Sardegna e Valle d’Aosta, il M5S dove meno lo aspetti
■Due successi periferici ma significativi: nell’Isola la valanga grillina fa il pieno nel Sulcis che fu rosso, nell’estremo Nord Ovest batte Pd e Union Valdôtaine e stacca il Carroccio, che però prende Macerata
Sono le ultime due circoscrizioni della mappa dei collegi elettorali, la 26 e la 27 e la loro popolazione complessiva non raggiunge i 2 milioni di abitanti. Eppure Sardegna e Valle d’Aosta – per ragioni diverse – sono due casi emblematici delle elezioni del 4 marzo. Entrambe con una forte tradizione autonomista, hanno premiato il Movimento 5 Stelle. Clamoroso il risultato con percentuali bulgare della Sardegna: 42,5% nell’isola, con punte del 45,8% nel collegio uninominale di Carbonia, la zona del Sulcis colpita da una pesantissima crisi industriale, che ha premiato anche la Lega di Salvini con un importante 11,4%. In Val d’Aosta, invece, il Movimento 5 Stelle alla Camera si è fermato al 24,11% (la lista più votata, quadruplicata rispetto al 6,52% delle regionali 2013), ma il risultato è ugualmente clamoroso perché ha battuto Pd-Union Valdotaine, la “santa alleanza” della Valle da sempre maggioranza relativa. La Lega – che nelle parole di Umberto Bossi alle origini si ispirò proprio all’Union Valdotaine – si è invece fermata al 17,6%.
“Non sono un grillino. Ho votato M5S per far capire alla sinistra che deve tornare in mezzo alla gente, che deve ripartire dagli ultimi”. Fabrizio Cavalli ha 51 anni, un piccolo negozio di articoli da pesca nel centro di Iglesias, un tempo gloria mineraria dell’omonima provincia del Sulcis Iglesiente. “Il reddito di cittadinanza? Ci credo poco, ma mi basta almeno vedere più onestà e un minimo di giustizia sociale. Che poi vengano da Grillo anziché dalla sinistra non mi interessa”. Siamo in Sardegna, in una delle province un tempo più rosse dell’isola, faro dello sviluppo industriale sin dalla fine dell’800, con il carbone prima, con la lavorazione dei metalli pesanti poi.
È QUI CHE, nel secondo dopoguerra, inizia a sorgere il polo dell’alluminio primario che arriva fino a 30 mila buste paga negli Anni 80. Alcoa, Portovesme Srl, Eurallumina: di quello sviluppo non rimane che il ricordo, in un territorio devastato dalla crisi, che l’Istat colloca al terz’ultimo posto in Italia nella classifica del reddito. Qui, più che in tutta l’isola, i Cinquestelle hanno trionfato il 4 marzo, superando di tre punti la media regionale del 42% con cui il Movimento è stato confermato primo partito in Sardegna, dopo l’exploit delle Politiche 2013.
Non è bastata nemmeno la mediazione del governo sulla partita Alcoa, con la firma messa a segno da Calenda per la cessione dello stabilimento di Portovesme al gruppo svizzero Sider Alloys: il Pd, alla guida anche in Regione è rimasto al palo, con un risicato 17%. Significa che anche qui, nella provincia un tempo più rossa dell’isola, uno su tre ha votato Cinquestelle. Una rottura nel patto di rappresentanza che è arrivata silenziosamente fino ai cancelli chiusi delle fabbriche, oltrepassandoli. Ma è difficile trovare un operaio disposto a dichiarare il suo voto. Ci spiegano, nel rigoroso anonimato, che fra le tute blu e verdi dell’Alcoa e dell’Eurallumina, tutelate all’interno di una vertenza “istituzionalizzata” e avviata allo sblocco, il diktat era quello del voto al Pd. Poi c’è tutto il mondo variegato dell’indotto, delle piccole imprese esternalizzate, in crisi ma “fuori vertenza”: lì il voto di protesta è stato massiccio.
“Abbiamo sperato che le azioni positive messe in campo dal ministro Calenda mitigassero gli animi dei lavoratori, che in questi anni si sono sentiti trascurati dalla sinistra: l’avallo sulla legge Fornero, l’abolizione dell’articolo 18, il Jobs act, hanno generato un forte malcontento soprattutto fra chi lavorando in fabbrica e facendo lavori pesanti si è visto negare diritti fondamentali”. Roberto Forresu, rappresentante Fiom Sulcis, pesa bene le parole. Dice “trascurati”, non “traditi”: è appena uscito da una riunione importante, in cui si annuncia che dal 13 marzo i primi nove tecnici torneranno a indossare i caschetti per entrare nelle sale macchine dell’ex stabilimento Alcoa. Un primo passo verso il riavvio degli impianti. “Anche se – precisa – siamo in attesa del completamento del contratto di sviluppo”. È preoccupato, Forresu, del cambio di gover- no in un momento delicatissimo per il rilancio dello stabilimento. Tanto da essere stato protagonista, durante la campagna elettorale, di un battibecco a distanza con il coordinatore regionale del M5S, Mario Puddu, che in un’intervista aveva paragonato le fabbriche del Sulcis a un malato senza speranza, invocando un cambio del paradigma di sviluppo al posto dell’accanimento terapeutico. “Ma quale accanimento terapeutico? In Italia la richiesta di alluminio non è mai venuta a mancare, anzi è aumentata. E poi – prosegue – chi ci vieta di fare agricoltura e turismo in contemporanea al rilancio industriale?”.
DELLA STESSA idea di Forresu è Antonello Pirotto, storico rappresentante della rsu Eurallumina, che davanti al massiccio voto pro Cinquestelle osserva: “Era facile pronosticare che anni di incertezza e di difficoltà prima o poi avrebbero portato a una forma di reale protesta nei confronti di chi più o meno non ha saputo trovare soluzioni a questa situazione. Abbiamo incontrato 8 ministri dello Sviluppo economico, tre presidenti di giunta regionale, 6 assessori regionali all’Industria. Oggi, col contratto di sviluppo firmato dal governo, la vertenza è ferma per un’assurda burocrazia regionale che ci sta portando a
1.230 giorni di procedimento autorizzativo e 44 mesi di iter per la ripresa produttiva del primo anello della filiera dell’allumino. Intanto 240 milioni di euro investimento restano bloccati e 2 mila lavoratori – fra diretto e indotto – aspettano nell’incertezza di riprendere il lavoro. I grillini al governo? Se accadrà, ci confronteremo anche con loro con la stessa determinazione mostrata finora”. “Hanno giocato molto sull’allarme dicendo che i Cinquestelle sarebbero contro l’industria: non è vero”.
A mostrare il volto rassicurante del M5S è Pino Cabras, eletto nel collegio uninominale di Carbonia- Iglesias con ben 80.510 preferenze, il risultato più ampio in Sardegna. “Non siamo contro l’industria strategica: semplicemente vanno risolti dei problemi ambientali e va aumentata una quota di investimenti per un’industria di nuovo tipo. Se guardiamo al piano Sulcis, ad esempio, la quota dedicata a ricerca e sviluppo è solo in relazione a capitoli inerenti la vecchia industria”. Cabras spiega così i motivi del successo travolgente del M5S: “L’affermazione è stata marcata soprattutto nelle zone industriali in crisi, proprio perché il Movimento non ha avuto paura di proporre modelli alternativi accanto ai vecchi. Oltre il 40% a Portoscuso, dove c’è Alcoa, va segnalato il 53% a Sarroch, dove la crisi non c’è ma ci sono complesse problematiche ambientali legate alle raffinerie della Saras”.