A sinistra non s’illudano, la colpa dei pochi voti non è (solo) di Renzi
LeU ha le cifre di Sel, Pap neanche quelle del Prc
La
polvere s’è appena posata sulla più disastrosa tornata elettorale della sinistra italiana tutta – da quella di governo che rivendica politiche di schietta destra economica fino ai gruppettari di Potere al Popolo e oltre – e la reazione a questo risultato catastrofico (che è anche il giudizio che gli italiani danno di un’intera area politica) pare, finora, una gigantesca rimozione del lutto: cos’è la sinistra, quali interessi rappresenta nel gioco dei rapporti di forza, come intende farlo al di là delle petizioni di principio?
IL PD HA PERSO 2,6 MILIONI di voti in 5 anni e già allora ne aveva persi oltre 3 milioni rispetto al 2008. Dice Andrea Orlando, capo di una delle correntine anti-renziane del Pd: “Si vuole anteporre la questione dell’intesa col M5S alla riflessione sul risultato di queste elezioni”. La riflessione che fa la cosiddetta sinistra del Pd è questa: Renzi ha dirottato il partito, che invece di suo era tanto una buona idea, e gli elettori se ne sono andati. Retropensiero che sta anche dalle parole del “dante causa” politico di Orlando, Giorgio Napolitano: la sconfitta è “un evento annunciato”, “un destino quasi compiuto”; “forse è stato peggio di quanto annunciato, ma tutto faceva prevedere questo risultato”. Non è un segreto che l’anziano leader ritenga che Renzi, avendo smesso di dargli retta, si sia condannato a perdere almeno dall’estate del 2016.
Questo scaricabarile sul segretario dimissionario del Pd - che, sia chiaro, ha colpe enormi - ha un problema: i numeri. Se, infatti, l’elettorato democratico non voleva il “dirottatore” Renzi, perché non ha votato in massa il Pd “derenzizzato” di Pier Luigi Bersani e soci detto Liberi e Uguali? E invece LeU ha avuto un milione e 100 mila voti, più o meno quelli di Sel nel 2013 (proprio come successo alle regio- nali in Sicilia col 6% conquistato da Claudio Fava). Risultato: i voti di Sel-Sinistra Italiana hanno fatto eleggere quelli che vogliono rifare il Pd. Quanto al resto, come dicono a Roma Bersani si consola con l’aglietto:“In pochi mesi neanche noi di LeU abbiamo trovato la soluzione. Ma almeno abbiamo visto per tempo il problema! Se nel mondo progressista si smette finalmente di negare il problema, una sinistra plurale potrà riprendere il suo cammino”. Il livello dell’analisi è questo.
Ci sarebbe poi la sinistra cosiddetta radicale. I militanti di “Potere al popolo” domenica notte festeggiavano a Roma: “Per noi è un grandissimo risultato, siamo contentissimi”. Pap ha preso 372mila voti, l’1,1%, neanche quelli di Rifondazione quando correva da sola. Però festeggia. Ora facciamo un esperimento sommando pere e mele: i voti che vanno dal Pd alla lista “Per una sinistra rivoluzionaria” oggi sono 9,1 milioni; la stessa area valeva 11 milioni di voti nel 2013 e oltre 15 milioni e mezzo nel 2008 (oggi i consensi del M5S sono 10,7 milioni, quelli del centrodestra 12,1 milioni). Nei dieci anni della grande crisi a sinistra sono spariti 6,5 milioni di elettori, il 13% del corpo elettorale: Renzi c’entra poco e molto invece la nulla comprensione di come si svolge oggi il caro vecchio conflitto tra capitale e lavoro. Ammesso che, accanto ai diritti civili, quelli sociali siano ancora un interesse della “sinistra”.