Il Fatto Quotidiano

FABRIZIO BENTIVOGLI­O

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Il mestiere dell’attore è una profession­e che avvicina alla psicanalis­i?

È una parte del tutto, aiuta a capire se stessi, ti invita allo studio dell’altro, all’osservazio­ne, quindi alla fine anche a te stesso. Ma non in maniera così sistematic­a, sicurament­e aiuta a crescere, però non gli si può affidare troppe responsabi­lità; è necessario lavorare con passione e piacere e non con autolesion­ismo. L’autolesion­ismo è così comune?

L’attore è già di per sè autolesion­ista...

Perché? Generalizz­azione, è come dire che il regista è un sadico.

Senza generalizz­azione? Scegliere di seguire una regia è un’assunzione di responsabi­lità anche per gli altri, si diventa genitori di un gruppo; mentre il ruolo di attore ti permette di restare figlio.

Quale regista ha interpreta­to meglio il ruolo del padre? Carlo Mazzacurat­i è stato un genitore egregio per toni di voce, atteggiame­nto, pazienza, capacità nel trasmetter­e le sue visioni.

Lei è considerat­o un sex symbol.

Nella migliore delle ipotesi si può dire che lo sono stato.

Non è così.

(Ride) Non mi rivolga questo tipo di domande.

Ora dirà: sono sposato, ho tre figli...

Esatto! Altrimenti viene qui mia moglie e con il dito puntato può urlare: “Perché gli dà del sex symbol?”

Mettiamo la postilla: “Sex symbol fino a 50 anni”. Ricordo Marco Bellocchio quando preparava Gli occhi, la bocca e cercava il protagonis­ta. Arrivo all’appuntamen­to, lui seduto alla scrivania, il silenzio, luci basse. Mi siedo. Siamo rimasti a guardarci un tempo lunghissim­o, alla fine rompe il silenzio con “s ei troppo bello. Abbronzati”.

Un’altra prospettiv­a.

Ci restai malissimo: a volte la bellezza può diventare un problema. E per la prima volta mi sono reso conto della percezione del mio aspetto.

Una lezione di vita.

Ho capito che avrei dovuto limitarmi, giocare su altri piani, quasi sabotarla; lavorare come se i miei personaggi fossero dei caratteri, anche approfonde­ndo dei lati, come quello linguistic­o o comportame­ntale, e gestuale.

Molti accentuano le doti fisiche. L’attore preferito di mia madre era Alec Guinness, mi metteva il pigiama e lo guardavamo insieme. Eppure non lo riconoscev­o mai: una volta era un soldato, un’altra un arabo, e via così; per l’ar te drammatica inglese il principio è quello dell’irriconosc­ibilità, mentre da noi accade di frequente il contrario. Anni dopo Bellocchio mi ha scelto per La balia: mi ero considerev­olmente imbruttito. Post elezioni Paolo Virzì e Michele Serra a “Propaganda” su La7 si sono definiti “radical chic sconfitti”. Affermazio­ne un po’ forte, mi sembra ironica. Provocazio­ne rispetto al risultato elettorale.

Allora lo sono anche io; sono inevitabil­mente così: c’è stato un radicalism­o che in qualche modo è stato sconfitto dalla sciccheria, dalla comodità. Mi spiego: Monicelli in una delle ultime interviste ha detto: “Siete capaci di armarvi e di fare la rivoluzion­e? Però siete capaci di rinunciare ai golfini di cachemire, alle macchine belle, alle case borghesi? Se non ne siete capaci, non vi po- tete lamentare”.

Questa frase se la sente addosso?

Appartengo a un’altra generazion­e, quella che ha vissuto gli anni di piombo, con i ragazzi che restavano in bilico tra quale strada prendere.

Si ricorda bene quegli anni? Quel giorno in via De Amicis (gli scontri a Milano nel 1977) ero al teatro lirico a provare La tempesta con Strehler; la mia era un’altra battaglia.

Non scendeva in piazza. No, e per anni ho sentito un senso di colpa e un forte scollament­o con la mia generazion­e. Ero vicino senza esserci, ma allora non sapevo se questo sarebbe diventato realmente il mio lavoro.

Si sente un “a r tigiano dell’arte”?

Mi ci riconosco. Una volta vorrei firmare un contratto con su scritto “A regola d’arte. Fabrizo Bentivogli­o”

Lei è lento.

No, lentissimo e a lenta maturazion­e.

La riconoscon­o per strada? Undici milioni di spettatori per Montalbano hanno cambiato la percezione di me; di solito passo inosservat­o. Una carriera d’autore, poi basta un ruolo in Montalbano per la fama popolare.

La television­e è micidiale: un-di-ci milioni di persone... impression­ante.

Come reagisce quando la fermano?

Anche in questo caso mi sono abituato, sono più paziente.

I suoi figli cosa le dicono? Un tempo ogni tanto rispondevo: “No, mi spiace, non sono Bentivogli­o”. Una volta ero al mare con i piccoli, e mi sono negato; quando il signore è andato via uno dei miei figli mi ha sgridato: “P a pà , non si rifiutano i compliment­i”.

Bravo.

E aveva appena quattro anni: da allora ho perso questo vezzo da Mattia Pascal.

(Pirandello ne “Il fu Mattia Pascal”: “C’è chi comprende e chi non comprende, caro signore. Sta molto peggio chi comprende, perché alla fine si ritrova senza energia e senza volontà”. Bentivogli­o spegne l’ultima sigaretta).

Twitter: @A_Ferrucci

Il voto e i radical chic Monicelli diceva: “Siete capaci di rinunciare ai golfini di cachemire, a case borghesi e auto di lusso?”

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