Nessuno guadagna davvero nell’alzare barriere agli scambi
La pulsione al masochismo si insinua in modi perversi nei meandri della psiche umana. La pulsione protezionistica intreccia i deliri di Von Masoch e Ionesco con i paradossi di Borges. Se vi sfugge il motivo, immaginate un’isola, chiamata Salvinia, dove la popolazione consuma in prevalenza grano. Un bel giorno il governo (equo e solidale) di un’isola vicina, Ricardia, decide motu proprio di inviare gratis ai salviniani (che sentitamente ringraziano) tutto il grano di cui hanno bisogno. Ma a Salvinia governa la Lega Masoch il cui Primo Ministro Mattrump (aizzato da uno stregone di nome Voltremont) tuona con veemenza che si tratta di un ignobile dumping, che questa donazione distruggerebbe irrimediabilmente l’economia salviniana e che la globalizzazione condurrà l’isola alla catastrofe.
INVANO gli isolani sani di mente fanno sommessamente notare che: a) Il regalo ricardiano permetterà di abbattere il prezzo della farina e del pane; b) I fornai locali potranno espandersi nella pasticceria di qualità ed essendo più competitivi potranno aumentare le esportazioni di pastiere che hanno un maggior valore aggiunto e quindi consentono di pagare salari più alti; c) I soldi risparmiati per il pane saranno spesi in altri beni o servizi prodotti a Salvinia ad esempio le marmellate, le camice, o le lezioni di yoga con enorme beneficio per tutti.
Ma il governo Masoleghista è irremovibile: le navi con il grano ricardiano vengono bruciate da una folla inferocita e per evitare ogni tentazione futura Mattrump decreta un dazio del 500% su tutte le importazioni. I dieci latifondisti dell’isola organizzano un baccanale sfrenato per festeggiare con fiumi di champagne (fatto arrivare di contrabbando pagando una mazzetta a Voltremont). I milioni di consumatori che non pagano mazzette al contrario si ritrovano a pagare il grano (di qualità sempre più infima) quanto il caviale. Il reddito reale dei salviniani crolla, i risparmi si prosciugano, le altre imprese dell’isola falliscono perché lo stipendio medio basta appena per il pane. L’economia subisce un tracollo anche perché i Ricar- diani, sentitisi oltraggiati, per ritorsione impongono dazi sui prodotti di Salvinia.
I dazi annunciati la scorsa settimana da Trump sulle importazioni di acciaio e di alluminio sono un fiume carsico nella labile psiche politica americana. Negli anni ‘80 lo spaventapasseri era il Giappone, poi divenne la Cina, poi il resto del mondo. G.W. Bush nel 2002 impose dazi tra l’8 e il 30% sull’a cciaio ( risparmiando Messico e Canada) per proteggere le acciaierie specie in Pennsylvania e West Virginia, Stati elettoralmente strategici.
IN SEGUITO alla reazione dell’Unione Europea e alla denuncia di una mezza dozzina di paesi, il tribunale del Wto ne chiese l’eliminazione che avvenne a fine 2003. Quando si valutarono gli effetti ci si accorse che erano stati per lo più negativi. Infatti i settori che utilizzano acciaio, dalle costru- zioni ai macchinari, sono molto più vasti e hanno molti più addetti della siderurgia. Senza contare i milioni di famiglie che comprano un’auto o una casa.
Paventando le reazioni del pubblico e delle imprese, l’Amministrazione Trump ha verniciato gli obiettivi della guerra commerciale con una patina di giustificazioni: la sicurezza nazionale (che sul pubblico meno istruito fa sempre presa), l’effettiva reciprocità di trattamento (in Corea le auto straniere sono una rarità); il rispetto della proprietà intellettuale ( vexata quaestioda un paio di decenni); la protezione dalle acquisizioni cinesi delle imprese americane più innovative in settori come l’intelligenza artificale o la robotica. Si tratto di argomenti in larga parte speciosi. Ad esempio se il problema fosse la reciprocità delle regole l’amministrazione Trump dovrebbe rivolgersi al Wto. Invece lo sta per- vicacemente sabotando da oltre un anno con il veto sulla nomina dei giudici del suo Tribunale.
C’È DA SPERARE che l’ex palazzinaro e i suoi fidi (in primis il ministro del Commercio Estero, Wilbur Ross e Peter Navarro, professore di non rinomata fama nominato al vertice dell’inedito Office of Trade Manufacturing Policy) siano ricorsi a tattiche negoziali da fiera del bestiame per intimidire cinesi ed europei. Tattiche che hanno spinto alle dimissioni Gary Cohn, capo dei consiglieri economici e che hanno mandato al tappeto Wall Street.
A voler pensar male, la rabbia deriva da una delusione cocente. La mistica della globalizzazione era stata presentata all’America profonda come l’apogeo della potenza a stelle e strisce dopo la caduta del Muro. Invece la globalizzazione è stata il propulsore della Cina e dei paesi emergenti, ed ha emasculato la forza egemonica della superpotenza nucleare, ormai incapace persino prevalere sulle bande di predoni afgani.
Dal passato Bush cercò di difendere l’acciaio nel 2002 Poi ci si accorse che i danni erano più dei benefici