Il Fatto Quotidiano

I dazi di Trump scontentan­o anche gli amici

Sovrapprez­zi ad acciaio e alluminio stranieri per frenare l’emorragia di posti di lavoro

- » VALERIO CATTANO

pro sia avvenuto più di un decennio fa, la sua gravità potrebbe escludere Weinstein dallo statuto di limitazion­e che prevede che tutte le accuse di attacchi sessuali a parte le più gravi siano riportate entro cinque anni.

Tra coloro che plaudono gli ultimi sviluppi anche la modella Ambra Battilana Gutier- rez, che si recò dalle autorità nel 2015 dopo che Weinstein le fece approcci sconvenien­ti nel suo ufficio di Tribeca

L’ufficio del procurator­e è da tempo sotto il fuoco di pesanti critiche per la decisione di non perseguire il produttore, accusato di aver stuprato le attrici Asia Argento, Rose McGowan e Annabelle Sciorra.

Solo due giorni fa il Washington Post riferiva che il ministro alla Difesa, James Mattis e il segretario di Stato, Rex Tillerson, avevano messo in guardia i funzionari dell’amministra­zione Trump sulla proposta del presidente riguardant­e i dazi: potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale perché in grado di danneggiar­e le relazioni con gli alleati. E poi ci sono 107 parlamenta­ri repubblica­ni che scrivono una lettera, mettendo nero su bianco i loro timori. Parole al vento.

Liberatosi dell'ultimo ostacolo – Gary Cohn, il chief economic advisor – The Donald ha tirato dritto: per lui si trattava di mantenere fede ad una promessa verso quell'elettorato americano che si sente in trincea, che vede le fabbriche chiudere e punta il dito contro i nemici commercial­i, in questo caso la Cina. Così ieri il presidente Trump ha firmato i dazi al 25% sull’acciaio e al 10% sull'alluminio, riservando un trattament­o particolar­e per Australia, Canada e Messico, anche se i centroamer­icani dovranno rinegoziar­e l’accordo di libero commercio Nafta. La Casa Bianca fa sapere che il provvedime­nto sarà operativo in quindici giorni.

“GRANDE FLESSIBILI­TÀ e cooperazio­ne verso quelli che sono i veri amici e ci trattano equamente, sia sul piano commercial­e che militare”, scrive su Twitter il capo della Casa Bianca, ribadendo l’amicizia con l’Australia.

I nemici sono invece quelli che non rispettano gli Usa, anche sul piano delle spese militari; quello dei contributi alla Nato è altro argomento privilegia­to da Trump che sotto- linea per l’ennesima volta: “Abbiamo amici e anche dei nemici che si sono approfitta­ti enormement­e di noi da anni su commercio e difesa. Se guardiamo la Nato, la Germania paga l’1% e noi paghiamo il 4,2% di un pil molto più importante. Questo non è giusto”. Applausi degli aficianado­s della serie Trump da solo contro l’universo. I nemici, come li chiama il tycoon, non restano a guardare. Prima fra tutti la Cina, che era il bersaglio principale nella contesa per l’acciaio. “Scegliere la guerra commercial­e è una soluzione sbagliata. Alla fine si danneggian­o gli altri e se stessi”, dichiara il ministro degli Esteri Wang Yi. Pechino non è sola: 11 Paesi hanno firmato ieri una nuova versione d el l’accordo Trans Pacific Partnershi­p (Tpp) in Cile. Al nuovo patto, il Comprehens­ive and Progressiv­e Trans Pacific Partnershi­p (Cptpp), aderiscono Canada, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Messico, Cile, Perù, Vietnam, Malaysia, Brunei e Singapore. Il Tpp era uno degli elementi forti della politica dell’ex presidente americano Barack Obama nell’area del Pacifico, Trump aveva fatto in modo di ritirarsi dall’intesa subito dopo il suo insediamen­to, affermando che non proteggeva gli interessi dei lavoratori.

“America first” resta il motto di The Donald, slogan quanto mai efficace se accostato al tema della sicurezza nazionale; acciaio e alluminio sono utilizzati nel settore della difesa. E la Casa Bianca, ricordando che gli Usa sono diventati il più grande importator­e al mondo di acciaio (con un volume quasi 4 volte quello che esporta) e di alluminio (nel 2016 era importato il 90% della domanda, +66% rispetto al 2012) mette sotto accusa le “pratiche commercial­e ingiuste”, che hanno decimato le industrie americane con una perdita di 94 mila posti di lavoro e la chiusura permanente dal 2012 di 6 grandi fonderie.

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Ansa Comando da solo Donald Trump alla Casa Bianca

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