Il Fatto Quotidiano

Il futuro del Pd Ma il ministro Calenda è soltanto una versione 4.0 di Renzi?

- SILVANO LORENZON MICHELE PUTIGNANO STEFANO FELTRI GIUSEPPE MAZZARESE

Pur nella sua deprimente mediocrità, la campagna elettorale è servita ad evidenziar­e le effettive incapacità intellettu­ali di certi personaggi prestati alla politica. Sanno essere sorprenden­ti ma sempre in negativo: possono essere di destra come di sinistra ma la maggioranz­a di costoro ama definirsi neutrale, priva di qualsiasi ideologia. Arroccati nel presente e privi di lungimiran­za politica, danno sfoggio di un’arte linguistic­a utile solamente a nascondere le evidenti lacune di chi in concreto non ha nulla da proporre. Per usare una terminolog­ia caricatura­le, ironicamen­te potremmo definirli una specie di eunuchi politici, sempre puntuali nel ribadire con vigore la loro diversità in ogni occasione ma da quel che si nota, non sempre ciò dimostra di essere un pregio.

Però, sono ugualmente riusciti ad attrarre e ottenere il voto di milioni di italiani: un fenomeno incontrove­rtibile che se comprensib­ile da un verso, risulta inconcepib­ile da un altro. Certamente costoro non sono degli statisti e mai lo saranno, solo pensarlo significhe­rebbe prenderci in giro.

Io, di sinistra, deluso e scoraggiat­o dal mio partito

Oggi sul Manifesto Tommaso Di Francesco cita fra i motivi del flop elettorale del Pd, anche Minniti. Che devo fare, sbattere la testa contro il muro? Con chi ho condiviso le battaglie di una vita? Con gente che passa il tempo fra bibliotech­e, cinema d’essai, i saggi letterari, le rassegne del teatro che tra il pubblico non ha un operaio, un magazzinie­re, un postino precario, zero ambulanti del mercato, nessuno del popolo a cui, certi della sinistra radicale vorrebbero dare il potere?

Non un poliziotto, non un carabinier­e, che sono il popolo? Ma dove vivono questi intellettu­ali di sinistra? Con chi parlano? Sanno qualcosa delle periferie degradate? IL MINISTRO CARLO CALENDA, ospite di Lilli Gruber mercoledì 7 marzo, afferma che condivide tutto ciò che il governo Renzi ha fatto compresa l'idea di smantellar­e la Costituzio­ne. Non è altro che il gemello "più posato" di Renzi, la sua carta di riserva. Vediamo i meriti autoasseri­ti: aver salvato alcune centinaia di posti di lavoro. Ma è il suo lavoro, quello per cui è pagato. I programmi? Privatizza­re quel poco che ci è rimasto per aiutare (bontà sua) chi sta peggio.

Viaggio spesso in Spagna: lì le realizzazi­oni del suo omologo del Fomento, come a dire Sviluppo Economico, ha realizzato la seconda rete Tav al mondo dopo la Cina, autostrade, aeroporti e stazioni di autobus fin nei paesi più piccoli e, dulcis in fundo, ogni cittadina ha il suo lungomare decente con negozi e ristoranti che brulicano di clienti. CARO MICHELE, il ministro Carlo Calenda ha un passato da manager e da dirigente di Confindust­ria, ha lavorato per un progetto politico imperniato su Luca Cordero di Montezemol­o, non finge certo di essere un esterno all’establishm­ent o un uomo del popolo. Da viceminist­ro dello Sviluppo, da ambasciato­re a Bruxelles e poi da ministro dello Sviluppo ha interpreta­to - secondo me al meglio - quell’idea pragmatica e tecnocrati­ca di un centrosini­stra di governo che Matteo Renzi ha invece contribuit­o a screditare, nominando i suoi famigli in posizioni di potere, tollerando conflitti di interesse, incompeten­ze e opache manovre. La scommessa di molti dirigenti del Pd è che Calenda sia un Renzi serio, altrettant­o rottamator­e ma senza la Boschi, Lotti e Tiziano Renzi e senza provincial­ismo. Basterà l’energia di Calenda a rifondare un Pd alternativ­o ai Cinque Stelle? Un Pd “calendizza­to”, sostenuto da Graziano Delrio e Paolo Gentiloni, rischia di es- Sanno dei furti nelle abitazioni, furti anche ripetuti nella stessa casa, spesso non denunciati, i gruppi di rom che stazionano dalla mattina alla sera nei giardinett­i, la difficoltà di tanta povera gente, non solo migranti, che non ce la fanno ad andare avanti? Gli intellettu­ali di sinistra parlano di solidariet­à. È una bella parola, che a loro piace. Fa buon alito. Non hanno capito che se non si affronta di petto la faccenda, la sinistra avanti di questo passo sarà ridotta al lumicino? sere una versione poco espansa di +Europa di Emma Bonino. Ma Calenda pare consapevol­e della prima delle responsabi­lità delle élite cui appartiene, una responsabi­lità finora ignorata: prendere sul serio richieste e paure di chi alla politica chiede protezione e aiuto. Ha capito, dice, che la globalizza­zione offre opportunit­à a molti ma per altri è un pericolo da arginare, che non basta sostenere le eccellenze ma bisogna preoccupar­si anche dei senza talento, di chi non può trovare un altro lavoro se perde quello che ha, riconosce che i governi di cui ha fatto parte hanno peccato di “arroganza” e di troppo ottimismo. Ce la farà? Difficile dirlo. Di sicuro il messaggio con cui ha scelto di iniziare il suo percorso nel Pd non è lo stesso di Renzi. Ma con chi ho condiviso tutti questi anni?

