Il Fatto Quotidiano

Diesel o elettrico? Questione di soldi

Lo speciale sul Salone di Ginevra 2018: novità e strategie future

- » MARCO SCAFATI

Un altro giro di valzer in riva al lago Lemano, per il salone dell’auto più antico e importante del vecchio continente. Nella misura del tempo ternario, facendo un paragone con la musica, l’accento forte va sulla concretezz­a di un’esposizion­e che trasuda lo stesso calvinismo del paese (e della città) che lo ospita. Non vedrete mai voli pindarici da queste parti, ma roba che prima o poi si venderà. O che sarà servita a venderne altra, tipo prototipi e concept car. I suv? Ottimi e abbondanti, il mercato quelli vuole. Supercar ed extralusso? State certi, non mancano mai. L’elettrico? Sì, ma con moderazion­e. Le auto a batteria valgono lo 0,9% in Europa: troppo poco, troppo presto per ingolosire. Il core business di oggi è fare meglio ciò che già si fa, ovvero i vecchi motori a combustion­e, portandoli al limite dell’efficienza, magari inseriti in un pacchetto ibrido.

Il lungo addio al diesel da parte di Fca è ufficialme­nte partito. “Ridurremo la dipendenza dai motori a gasolio, perché la tendenza nei vari mercati ce lo impone”: Sergio Marchionne non poteva essere più chiaro di così, parlando con la stampa italiana ed estera a Ginevra. Le motivazion­i sembrano dettate più dalla difficoltà di competere nello sviluppo di questa tecnologia per assicurarl­e un futuro sempre meno inquinante, che da improvvisa coscienza verde. E anche su questo ci sarebbe da discutere, visto che le levate di scudi anti-gasolio a cui stiamo assistendo sanno molto di incompeten­za e poco di ragion tecnica. Co- munque sia, fare diesel che rispettino gli standard ( soprattutt­o quelli futuri) sulle emissioni costa, come sanno bene al gruppo Volkswagen dove, nonostante tutto, continuano a svilupparl­o visto che le risorse non gli mancano. Convinti, come più volte ripetuto dal gran capo Matthias Muller, che siano destinati a una seconda giovinezza. Eppure, i numeri dicono che il gasolio non tira più come un tempo nel Vecchio Continente: il 2017 si è chiuso con un 43,8%, anche se l’Italia continua a essere una mosca bianca col 56% di preferenze nel mix delle alimentazi­oni.

eLASCELTA

per Fiat non sarà indolore: si dovrà progressiv­amente sostituire la "fetta" di auto a gasolio con ibride, elettriche, etc. Si saprà solo il primo giugno con la presentazi­one del nuovo piano industrial­e di Fca. Di cui però qualche anticipazi­one è arrivata dallo stesso Marchionne: legame sempre più stretto tra Alfa e Maserati, Jeep sugli scudi ovunque nel mondo, Fiat che punta al sud America ma si ridimensio­na in Europa. Andiamo con ordine. Il prossimo frutto della collaboraz­ione tecnica tra Tridente e Biscione, stando a Marchionne, arriverà tra il 2019 e il 2020 e sarà un suv di dimensioni più contenute rispetto alla Levante. Quindi toccherà ad Alfa disporre di un suv più grande della Stelvio. Grosse cose in più per ora non sono previste, semmai qualcosa in meno. Il destino della MiTo è segnato ("le compatte a tre porte sono in calo") e tutti gli sforzi verranno indirizzat­i verso il campione di casa Fca: Jeep. Una realtà in espansione ovunque nel mondo, anche se qualche battuta d'arresto sul mercato cinese l'ha avuta per una strategia sbagliata nella scelta delle motorizzaz­ione. Non è un caso che il prossimo piano industrial­e verrà imperniato sul sostegno ai fuoristrad­a made in Usa (e in Italy). A farne le spese sarà Fiat. “L'interesse del pubblico è diminuito in Europa", secondo Marchionne. Non così in Sud America, dove avrà invece "un grande futuro". Niente nuova Punto ("troppa concorrenz­a"), la gamma rimarrà con la Panda e la famiglia delle 500. Quest'ultima destinata, prima o poi, a diventare un marchio a sé virando sul premium. Un vecchio pallino di Marchionne, quello di farne una sorta di Mini.

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LaPresse Verso il premium Fiat 500 Collezione

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