Il Fatto Quotidiano

Addio al partito di Mediaset

NUOVI EQUILIBRI Col sorpasso leghista e la dissoluzio­ne del renzismo, finisce l’influenza diretta di Berlusconi in politica e il titolo del Biscione precipita subito in Borsa: -5,5 per cento

- » CARLO TECCE

Il

partito Mediaset è defunto la scorsa notte con il sorpasso leghista su Forza Italia e la dissoluzio­ne del renzismo. Già lunedì mattina, la Borsa ha certificat­o l’addio a un’epoca di larghe intese e di influenza diretta di Silvio Berlusconi in politica: il titolo del Biscione ha ruzzolato nei listini per l’intera giornata e si è fermato a -5,5 per cento.

IL DEBUTTO IN SENATO di Adriano Galliani, dal ‘79 fedelissim­o collaborat­ore del Cavaliere, è un flebile deterrente al pessimismo che circonda l’azienda in un momento cruciale. Il principale argomento è sempre il rapporto con Vivendi, azionista di riferiment­o di Telecom e al 28,8 per cento di Mediaset. Il governo di Paolo Gentiloni – interlocut­ore apprezzato da Fedele Confalonie­ri, eterno presidente di Cologno Monzese e nostalgico al pari di Gianni Letta del patto che fu siglato con Renzi al Nazareno – ha affrontato (aggredito?) la società di Vincent Bolloré su più temi: il progetto per lo scorporo della rete di Telecom, la multa per la mancata notifica del controllo sempre in Telecom e la mannaia dell’Autorità per le comunicazi­one che ha ordinato a Bolloré di ridurre la presenza a Cologno Monzese o nel gruppo telefonico entro la metà di aprile. Mediaset pretende un risarcimen­to miliardari­o da Vivendi per la beffa sul contratto di acquisto di Premium, firmato e stracciato dai francesi, ma un accordo anziché una sentenza è più rassicuran­te per il futuro, soprattutt­o per sopravvive­re in un mercato globale. Neanche Vivendi è insensibil­e agli equilibri di governo, tant’è che ha fissato per oggi – a urne ancora calde – il Cda per presentare i conti 2017 e il piano industrial­e, attende la sanzione da Palazzo Chigi (si parla di decine di milioni, non più centinaia) e prepara con ansia l’assemblea degli azionisti di aprile. Negli ultimi tempi, i dirigenti di Vivendi sono più prudenti e dunque più dialoganti col governo: temono assalti di fondi stranieri al fortino Telecom.

Galliani lascia la presidenza di Premium – la television­e a pagamento che genera perdite da un decennio – per un seggio a Palazzo Madama con il successo dei Mondiali scippati ai rivali della Rai e la questione irrisolta dei diritti tv del campionato di calcio.

Più debole e più scoperta, Mediaset dovrà trattare con gli amici spagnoli di MediaPro per ottenere un pezzo di serie A, necessaria per non spegnere Premium, dopo che l’esclusiva per la Champions League è tornata a Sky Italia. In Viale Mazzini, invece, è ancora bloccata la nomina dell’amministra­tore delegato di Rai Pubblicità, casella che interessa da vicino il Biscione e promessa al renziano Mauro Gaia. In sospeso c’è sempre la bozza di governo per l’operatore unico delle torri tv che include Rai Way, Ei Towers (Biscione) e anche denaro pubblico con la Cassa depositi e prestiti. Ieri a pranzo ad Arcore, Berlusconi non ha riunito i generali forzisti per esaminare il voto, ma i figli Pier Silvio e Marina, Confalonie­ri, Galliani e l’ad Danilo Pellegrino (Fininvest). Soltanto dopo, ha ricevuto l’alleato Matteo Salvini.

Ieri summit ad Arcore I temi di Silvio: duello con Vivendi, calcio, torri e spot. I francesi preoccupat­i per Tim

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Ansa Amici Fedele Confalonie­ri e Silvio Berlusconi

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