Cemento, sprechi e poteri: ecco i dossier che dividono le vie di Raggi e Appendino
Olimpiadi a Roma no. A Torino sì. Il M5S stile governativo ha cambiato rotta, dice qualcuno. Chissà. Merita valutare i casi concreti.
Il dossier olimpico preparato dal Comitato Roma 2024, guidato da Luca Cordero di Montezemolo e Giovanni Malagò, è stato bocciato a settembre 2016 da Virginia Raggi. Il progetto ruotava intorno all’area di Tor Vergata e alla nuova Fiera, puntando al recupero di opere lontane tra loro. Progetti legati da un comune destino: incompiuti o mal funzionanti. Su tutti la Vela dell’a rchistar Santiago Calatrava, cantiere aperto da dieci anni e mai terminato per mancanza di fondi. Il dossier rischiava di soddisfare prima di tutto gli interessi andati a male dei principali gruppi immobiliari cittadini (di qui il soprannome di “giochi del mattone”). Secondo il Comitato promotore la spesa sarebbe stata di 5,3 miliardi - 3,2 coperti dal Cio - ma andavano aggiunti i costi per le infrastrutture di trasporto e i prevedibili extracosti. Ba- sta vedere l’esempio pur virtuoso di Londra, dove si era partiti da un preventivo di 2,4 miliardi per spenderne 12. Roma non se lo poteva permettere: il bilancio basta appena per pagare gli stipendi dei 24 mila dipendenti e i servizi pubblici. Per non dire del debito da 10 miliardi. L’eredità olimpica? Una città dello sport nel mezzo della campagna e alle sue spalle un villaggio olimpico con le stanze degli atleti da riconvertire in 8 mila alloggi per studentati e housing sociale. Ancora affari per il settore edile, con la creazione di un quartiere dove il Piano Regolatore non lo prevede.
A TORINO la sindaca Chiara Appendino a novembre aveva smentito l’ipotesi Olimpiadi. Ieri, con la benedizione del capo spirituale Beppe Grillo, è arrivato il via libera. Una partita politica, prima che sciistica. Perché a Roma i giochi erano voluti dai signori del mattone, nonché dal Coni. Mentre a Torino i Cinque Stelle li avrebbero contro. I primi, gli imprenditori, perché in Lombardia ci sono più opere e impianti da realizzare. Anche il Coni pare schierato con Milano. Chissà se pe- sa la ruggine maturata dopo il caso Roma. Oppure se contano i partiti: a Milano si accontenterebbero l’amministrazione cittadina (Pd) e quella regionale ( Lega). Nonché i piccoli Comuni montani, quasi tutti leghisti.
Ma veniamo alle ragioni dell’inaspettato “sì” del M5S. La spiegazione più immediata: in Piemonte esistono già le strutture utilizzate per i giochi del 2006. Opere che sono già costate una fortuna. Ed esiste perfino un tesoretto - intorno ai 100 milioni - rimasto dopo i Giochi che attende di essere utilizzato. Esiste un patrimonio di infrastrutture sportive da 1,86 miliardi. E si può già contare su metropolitane, strade e aeroporti. Secondo gli studi degli esperti che hanno lavorato per la Camera di Commercio l’Olimpiade low cost costerebbe comunque 2 miliardi (uno arriverebbe dal Comitato Olimpico, il Cio). Quindi resta quasi un miliardo. Circa 170 milioni servirebbero per recuperare le strutture vecchie di appena dieci anni, ma già bisognose di interventi. Ma ci sono altre ragioni: Appendino e parte del M5S piemontese, ricordano le cronache, sono sempre stati più possibilisti nei confronti delle Olimpiadi. E Torino - al- le prese con il dopo Fiat e la ricerca di una nuova identità, oltre che con un debito record di 2,9 miliardi - ha bisogno disperato di soldi.
Fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile organizzare due Olimpiadi nella stessa località a distanza di vent’anni. Poi qualcosa è cambiato nel Cio: sotto la guida di Thomas Bach i giochi estivi sono stati assegnati a Los Angeles, dove erano già stati nel 1984. Nel 2022 per i giochi invernali si tornerà a Pechino dove già nel 2008 c’era stata l’edizione estiva. Il punto è che mancano i candidati perché organizzare le Olimpiadi non conviene: i costi lievitano mediamente del 179%. Insomma, si può fare il bis.
ALTRE REGIONI attendono la benedizione delle Olimpiadi. C’è poi il paradosso delle due candidate italiane, Milano e Torino, città di pianura o collina per i giochi dello sci. Chissà cosa ne diranno, per dire, Bolzano, Trento e Belluno. Qui si era affacciata l’ipotesi di candidarsi insieme per i giochi del 2026. Il progetto parlava di Olimpiadi a cemento zero che avrebbero utilizzato impianti già esistenti. Al massimo appoggiandosi a Innsbruck. Un’occasione, si diceva tra i sostenitori del progetto, per avvicinare la gente di montagna italiana, sudtirolese e ladina. E per dare un impulso alle Dolomiti colpite dallo spopolamento. Invece vincono sempre le grandi città. Conviene alle imprese. E alla politica: Lega, Forza Italia, Pd e M5S hanno gli occhi puntati su Milano e Torino. Le Dolomiti portano pochi voti.