Il Fatto Quotidiano

Per tutti la parola d’ordine è: concretezz­a

- » MARCO SCAFATI

Un altro giro di valzer in riva al lago Lemano, per il salone dell’auto più antico e importante del vecchio continente. Nella misura del tempo ternario, facendo un paragone con la musica, l’accento forte va sulla concretezz­a di un’esposizion­e che trasuda lo stesso calvinismo del paese (e della città) che lo ospita. Non vedrete mai voli pindarici da queste parti, ma roba che prima o poi si venderà. O che sarà servita a venderne altra, tipo prototipi e concept car. I suv? Ottimi e abbondanti, il mercato quelli vuole. Supercar ed extralusso? State certi, non mancano mai. L’elettrico? Sì, ma con moderazion­e. Le auto a batteria valgono lo 0,9% in Europa: troppo poco, troppo presto per ingolosire. Il core business di oggi è fare meglio ciò che già si fa, ovvero i vecchi motori a combustion­e, portandoli al limite dell'efficienza, magari inseriti in un pacchetto ibrido.

E VENIAMO al diesel. La crociata contro quella che, allo stato attuale della tecnologia, è tra le alimentazi­oni più efficienti puzza di populismo. Ma è stata utile a separare le acque: c’è chi continua a puntarci nonostante trascorsi poco edificanti, tipo il gruppo Volkswagen, e chi se ne vuole allontanar­e come Fca. Come sempre, la differenza la fanno i soldi: svilupparn­e di puliti costa assai, e la favola de La volpe e l’uva qualcosa insegna. Rimanendo in casa nostra, o in quella che almeno una volta era considerat­a tale, non si può non prendere atto delle parole di Sergio Marchionne: “La Fiat sarà meno importante in Europa” per fare spazio a brand più forti, Jeep su tutti. Dopo il requiem per Lancia, comincia il declino anche del marchio che ha motorizzat­o l’I t al i a . Tempo binario in questo caso, quello delle marce funebri.

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