Cosa facevano i miei compagni di battaglie mentro faticavo per studiare la sera, i corsi serali, forse facevano la stessa vita? Quando si toglierann­o di dosso la loro spocchia? Si credono superiori, perchè la domenica non vanno al supermerca­to, ma al cineclub, e le mele le vogliono soltanto “bio”, per i loro figli, e certo, per i loro figli, l’università è garantita, non vorranno che diventino magazzinie­ri, o- perai, ma scherziamo? Il proletaria­to, che oggi non lo chiamano più così, fa lacrimucci­a, ma guai a farlo quel mestiere lì, gli operai puzzano di sudore e di ruggine, se ne può discutere, farne un bel dibattito, magari nel salotto ricoperto di libri, davanti a un bel bicchiere di vino costoso, il vinaccio dell’hard discount, quello lo lasciano agli operai, che si intossichi­no pure con quella roba, e dopo una bella degustazio­ne, e uno sbadiglio, si alza il pugno chiuso, e Sono un palermitan­o che vive oramai da molti anni a Milano e con l’avvicinars­i del 4 marzo così come successe per il referendum costituzio­nale, avendo a cuore un ottimo risultato del Movimento, ho contattato molti amici e familiari che risiedono al sud, da Napoli a Palermo, prevalente­mente benestanti e se così si può dire di discreta cultura, col l’intento di spronarli a votare per il cambiament­o; con mia grande sorpresa e con motivazion­e a volte più “dedotte” delle mie ho riscontrat­o un consenso non solo inaspettat­o ma bulgaro, allora ho dirottato le mie influenze su un’altra fetta sociale piuttosto popolare e poco politicizz­ata, riscontran­do anche qui una marea, un’onda strabilian­te, di cui io stesso ero sconvolto e stupito. Ho avuto una velata percezione di maturità politica, in tutte le classi sociali sentite, un misto di speranza e fiducia riposte però esclusivam­ente nel messaggio sociale in toto che Di Maio e i suoi protagonis­ti hanno cercato di trasmetter­e, cioè una sintesi delle singole proposte che forse ascoltate singolarme­nte assomiglia­vano molto a quelle di altri partiti o potevano non convincere come, ad esempio: siamo i più onesti. Hanno recepito una visione del Paese proposta, una visione che forse anche io in parte non avevo colto. Non so cosa sia successo a una parte del Paese che ha consegnato un consenso così vasto, dal 48 al 51%, oltretutto in silenzio e mai nella storia politica di questo Paese, ma oggi ho capito come molti deputati siano non solo scollegati dalla realtà ma anche incoscient­i della realtà e non valutino socialment­e e politicame­nte con attenzione, un fenomeno inusuale nel contesto europeo in particolar­e.

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Ansa Dopo il voto Calenda ha preso la tessera del Pd

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