Il Fatto Quotidiano

LE ALLEANZE E L’IPOCRISIA AL POTERE

Maestri di pensieroCa­lcoli e odi post-elettorali: il Pd adesso non crede più nella responsabi­lità

- » ANGELO CANNATÀ

Un vecchio aforisma dice: “Guardati da due tipi umani: quelli che non dubitano di niente e quelli che dubitano di tutto”. Può essere utile, oggi, per capire qualcosa nell’intricata matassa delle alleanze per eleggere i presidenti di Camera e Senato e formare il governo del Paese. Non è una partita facile per il Presidente della Repubblica, arbitro imparziale che nel rispetto della Costituzio­ne dovrà decidere a chi affidare l’incarico di formare il governo. Come si orienterà?

Dai giornali emergono posizioni contrastan­ti. Alcuni “non dubitano di niente” e con inossidabi­le certezza dicono “no” all’alleanza PD-M5S: i populisti - scrive Ezio Mauro - “chiedono quelle prove di responsabi­lità che loro hanno negato in passato”: la sinistra resti all’opposizion­e. Strana tesi. Mauro dovrebbe spiegare perché l’eti ca della responsabi­lità, sempre invocata, oggi non vale più: siamo al concetto filosofico di responsabi­lità a corrente alternata. Non va bene.

Oggi davvero è il momento di mostrare il primato dell’interesse generale sempre sbandierat­o. Il M5S non è il male assoluto, ha saputo intercetta­re la sofferenza dei ceti deboli e unire etica e politica. Riduzione degli stipendi dei parlamenta­ri, regola dei due mandati, reddito di cittadinan­za: arrivano proposte giuste dai pentastell­ati e Scalfari ha intuito - prima di smentirsi (l’età gioca brutti scherzi) - che se il Movimento guarda a sinistra occorre un dialogo e una mediazione utile al Paese. Zagrebelsk­y: “No n trovo nulla di strano che si chieda alla sinistra e al Pd di trovare l’int esa per un governo col M 5 S”. Dicono: PD e 5Stelle sono molto diversi. Chiedo: non erano diversi anche DC e Pci negli anni ’70? Eppure trovarono un’intesa e, senza l’intervento delle Brigate Rosse, avrebbero siglato il compromess­o voluto da Berlinguer e Moro che sapevano elevarsi oltre le differenze per valorizzar­e ciò che di buono, i mondi che rappresent­avano, potevano esprimere. Oggi è la stessa cosa. Di più: la fine delle ideologie facilità un’intesa - posto che si voglia realizzarl­a - sul programma. Ma s’oppongono a un’al- leanza col Movimento anche quelli che “dubitano di tutto” e calcolano vantaggi e interessi e utili: non conviene ai dem perché rischiano di scomparire assorbiti dai grillini; non è utile al Movimento perché, se governa il centro-destra, alle prossime elezioni i pentastell­ati arrivano al 40 per cento… Ecc eter a. Calcoli. E dubbi su un’alleanza che, in realtà, è mediazione alta, fa uscire il Paese dall’impasse, aiuta la sinistra a ritrovare se stessa in una contaminaz­ione foriera di sviluppi: se le ideologie sono finite, da quest’incontro potrebbe nascere davvero, nel tempo, un’aggregazio­ne nuova che concili eguaglianz­a, giustizia e libertà.

Ecco perché è giusto preferire Di Maio a Salvini aprendo a un’alleanza PD- 5Stelle. Spiace che l’idea sia stata affermata e subito negata dal fondatore di Repubblica. In- credibile Scalfari. Dopo molte dichiarazi­oni errate (“Fra Berlusconi e Di Maio scelgo Berlusconi”) ne fa una giusta e subito la ritira come paradossal­e. Ha un attenuante, l’età; Scalfari si ama anche se sbaglia. Incomprens­ibile, invece, la posizione di Calabresi che avversa l’alleanza PD-M5S dopo aver spiegato che mediazione non significa inciucio. Se le cose stanno così – chiedo – perché osteggiarl­a se a proporla è Di Maio? Perché è leader del Movimento? Odi da campagna elettorale nel dopo elezioni.

Quelli che non dubitano di niente e quelli che dubitano di tutto (e preparano una crisi infinita) propongono sempre lo stesso schema: approvano un premier solo se indicato dal clan di riferiment­o. Ma sempre – c’è bisogno di dirlo? – per amore della democrazia. L’ipocrisia al potere.

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