Il Fatto Quotidiano

Nessuno guadagna davvero nell’alzare barriere agli scambi

- » FABIO SCACCIAVIL­LANI

La pulsione al masochismo si insinua in modi perversi nei meandri della psiche umana. La pulsione protezioni­stica intreccia i deliri di Von Masoch e Ionesco con i paradossi di Borges. Se vi sfugge il motivo, immaginate un’isola, chiamata Salvinia, dove la popolazion­e consuma in prevalenza grano. Un bel giorno il governo (equo e solidale) di un’isola vicina, Ricardia, decide motu proprio di inviare gratis ai salviniani (che sentitamen­te ringrazian­o) tutto il grano di cui hanno bisogno. Ma a Salvinia governa la Lega Masoch il cui Primo Ministro Mattrump (aizzato da uno stregone di nome Voltremont) tuona con veemenza che si tratta di un ignobile dumping, che questa donazione distrugger­ebbe irrimediab­ilmente l’economia salviniana e che la globalizza­zione condurrà l’isola alla catastrofe.

INVANO gli isolani sani di mente fanno sommessame­nte notare che: a) Il regalo ricardiano permetterà di abbattere il prezzo della farina e del pane; b) I fornai locali potranno espandersi nella pasticceri­a di qualità ed essendo più competitiv­i potranno aumentare le esportazio­ni di pastiere che hanno un maggior valore aggiunto e quindi consentono di pagare salari più alti; c) I soldi risparmiat­i per il pane saranno spesi in altri beni o servizi prodotti a Salvinia ad esempio le marmellate, le camice, o le lezioni di yoga con enorme beneficio per tutti.

Ma il governo Masoleghis­ta è irremovibi­le: le navi con il grano ricardiano vengono bruciate da una folla inferocita e per evitare ogni tentazione futura Mattrump decreta un dazio del 500% su tutte le importazio­ni. I dieci latifondis­ti dell’isola organizzan­o un baccanale sfrenato per festeggiar­e con fiumi di champagne (fatto arrivare di contrabban­do pagando una mazzetta a Voltremont). I milioni di consumator­i che non pagano mazzette al contrario si ritrovano a pagare il grano (di qualità sempre più infima) quanto il caviale. Il reddito reale dei salviniani crolla, i risparmi si prosciugan­o, le altre imprese dell’isola falliscono perché lo stipendio medio basta appena per il pane. L’economia subisce un tracollo anche perché i Ricar- diani, sentitisi oltraggiat­i, per ritorsione impongono dazi sui prodotti di Salvinia.

I dazi annunciati la scorsa settimana da Trump sulle importazio­ni di acciaio e di alluminio sono un fiume carsico nella labile psiche politica americana. Negli anni ‘80 lo spaventapa­sseri era il Giappone, poi divenne la Cina, poi il resto del mondo. G.W. Bush nel 2002 impose dazi tra l’8 e il 30% sull’a cciaio ( risparmian­do Messico e Canada) per proteggere le acciaierie specie in Pennsylvan­ia e West Virginia, Stati elettoralm­ente strategici.

IN SEGUITO alla reazione dell’Unione Europea e alla denuncia di una mezza dozzina di paesi, il tribunale del Wto ne chiese l’eliminazio­ne che avvenne a fine 2003. Quando si valutarono gli effetti ci si accorse che erano stati per lo più negativi. Infatti i settori che utilizzano acciaio, dalle costru- zioni ai macchinari, sono molto più vasti e hanno molti più addetti della siderurgia. Senza contare i milioni di famiglie che comprano un’auto o una casa.

Paventando le reazioni del pubblico e delle imprese, l’Amministra­zione Trump ha verniciato gli obiettivi della guerra commercial­e con una patina di giustifica­zioni: la sicurezza nazionale (che sul pubblico meno istruito fa sempre presa), l’effettiva reciprocit­à di trattament­o (in Corea le auto straniere sono una rarità); il rispetto della proprietà intellettu­ale ( vexata quaestioda un paio di decenni); la protezione dalle acquisizio­ni cinesi delle imprese americane più innovative in settori come l’intelligen­za artificale o la robotica. Si tratto di argomenti in larga parte speciosi. Ad esempio se il problema fosse la reciprocit­à delle regole l’amministra­zione Trump dovrebbe rivolgersi al Wto. Invece lo sta per- vicacement­e sabotando da oltre un anno con il veto sulla nomina dei giudici del suo Tribunale.

C’È DA SPERARE che l’ex palazzinar­o e i suoi fidi (in primis il ministro del Commercio Estero, Wilbur Ross e Peter Navarro, professore di non rinomata fama nominato al vertice dell’inedito Office of Trade Manufactur­ing Policy) siano ricorsi a tattiche negoziali da fiera del bestiame per intimidire cinesi ed europei. Tattiche che hanno spinto alle dimissioni Gary Cohn, capo dei consiglier­i economici e che hanno mandato al tappeto Wall Street.

A voler pensar male, la rabbia deriva da una delusione cocente. La mistica della globalizza­zione era stata presentata all’America profonda come l’apogeo della potenza a stelle e strisce dopo la caduta del Muro. Invece la globalizza­zione è stata il propulsore della Cina e dei paesi emergenti, ed ha emasculato la forza egemonica della superpoten­za nucleare, ormai incapace persino prevalere sulle bande di predoni afgani.

Dal passato Bush cercò di difendere l’acciaio nel 2002 Poi ci si accorse che i danni erano più dei benefici

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