“Il LabX uccide ancora”
La “fabbrica dei veleni” e gli omicidi di Stato
Nei
documenti dell’era sovietica era indicato come LabX. Il nome ufficiale è più anonimo: Istituto di Ricerca Scientifica numero 2, o NII-2. Un laboratorio in un edificio squadrato alla periferia di Mosca. La funzione precisa del laborato- rio è un segreto di stato, ma secondo diversi ex ufficiali dei servizi di intelligence russa - scrive Luke Harding sul Guardian - sarebbe tuttora quella la sede della “fabbrica dei veleni” creata nel 1921 per ordine di Vladimir Lenin.
Nato, pare, per sviluppare armi chimiche da utilizzare in guerra e poi virato, sotto il controllo del KGB, sulla ricerca e produzione di tossine letali per omicidi mirati. Omicidi di stato.
La funzione del LabX è stata ampiamente descritta nel libro Special Task: il memoriale, pubblicato nel 1994, di Pavel Sudoplatov, ex capo del servizio segreto sotto Stalin fin dal 1939 e uno degli organizzatori della missione internazionale per l’eliminazione di Lev Trockij, nell’agosto del 1940.
Secondo Sudoplatov era il direttore del laboratorio, Grigory Mairanovsky, ad infettare le vittime con veleni letali durante fin- ti controlli medici di routine. Così sarebbero stati eliminati giornalisti ucraini, potenziali disertori e anche il diplomatico svedese Raoul Wallenberg, scomparso a Budapest alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Solo primi di una lunga lista di nemici politici, ex agenti segreti, dissidenti uccisi senza spargimento di sangue. L’Unione Sovietica prima e la Russia poi hanno una lunga tradizione di avvelenamenti strategici, interrotta solo negli anni di Mikhail Gorbachev e Boris Yeltsin. Nel 1988 il primo avrebbe chiesto informazioni sul LabX, scontrandosi con il n ie t del KGB. Secondo notizie più recenti, il LabX sarebbe ancora attivo, stavolta agli ordini del FSB, i servizi di sicurezza che hanno sostituito il KGB nella Russia di Putin. Avrebbe avuto un ruolo anche nella morte di Aleksandr Litvinenko, ucciso nel 2006 da un the al polonio.
NEL 2015l’inchiesta britannica ha accertato che l’isotopo fatale era stato prodotto in un’altro laboratorio statale russo, a Sarov, ma l’ipotesi è che siano stati i tecnici del NII-2 a ad averlo reso trasportabile a Londra, forse dentro granuli gelatinosi. È successo lo stesso anche nel caso di Sergei Skripal, ex spia di alto profilo, nome in codice Forthwith? I tossicologi sono ancora al lavoro per determinare quale “agente nervino” abbia avvelenato lui, la figlia Yulia e, più lievemente, altre 21 persone. Duecento i potenziali testimoni identificati dalla polizia.
Scoprire di cosa si tratta può aiutare a determinare la provenienza della tossina, e da qui il mandante. Se le tracce portassero al LabX, la domanda è: perché usare una procedura tanto complessa per eliminare una ex spia in pensione?