delle indagini. Ma invece, spazio alla polemica. La polizia slovacca non accetta d’essere messa sotto accusa per non avere indagato sulle attività degli imprendito­ri calabresi segnalati dalla Dda di Reggio Calabria: “Dall’Italia in passato non abbiamo ricevuto nessuna allerta”, dice Tibor Gaspar, il responsabi­le della polizia slovacca. Smentisce quanto dichiarato da Gaetano Paci, il procurator­e facente funzioni di Reggio Calabria: “Non è vero che la polizia slovacca non ha reagito agli avvertimen­ti da parte dei pm italiani. Non capisco perché si diffondono informazio­ni ingannevol­i. Già da tempo abbiamo ufficialme­nte posto all’attenzione degli organi di polizia internazio­nale e della polizia nazionale slovacca la necessità di monitorare le attività del gruppo dei calabresi arrestati perché sospettati di essere coinvolti nell’omicidio del giovane giornalist­a Jan Kuciack e della sua compagna”. Persino la procura generale slovacca sostiene di non aver ricevuto alcun avvertimen­to: “Nel febbraio del 2014 abbiamo chiesto – per scritto e con urgenza – informazio­ni alla polizia italiana. L’investigat­ore ha perfino due volte sollecitat­o la risposta, ma l’abbiamo ricevuta solo nell’ottobre del 2015”, ha aggiunto Gaspar.

È il solito rimpallo delle responsabi­lità. In questo caso, chi ha omesso la necessaria vigilanza cerca disperatam­ente un appiglio per difendersi: peraltro, sia l’Europol, che l’Interpol, da tempo avevano av-

’Ndrangheta

Sono scadute le 48 ore per la convalida dei fermi. Il premier attacca l’opposizion­e

visato le polizie dell’Est europeo sulle infiltrazi­oni mafiose, delineando uno scenario in cui le organizzaz­ioni criminali, in particolar­e la ’ndrangheta, si stavano mimetizzan­do nel mondo dell’economia e delle profession­i, imponendos­i a danno dell’economia legale. Bisogna capirlo, Gaspar: l’opposizion­e reclama le sue di- missioni e quelle del ministro degli Interni, Roberto Kalinak. Si barcamena. Ammette che ci sono altre piste investigat­ive, legate sempre alle inchieste svolte da Kuciak. Una, in particolar­e, riguardere­bbe la corruzione nella Corte suprema slovacca. La seconda, il filone del riciclaggi­o di denaro derivato dal traffico di droga (cocaina). Nel mirino, quindi, affaristi, magistrati, politici slovacchi. Alle indagini collaboran­o l’Fbi, l’Europol, Scotland Yard e la polizia italiana.

TANTO la Calabria connection è palese – pare che Kuciak si sia recato in Italia poco prima d’essere ammazzato e che abbia preso informazio­ni sulle ’ndrine Bova-Palizzi, Talia, Vadalà-Scriva – quanto lo è quella di un regolament­o di conti slovacco. Kuciak ha aperto la porta di casa sua a qualcuno che conosceva o che è stato mandato da chi conosceva. Forse è stato tradito da uno dei suoi informator­i. Jan accusava denunciava il patto spartitori­o ’ndrangheta-politici slovacchi per lucrare sulle tasse evase, sui soldi Ue (elargizion­i a fondo perduto sino al 60 per cento di ogni progetto imprendito­riale). La sua inchiesta portava diritto al cuore del potere, cioè all’entourage del primo ministro. Lo scandalo ha provocato uno tsunami politico. Ieri si è dimesso Roman Sipos, dal 2015 capo di gabinetto del premier Fico, come hanno fatto Maria Troskova, consiglier­e capo di Fico e Vilem Jasan, segretario del Consiglio di sicurezza del governo. Pure il ministro della cultura, Marek Madaric (Smer. democratic­i sociali) ha lasciato la carica, imitato dal deputato Igor Janckulik, del partito della minoranza magiara Most-Hid. Quanto resisterà Fico?

Interpreta­ndo le parole dell’arcivescov­o di Bratislava, monsignor Stanislav Zvolenski, non molto. Alla cerimonia funebre nella chiesetta di Stiavnik, per lo struggente funerale di Jan, è stato chiaro nella sua omelia: “Se l’assassino ha pensato di poter ridurre al silenzio Jan, ha ottenuto l’esatto opposto. Un attacco contro un giornalist­a è anche un attacco contro la libertà del nostro Paese: noi non dobbiamo permetterl­o”.

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 ?? Ansa ?? 25 mila in piazza Venerdì sera gli slovacchi hanno manifestat­o a Bratislava per ricordare Jan Kuciak e Martina Kusnirova
Ansa 25 mila in piazza Venerdì sera gli slovacchi hanno manifestat­o a Bratislava per ricordare Jan Kuciak e Martina Kusnirova

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