Bambini disabili abbandonati: “Non ci sono strutture per loro”
Secondo un’indagine commissionata dal ministero del Lavoro, si stima che in Italia ci siano oltre 4 mila minori con handicap lasciati dalle famiglie agli assistenti sociali
Elisabetta ha 4 anni e vive dalla nascita bloccata in un seggiolino. Respira a fatica e dopo l’ennesima affezione polmonare le hanno dovuto praticare una tracheotomia anche per inalare meglio i farmaci dell’aerosol. Fino a poco tempo fa era riuscita a frequentare la scuola d’infanzia, le piace sentire gli altri bambini che le ridono attorno. È così da quando una sofferenza neonatale le ha provocato un grave danno neurologico. Marco è un bel ragazzo moro di 14 anni. Tutto bene fino alle elementari poi un arresto cardiocircolatorio ha mandato in anoressia il cervello. Vede solo ombre, non può stare più di 2 o 3 ore seduto sul letto e solo con l’aiuto di un busto, ma riesce a comunicare e interagire con l’operatore professionale che lo accudisce, lo accarezza e gli parla in continuazione.
MAURO, invece, è un mistero: “Dalla nascita è stato due mesi in rianimazione e poi i medici dell’ospedale ce lo hanno trasferito con la convinzione che sarebbe sopravvissuto ancora per poco, ora ha dieci anni”, ci spiega un volontario del servizio civile, mostrandoci un bambino spastico collegato a fili e cateteri. Mauro ha ereditato una grave malattia genetica degenerativa che affligge i genitori. Alcuni fratelli sono già morti. Elisabetta, Marco e Mauro sono i casi più complessi, tra i 14 piccoli ospiti disabili della cooperativa Onlus L’Accoglienza a Roma. Secondo un’indagine commissionata dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, si stima che in Italia siano circa 4mila i bambini abbandonati dalle famiglie anche alla nascita perché venuti al mondo con qualche disabilità. “Il primo dei diritti esigibili per un bambino – spiega il responsabile d el l ’ Accoglienza, Marco Bellavitis – è crescere nella propria famiglia o in un ambiente quanto più simile a una famiglia. Noi cerchiamo prima di tutto di dare ai bambini l’affetto dei genitori e il calore della socialità”. L’arrivo per una donna sola o in una famiglia di un bambino disabile è spesso uno choc psicologico e materiale che demolisce certezze morali e rapporti di coppia. La povertà, l’ignoranza e il disagio sociale in cui versano le famiglie d'origine fanno il resto. “È capitato che un bambino debba rimanere parcheggiato in un reparto di neonatalità o di rianimazione di un ospedale anche per sette mesi per mancanza di strutture adeguate che lo possano accogliere, in una condizione di totale privazione affettiva”, denuncia Antonio Finazzi Agrò, presidente dell’Associazione italiana progettisti sociali. La struttura dei tre piccoli appartamenti gestiti da L’Accoglienza Onlus, attrezzata per la gestione della disabilità infantile complessa, è quasi un unicum. “Occorre un sistema autorizzativo che supporti queste attività e finanziamenti adeguati, i fondi destinati all'assistenza dei disabili, a livello locale e nazionale, si restringono sempre di più – scuote la testa Bellavitis – mentre la domanda di sostegno qualificato ai bambini e alle loro famiglie, per evitare l’abbandono e tentare il reinserimento, aumentano”.