Il Fatto Quotidiano

5Stelle, Fi “assalta” gli eletti Ma Di Maio cerca voti a destra

I berlusconi­ani corteggian­o i parlamenta­ri sui territori. E il M5S vuole “allargare ”

- » LUCA DE CAROLIS

Si annusano e si lanciano segnali, da pokeristi un po’ così. E intanto già sperano di sottrarsi eletti, nella terra di mezzo dei parlamenta­ri incerti. Con il vincitore, Luigi Di Maio, che è pronto a prendersi il sostegno anche di una parte di Forza Italia, “almeno quella non compromess­a” come teorizza un ufficiale di peso. E i forzisti, che già gettano le reti verso i 5Stelle vecchi e nuovi: con telefonate, incontri che sembrano casuali ma non lo sono, caffè e aperitivi che in realtà sono esplorazio­ni

NEL MARZO 2018 dove i numeri del voto sono un rebus, 5Stelle e berlusconi­ani si devono per forza guardare. Sospesi tra trattativa e competizio­ne. Ed è il milionesim­o segnale della mutazione del Movimento: prima barbaro ed impulsivo, ora borghese e calcolator­e. Conversion­e evidente innanzitut­to nella comunicazi­one. Perché nel M5S dei primi tempi reagivano di pancia e ora misurano le sillabe, sullo sfondo di foto da copertina patinata. Prima seguivano come una stella cometa parole e parolacce del fondatore Beppe Grillo e ora lo guardano con un sorriso di circostanz­a mentre gioca con la sabbia in un video, ironico sulle schermagli­e tra partiti. Mentre loro, i profession­isti, parlano con comunicati da “convergenz­e parallele” e immaginano strategie. Solo una cosa non muta, il silenzio: la stessa arma contro gli stessi nemici, i giornalist­i. Oggi come allora, il 2013, quando i 5Stelle dilagarono nei palazzi come alieni.

Cinque anni dopo, il Movimento 2.0 di Luigi Di Maio, 31 anni e tanta moderazion­e, riparte ancora con le bocche cucite dei tantissimi nuovi, oltre 250 su 339 eletti. Perché così ha voluto Rocco Casalino, capo della comunicazi­one, parola che nel dizionario a 5Stelle fa rima con potere. Ergo, Casalino è potentissi­mo. “La mia strategia comunicati­va ha funzionato” rivendica con i suoi. “Se abbiamo vinto così è anche grazie al lavoro della comunicazi­one in campagna elettorale” ha confermato Di Maio dal microfono in riunione. Così ecco il silenzio imposto e rispettato, come da linea del Casalino che ora gestirà tutto da Montecitor­io. Così influente da sbarrare il passo pure a un fidatissim­o di Di Maio come il suo responsabi­le relazioni istituzion­ali, Vincenzo Spadafora. Doveva essere il ministro alla Famiglia nella potenziale squadra di governo: ma negli ultimi giorni è saltato il ministero, e lui è rimasto fuori. Per il veto di Pietro Dettori, motore della Casaleggio, e di Casalino. L’ideatore della “riunione motivazion­ale” come la definiscon­o i 5Stelle. Un’assemblea che però è servita anche per ordinare le truppe e “proteggerl­e” da assalti esterni. Non tanto dalla Lega, che pure qualche abboccamen­to lo ha lanciato, nel Nord Est dove il Movimento arranca. Piuttosto l’avversario silente ma già attivo è Forza Italia, che ha mosso vari esponenti locali nelle regioni, “già dal 5 marzo” come sussurra un forzista. Il primo passo sono stati i messaggi di congratula­zioni. Poi sono arrivate le richieste di incontro, qualche pranzo, qualche chiacchier­a.

E ovviamente si è partiti dai parlamenta­ri che vengono da esperienze di centro-destra: non pochi, sul carro del Movimento. Ma il M5S ha registrato i movimenti tellurici, tramite i referenti territoria­li. Così a Roma hanno cominciato a compulsare le biografie degli eletti, cercando quelli più a rischio. E Di Maio ha dato mandato di sorvegliar­e a un gruppo di sua fiducia, coordinato dall’europarlam­entare siciliano Ignazio Corrao. Ma se la politica è l’arte di impedire agli avversari di fare la loro (Roberto Gervaso), il capo politico vuole anche controbatt­ere. Portandosi un pezzo di Forza Italia dalla propria parte. E partendo da Sud, dove il M5S ha consensi da plebiscito. “Noi abbiamo aperto a tutte le forze politiche, un governo

Comunicazi­one Dopo la vittoria Rocco Casalino sale di posizione (anche alla Camera)

senza il M5S sarebbe un insulto alla democrazia” ha scandito Di Maio ieri su Facebook. Confermand­o di non voler fare troppe distinzion­i tra Pd e LeU, che restano la prima opzione, e altri partiti. Ma usando anche toni indirettam­ente sbrigativi con il Colle, che è pur sempre l’arbitro della crisi. Poco in linea con il candidato devoto al Quirinale degli ultimi mesi. Perché Di Maio sarà pure “tranquillo” come giurano i suoi. Ma è comunque sotto pressione. Perché i nu- meri sono stretti. E lo saranno anche dopo la direzione dem di domani, che per i 5Stelle rappresent­a uno spartiacqu­e. E allora bisogna prendere anche a destra, togliendo terreno al leghista Matteo Salvini, che è “il vero polo avversario” come ripete Di Maio ai suoi.

QUINDI OCCHI sui forzisti, nella speranza che almeno una parte dia fiducia al Di Maio premier. Anche per non tornarsene a casa. Poi c’è il Renato Brunetta che su Avvenireha invocato il dialogo con M5S e Pd sulle presidenze delle Camere. “Se si parte dai programmi ci sono molte cose che uniscono” sostiene il deputato. Parole da intesa, nelle ore della guerra fredda. Dove tutti provano ad annettere tutti. Ma domani chissà.

Sui presidenti delle Camere dialogo con M5S e Pd RENATO BRUNETTA

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LaPresse Volto tv La senatrice M5S Paola Taverna
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