Bufale mediatiche con il copyright di “Stampubblica”
“Era questa la grande verità della vita: che il dato di fatto e la finzione non fanno che fondersi, fino a divenire intercambiabili”. (da “Un giorno di festa” di Graham Swift – Neri Pozza, 2016 – pag. 98)
Parliamo tanto di “fake news”, notizie false o bufale che dir si voglia, diffuse sulla rete e in particolare sui social network. E giustamente invochiamo nuove regole per disciplinare e responsabilizzare la comunicazione digitale, rivendicando il primato dell’informazione professionale, quella della carta stampata o della radiotelevisione, che dovrebbe essere più puntuale, attendibile e affidabile. Ma ora che la campagna elettorale s’è finalmente conclusa, e nella speranza che non ne cominci troppo presto un’altra, si possono tirare le somme sul piano mediatico per valutare gli effetti e le conseguenze delle false notizie.
Fra tutte le bufale circolate online e offline in questi ultimi mesi, due si sono distinte in particolare per la pesantezza e la virulenza. Ed entrambe sono state prodotte dai giornali del gruppo Gedi che, attraverso la maxi-fusione fra il gruppo editoriale L’Espresso e la Fiat, ha partorito quell’ircocervo denominato “Stampubblica”. Due casi deleteri di propaganda politica, tanto allarmistica quanto risultata poi falsa o infondata, al punto da giustificare qualche sospetto di strumentalizzazione.
LA PRIMA delle “fake news” riguarda il presunto complotto internazionale che sarebbe stato ordito dalla Russia di Putin, come ha denunciato a più riprese La Stampa di Torino, il quotidiano della famiglia Agnelli soprannominato da sempre in dialetto piemontese “la busiarda”, ovvero la bugiarda. L’accusa, lanciata dall’ex vicepresidente americano democratico Joe Biden e ripresa anche dal Pd, sosteneva che i servizi segreti del Cremlino – dopo aver favorito la vittoria di Donald Trump alla Casa Bianca – avrebbero tentato di inquinare prima la consultazione sul referendum costituzionale e poi le elezioni italiane, appoggiando le forze euro-scettiche e anti-sistema (Lega e M5S) per mettere in crisi la stabilità dell’Unione europea. Rispetto alla gravità di questi sospetti da “guerra fredda”, finora non è stato prodotto però alcun elemento di fatto, alcuna prova né tantomeno alcuna conferma. La seconda bufala, ancora più evidente e inquietante, l’ha diffusa il quotidiano la Repubblica con l’allarme sul pericolo di una “marea nera” che si sarebbe abbattuta sulla politica nostrana. Non si può proprio dire, infatti, che nell’ultima tornata elettorale le formazioni neo-fasciste abbiano sfondato, fermandosi ben al di sotto della soglia minima del 3%: Casa Pound allo 0,9% e Forza Nuova (con la lista “Italia agli italiani”, insieme a Fiamma tricolore) allo 0,37%. In questo caso, il maldestro tentativo di amplificare ed enfatizzare il fenomeno a fini di propaganda politica, risulta smentito clamorosamente dai fatti e dal responso delle urne. Tant’è che in tv il neo-fascista Simone Di Stefano ha cercato di giustificare il flop lamentandosi di essere stato ignorato dai media e offrendo a quel formidabile battutista di Enrico Mentana, direttore del Tg La7, lo spunto per una sarcastica replica: “Ma che cosa volevate, Fantastico?”.
Il fatto è che ormai la verità e la post-verità si confondono sempre più nel frullatore mediatico quotidiano, disorientando i lettori e compromettendo la credibilità residua dei giornali. Poi, l’amplificazione della rete e dei social network completa l’opera fino a svilire l’informazione, professionale o spontanea. Chissà che, prima o poi, a qualcuno non venga in mente di fondare una nuova testata, “La Bugia”: forse potrebbe essere quella che racconta la verità.