Agenti penitenziari: al gelo con le divise estive
I poliziotti sono costretti a utilizzare capi leggeri o a rattoppare quelli vecchi
Alavoro
con le divise estive, anche durante le ultime settimane di gelo. È la denuncia dei sindacati Fp Cigl e PolPenUil e del movimento Storie di polizia penitenziaria, in difesa dei circa 36mila poliziotti penitenziari sparsi in tutta Italia. “La mancata consegna del vestiario invernale costringe il personale a prestare servizio con uniformi, camicie o scarpe inadeguate al clima, logore o di tagli diverse da quelle necessarie”, accusa Massimiliano Prestini, coordinatore nazionale del sindacato di federazione Cgil.
L’ONDATA di freddo di questo inverno ha accentuato le proteste in diverse Regioni, ma il problema si trascina da molto più tempo, come precisa il movimento Storie di polizia penitenziaria: “In certi istituti non arrivano nuovi capi da 14 anni. Ognuno si arrangia come può, rattoppando vecchie uniformi o coprendosi per quanto possibile con propri indumenti. E quando un collega va in pensione c’è la fila al suo armadietto...”. Per vederci chiaro la Fp Cgil ha deciso di scrivere direttamente al direttore del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Santi Consolo, a cui ha inviato una lettera nei giorni scorsi. “Agli agenti che chiedono uniformi invernali nei loro istituti – continua Prestini – viene detto che non c’è disponibilità o che sono rimaste taglie troppo piccole o troppo grandi”. A fornire gli istituti dovrebbe essere un ufficio regionale, che si occupa di smistare le uniformi del dipartimento nazionale sui territori.
MA QUALCOSA, in questo meccanismo, non funziona più. “Da anni facciamo esposti scritti all’amministrazione – aggiunge Angelo Urso, segretario di PolPenUil – ma le risposte, quando arrivano, sono sempre vaghe”. Lo scorso 31 gennaio il dipartimento di polizia penitenziaria ha inviato una nota al sindacato Uil, affermando di aver distribuito “complessivamente 192.264 articoli di vestiario per il personale del Corpo” nel biennio 2016-2017 e di poter contare su una giacenza di magazzino “di 213.681 capi distribuibili”. Numeri poco significativi, secondo Storie di polizia penitenziaria: “Può essere, ma cosa si intende per articoli in giacenza? Magari si tratta di taglie poco utilizzate o di piccoli accessori”.
C’è poi un aspetto psicologico da considerare: “Trattare gli agenti in questo modo – dice Prestini – sv i l i s c e l’immagine della polizia penitenziaria e fa sì che i lavoratori si sentano abbandonati, in un ambiente di lavoro già complicato e logorante come il carcere”.
E il problema riguarda anche gli allievi del 173° corso di formazione del Corpo, che a tre mesi dall’inizio dell’attività non hanno ancora ricevuto tutta la necessaria dotazione. Neoassunti e agenti di lungo corso sono costretti arimediare per conto proprio, ma si trovano nel paradosso di dover combattere la scarsa dotazione restando fedeli al regolamento interno del Corpo, che dà indicazioni precise in termini di uniforme. Secondo il codice di disciplina della polizia penitenziaria, infatti, è sottoposto a censura, cioè a una dichiarazione formale di biasimo, chi abbia la divisa in disordine o faccia “uso promiscuo di capi di vestiario dell’uniforme con altri non pertinenti”. Ma se mancano i rifornimenti, agli agenti non restano molte alternative.
Le proteste
In alcuni istituti non arriva nuovo abbigliamento di servizio da 14 anni