Per tutti la parola d’ordine è: concretezza
Un altro giro di valzer in riva al lago Lemano, per il salone dell’auto più antico e importante del vecchio continente. Nella misura del tempo ternario, facendo un paragone con la musica, l’accento forte va sulla concretezza di un’esposizione che trasuda lo stesso calvinismo del paese (e della città) che lo ospita. Non vedrete mai voli pindarici da queste parti, ma roba che prima o poi si venderà. O che sarà servita a venderne altra, tipo prototipi e concept car. I suv? Ottimi e abbondanti, il mercato quelli vuole. Supercar ed extralusso? State certi, non mancano mai. L’elettrico? Sì, ma con moderazione. Le auto a batteria valgono lo 0,9% in Europa: troppo poco, troppo presto per ingolosire. Il core business di oggi è fare meglio ciò che già si fa, ovvero i vecchi motori a combustione, portandoli al limite dell'efficienza, magari inseriti in un pacchetto ibrido.
E VENIAMO al diesel. La crociata contro quella che, allo stato attuale della tecnologia, è tra le alimentazioni più efficienti puzza di populismo. Ma è stata utile a separare le acque: c’è chi continua a puntarci nonostante trascorsi poco edificanti, tipo il gruppo Volkswagen, e chi se ne vuole allontanare come Fca. Come sempre, la differenza la fanno i soldi: svilupparne di puliti costa assai, e la favola de La volpe e l’uva qualcosa insegna. Rimanendo in casa nostra, o in quella che almeno una volta era considerata tale, non si può non prendere atto delle parole di Sergio Marchionne: “La Fiat sarà meno importante in Europa” per fare spazio a brand più forti, Jeep su tutti. Dopo il requiem per Lancia, comincia il declino anche del marchio che ha motorizzato l’I t al i a . Tempo binario in questo caso, quello delle marce funebri.