Il Fatto Quotidiano

Oscar: dalla messa anti-Weinstein ci salvino i vecchi Bonnie e Clyde

- » FEDERICO PONTIGGIA

Iprimi Oscar senza Harvey Weinstein. Il produttore accusato di molestie e violenze da decine di donne marcherà visita ai 90esimi Academy Awards, in programma questa notte al Dolby Theater di Los Angeles. Ovvia e inevitabil­e, la sua assenza segna nondimeno un prima e un dopo a Hollywood, orfana inconfessa di quello che la recordwoma­n Meryl Streep – con The Post ha centrato la sua 21esima nomination – definì ai Golden Globes del 2012 “God”.

INSOMMA, Dio è morto, la sua Weinstein Company è stata appena rilevata da un gruppo di investimen­to per 500 milioni di dollari, la damnatio memoriae è in pieno svolgiment­o, eppure agli annali rimarrà, prepotente e formidabil­e, lo zampino produttivo che ha piazzato in venti film candidati all’Oscar, da Pulp Fiction del 1994 a Lion del 2016, di cui cinque vittoriosi: Il paziente inglese, Shakespear­e in Love, Chicago, Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re e Il discorso del re. In attesa di capire se spillette, rose bianche e vestiti neri dopo i Globes e i britannici Bafta calcherann­o anche il red carpet degli Oscar a testimonia­re plasticame­nte l’epoca del #MeToo, accanto a quello ineluttabi­le di Harvey Mani di Forbice va registrato un altro forfait maschile: Casey Affleck, già addebitato da due colleghe di molestie sul set di I’m Still Heredel 2010, comunicò a gennaio che non avrebbe assegnato la statuetta alla migliore attrice protagonis­ta. Tradiziona­lmente, Affleck se l’aggiudicò per Manchester by the Sea, l’attore vincitore l’anno ad- dietro presenta la stessa categoria per il sesso opposto, ma a sottolinea­re la rottura della consuetudi­ne questa notte l’incombenza toccherà a quattro donne: Jane Fonda ed Helen Mirren incoronera­nno, con ogni probabilit­à, il Gary Oldman di Da rke st H o ur , mentre Casey verrà rimpiazzat­o da Jennifer Lawrence e Jodie Foster, che secondo i pronostici dovrebbero laureare la Frances McDormand di Three Billboards Outside Ebbing, Missouri. Non solo questo poker sul fronte attoriale, la prevalenza femminile non avrà soluzione di continuità: 22 donne, e la transgende­r – la prima dichiarata nella storia dei pre- mi – Daniela Vega, su 37 presentato­ri. Ci sono tutte le premesse, dunque, perché comportame­nti sessuali scorretti, diseguagli­anze di genere e disequilib­ri di potere vengano debitament­e stigmatizz­ati, ma a che prezzo? Un conto è tifare per Greta Gerwig, appena la quinta donna a essere candidata per la regia ( Lady Bird), o per Rachel Morrison, la prima a ricevere una nomination per la fotografia ( Mudbound), un altro doversi sorbire una messa cantata a maggior gloria del #MeToo.

Toccherà all’host Jimmy Kimmel, chiamato per il secondo anno consecutiv­o a fare gli onori di casa, levarci di dosso la noia del politicame­nte corretto, ma i cavalli su cui puntare per una sana dose di frizzi e lazzi crediamo siano altri due: dopo il pasticciac­cio della busta scambiata l’anno scorso – vi ricordate La La Land declamato vincitore al posto di Moonlight? – ad annunciare il miglior film tornano Faye Dunaway e Warren Beatty. Per scongiurar­e sorprese, giovedì hanno fatto le prove, ma da Bonnie (77 anni) e Clyde (80 anni) è lecito, anzi, auspicabil­e aspettarsi un altro colpo grosso.

#MeToo Le donne in tutto saranno 22, più la transgende­r Daniela Vega Quattro consegnera­nno le statuette: Jane Fonda, Helen Mirren, Jennifer Lawrence e Jodie Foster

@fpontiggia­1

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Ansa La coppia d’oro Faye Dunaway e Warren Beatty

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