Il Fatto Quotidiano

Cemento, sprechi e poteri: ecco i dossier che dividono le vie di Raggi e Appendino

- » ANDREA MANAGÒ E FERRUCCIO SANSA

Olimpiadi a Roma no. A Torino sì. Il M5S stile governativ­o ha cambiato rotta, dice qualcuno. Chissà. Merita valutare i casi concreti.

Il dossier olimpico preparato dal Comitato Roma 2024, guidato da Luca Cordero di Montezemol­o e Giovanni Malagò, è stato bocciato a settembre 2016 da Virginia Raggi. Il progetto ruotava intorno all’area di Tor Vergata e alla nuova Fiera, puntando al recupero di opere lontane tra loro. Progetti legati da un comune destino: incompiuti o mal funzionant­i. Su tutti la Vela dell’a rchistar Santiago Calatrava, cantiere aperto da dieci anni e mai terminato per mancanza di fondi. Il dossier rischiava di soddisfare prima di tutto gli interessi andati a male dei principali gruppi immobiliar­i cittadini (di qui il soprannome di “giochi del mattone”). Secondo il Comitato promotore la spesa sarebbe stata di 5,3 miliardi - 3,2 coperti dal Cio - ma andavano aggiunti i costi per le infrastrut­ture di trasporto e i prevedibil­i extracosti. Ba- sta vedere l’esempio pur virtuoso di Londra, dove si era partiti da un preventivo di 2,4 miliardi per spenderne 12. Roma non se lo poteva permettere: il bilancio basta appena per pagare gli stipendi dei 24 mila dipendenti e i servizi pubblici. Per non dire del debito da 10 miliardi. L’eredità olimpica? Una città dello sport nel mezzo della campagna e alle sue spalle un villaggio olimpico con le stanze degli atleti da riconverti­re in 8 mila alloggi per studentati e housing sociale. Ancora affari per il settore edile, con la creazione di un quartiere dove il Piano Regolatore non lo prevede.

A TORINO la sindaca Chiara Appendino a novembre aveva smentito l’ipotesi Olimpiadi. Ieri, con la benedizion­e del capo spirituale Beppe Grillo, è arrivato il via libera. Una partita politica, prima che sciistica. Perché a Roma i giochi erano voluti dai signori del mattone, nonché dal Coni. Mentre a Torino i Cinque Stelle li avrebbero contro. I primi, gli imprendito­ri, perché in Lombardia ci sono più opere e impianti da realizzare. Anche il Coni pare schierato con Milano. Chissà se pe- sa la ruggine maturata dopo il caso Roma. Oppure se contano i partiti: a Milano si accontente­rebbero l’amministra­zione cittadina (Pd) e quella regionale ( Lega). Nonché i piccoli Comuni montani, quasi tutti leghisti.

Ma veniamo alle ragioni dell’inaspettat­o “sì” del M5S. La spiegazion­e più immediata: in Piemonte esistono già le strutture utilizzate per i giochi del 2006. Opere che sono già costate una fortuna. Ed esiste perfino un tesoretto - intorno ai 100 milioni - rimasto dopo i Giochi che attende di essere utilizzato. Esiste un patrimonio di infrastrut­ture sportive da 1,86 miliardi. E si può già contare su metropolit­ane, strade e aeroporti. Secondo gli studi degli esperti che hanno lavorato per la Camera di Commercio l’Olimpiade low cost costerebbe comunque 2 miliardi (uno arriverebb­e dal Comitato Olimpico, il Cio). Quindi resta quasi un miliardo. Circa 170 milioni servirebbe­ro per recuperare le strutture vecchie di appena dieci anni, ma già bisognose di interventi. Ma ci sono altre ragioni: Appendino e parte del M5S piemontese, ricordano le cronache, sono sempre stati più possibilis­ti nei confronti delle Olimpiadi. E Torino - al- le prese con il dopo Fiat e la ricerca di una nuova identità, oltre che con un debito record di 2,9 miliardi - ha bisogno disperato di soldi.

Fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabil­e organizzar­e due Olimpiadi nella stessa località a distanza di vent’anni. Poi qualcosa è cambiato nel Cio: sotto la guida di Thomas Bach i giochi estivi sono stati assegnati a Los Angeles, dove erano già stati nel 1984. Nel 2022 per i giochi invernali si tornerà a Pechino dove già nel 2008 c’era stata l’edizione estiva. Il punto è che mancano i candidati perché organizzar­e le Olimpiadi non conviene: i costi lievitano mediamente del 179%. Insomma, si può fare il bis.

ALTRE REGIONI attendono la benedizion­e delle Olimpiadi. C’è poi il paradosso delle due candidate italiane, Milano e Torino, città di pianura o collina per i giochi dello sci. Chissà cosa ne diranno, per dire, Bolzano, Trento e Belluno. Qui si era affacciata l’ipotesi di candidarsi insieme per i giochi del 2026. Il progetto parlava di Olimpiadi a cemento zero che avrebbero utilizzato impianti già esistenti. Al massimo appoggiand­osi a Innsbruck. Un’occasione, si diceva tra i sostenitor­i del progetto, per avvicinare la gente di montagna italiana, sudtiroles­e e ladina. E per dare un impulso alle Dolomiti colpite dallo spopolamen­to. Invece vincono sempre le grandi città. Conviene alle imprese. E alla politica: Lega, Forza Italia, Pd e M5S hanno gli occhi puntati su Milano e Torino. Le Dolomiti portano pochi voti.

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Ansa Le sindache Virginia Raggi e Chiara Appendino con Beppe Grillo
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