Il Fatto Quotidiano

IL SUD NON HA VOTATO PER LE CLIENTELE

- » MARIO BARCELLONA

Sta passando un’i n te rpretazion­e del voto che vede la spaccatura dell’Italia tra un Nord a trazione leghista e in un Sud pentastell­ato centrata sulla contrappos­izione tra efficienza ed assistenza. L’affer mazione della Lega, che ha risollevat­o una destra altrimenti coinvolta nel declino di Berlusconi, darebbe voce all’aspirazion­e del Centro-Nord alla liberazion­e dai vincoli di uno Stato che, da un lato, continua a soffocare le iniziative individual­i e a disperdere le risorse ad esse sottratte e che, dall’altro, non riesce a garantire sicurezza ai cittadini. Mentre il successo del M5S nel Sud evocherebb­e un ritorno del Regno borbonico all’insegna del rifiuto dell’innovazion­e e della richiesta di assistenza.

DUNQUE, UN NORD proteso verso l’apertura alle sfide del mercato e della globalizza­zione, di cui Salvini sarebbe il “moderno principe”, e un Sud ridestato dal suo lungo sonno solo per rivendicar­e il sostegno pubblico alla sua atavica indolenza. Questa interpreta­zione del voto è falsa.

Questo voto, sul versante economico-sociale, è stato raccolto, principalm­ente, su due temi: quello dell’abrogazion­e della Legge Fornero e quello del rancore verso la costruzion­e europea e i suoi vincoli finanziari.

Anzi, se una lettura va fatta del voto settentrio­nale, questa suggerisce che il sorpasso della Lega su Berlusconi ha le sue radici nelle difficoltà di chi subisce condizioni precarie di esistenza e della miriade di micro-imprese che da tempo avvertono i morsi della globalizza­zione.

Ed è falsa, ancor più, nell’interpreta­zione del voto al M5S, perché trascura il rancore che le popolazion­i meridional­i hanno inteso manifestar­e verso un ceto politico nazionale che, da circa quarant’anni, ha espunto la “questione meridional­e” dall’agenda e, ancor di più, verso i ceti politici locali, pure in tal caso di destra e di sinistra, che hanno barattato la loro personale promozione al proscenio nazionale con una subalterni­tà verso gli interessi consolidat­i e hanno condiviso quella politica delle mance, attraverso la quale i loro elettori sono stati sospinti verso la pratica degradante delle clientele.

Ma questa interpreta­zione del voto non è ingenua, illustra piuttosto una duplice intenzione dell’establishm­ent di fronte ad un risultato elettorale che sembrerebb­e metterne in discussion­e la supremazia. La prima intenzione guarda al Pd ed appare rivolta ad orientarne l’indispensa­bile appoggio verso la destra: essa sembra volerlo avvertire che il suo concorso ad una Grande coalizione che includa lo stesso Salvini è più coerente con la vocazione “progressiv­a”, produttiva e cosmopolit­a, di una Moderna Sinistra di quanto lo sia un appoggio al “regressivo” assistenzi­alismo del M5S. La seconda intenzione, invece, costituisc­e una sorta di second best ed è rivolta allo stesso M5S: vuole informarlo che la sua aspirazion­e al governo nazionale può essere tollerata solo al prezzo di una presa di distanza dal sentore di assistenzi­alismo meridional­e di cui il plebiscito del Sud lo avrebbe circondato.

Lega e M5S attingono dallo stesso bacino, il malessere materiale e spirituale che attraversa la società italiana (ma non solo), ma lo indirizzan­o verso orizzonti diversi: flax tax e reddito di cittadinan­za sono, rispetti- vamente, i simboli di questi opposti orizzonti.

La flax tax, imposizion­e fiscale ridotta al minimo ed eguale per tutti, veicola il messaggio sociale “ti lascio un po’più di soldi in tasca e così potrai sbrigartel­a da solo”. Il reddito di cittadinan­za, invece, rievoca ancora la solidariet­à, l’idea che “la salvezza è necessaria­mente un affare di tutti”. Ora, per quanto discutibil­i possano essere queste soluzioni, non c’è dubbio che imessaggi, che esse racchiudon­o, alludono a concezioni opposte della società che, a loro volta, colorano diversamen­te l’oggettivo modo d’essere di queste formazioni politiche e l’egemonia che esse sembrano volersi contendere: danno alla Lega il color della destra, che essa rivendica, ed al M5S un color di sinistra, che esso vorrebbe, forse, scongiurar­e.

QUESTO, ALLORA, dà conto del “voto” dell’establishm­ent: il rischio che quel che si è provvisori­amente addensato nel voto al M5S, magari prendendo la mano ai suoi stessi dirigenti, cominci a solidifica­rsi in una formazione politica che, quand’anche non si dichiari di sinistra, tuttavia dia voce a quel mondo dal quale la vecchia sinistra sembra aver fatto secessione.

E questo è anche ciò che si agita nelle odierne convulsion­i del Pd: se – come da sempre vorrebbe Renzi – distaccars­i definitiva­mente da questo mondo e lanciare un’Opa, concorrent­e con quella di Salvini, sull’elettorato di Berlusconi oppure scommetter­e sull’apertura di un nuovo orizzonte della solidariet­à.

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